Perché Obama non può ignorare l'omicidio del “tecnico” di Hezbollah

Paola Peduzzi

C’è stata un’esecuzione, a Beirut, nella notte tra martedì e mercoledì. Hassan al Laqqis, uno dei comandanti militari di Hezbollah, è stato avvicinato mentre era sulla sua auto, tornava dal lavoro attorno a mezzanotte, nel distretto Hadath, a sud di Beirut, ed è stato colpito alla testa con una pistola col silenziatore, secondo la versione riportata dalla Reuters. Pare che un colpo sia stato sufficiente. “Un’operazione professionale”, ha dichiarato Hezbollah ieri mattina, roba da israeliani, insomma.

    C’è stata un’esecuzione, a Beirut, nella notte tra martedì e mercoledì. Hassan al Laqqis, uno dei comandanti militari di Hezbollah, è stato avvicinato mentre era sulla sua auto, tornava dal lavoro attorno a mezzanotte, nel distretto Hadath, a sud di Beirut, ed è stato colpito alla testa con una pistola col silenziatore, secondo la versione riportata dalla Reuters. Pare che un colpo sia stato sufficiente. “Un’operazione professionale”, ha dichiarato Hezbollah ieri mattina, roba da israeliani, insomma. “Il nemico israeliano – recita la dichiarazione del Partito di Dio – ha cercato più volte di colpire il nostro fratello martire, in luoghi diversi, ma i suoi tentativi sono sempre falliti, fino a questo assassinio ripugnante”. Israele “dovrà prendersi tutta la responsabilità” del gesto, naturalmente, anche se il portavoce del ministero degli Esteri israeliano nega ogni coinvolgimento. Nelle stesse ore su Twitter un gruppo sconosciuto, la brigata Ahrar al Sunna Baalbek, ha rivendicato l’omicidio, riportando l’operazione nell’alveo degli altri attacchi che da tempo si verificano in Libano, cioè da quando Hezbollah è andato a combattere in Siria a difesa del regime di Bashar el Assad e contro tutti gli altri: ribelli e al Qaida soprattutto. C’è un indizio piuttosto rilevante che fa pensare che il movente dell’assassinio sia in Siria più che in Israele: Laqqis, uomo molto vicino al leader di Hezbollah Hassan Nasrallah e considerato un “tecnico” esperto nella costruzione di armi sofisticate, ha combattuto in territorio siriano, guidando i miliziani di Hezbollah negli scontri nel nord della Siria. Il ruolo del Partito di Dio nella guerra civile siriana e il flusso continuo di sunniti libanesi che vanno a raggiungere i ribelli contro Assad e combattono con loro in Siria hanno riaperto gli scontri settari in Libano – una delle tante, tremende conseguenze della decisione dell’occidente di non fermare Assad.

    Ad agosto un’auto è esplosa a Beirut facendo decine di morti e soltanto il mese scorso un doppio attacco all’ambasciata iraniana nella capitale libanese ha fatto altre 25 vittime. Per quest’ultimo attacco gli iraniani, padrini morali e militari sia di Hezbollah sia del regime di Damasco, accusarono Israele, ma la rivendicazione più attendibile arrivò da un gruppo legato ad al Qaida che opera in Libano, le Brigate Abdullah Azzam. Soltanto due giorni fa, poche ore prima dell’assassinio di Laqqis, il leader di Hezbollah Nasrallah ha detto che non si tratta di un gruppo inventato, “esiste eccome, ha una leadership, e sono convinto che sia collegata all’intelligence saudita”. L’Arabia Saudita è l’altro nemico giurato della coalizione Iran-Hezbollah-Assad, tanto più ora che, tradita da Barack Obama che non ha voluto assecondare Riad nella guerra contro il regime di Damasco, ha stretto un’alleanza con Israele.

    Contingente e temporanea, s’intende, ma fattiva: si parla di un piano congiunto tra sauditi e israeliani per il contenimento dell’Iran. L’accordo sul nucleare iraniano siglato a Ginevra tra l’occidente e Teheran ha rinsaldato l’asse tra i sauditi e gli israeliani, via Parigi, che in questa fase si è dimostrata la capitale più vivace nel costruire argini alla voglia di dialogo imperante.

    Laqqis è stato sepolto ieri a Balbeek, meravigliosa cittadina che nell’antichità si chiamava Heliopolis, nella valle della Bekaa, a pochi chilometri dal confine siriano. Terra d’origine di Laqqis, e uno dei centri di smistamento di uomini e armi tra la Siria e il Libano in quella che non è più – e da parecchio tempo, pure se l’Amministrazione Obama ha deciso di ignorare la realtà – un conflitto interno alla Siria a uso e consumo di Assad, ma una guerra regionale.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi