Selfie ergo sum

Alessandro Giuli

Oggi se non fai selfie non sei nessuno. Sapevo che “selfie” è la parola dell'anno secondo l'Oxford Dictionary. Lo sapevo perché leggo il Foglio che ne ha scritto poche ma sentite volte. C'è anche un galateo da autoscatto, ammiccante o autocelebrativo. “Bisogna inclinare la testa, tenere il telefono leggermente sopra la linea dello sguardo (per ingrandire gli occhi e snellire il volto), evitare nel modo più assoluto il flash, che spara e fa l'effetto foto segnaletica, sorridere ma senza troppi denti, trattenere un po' d'aria fra le guance in modo da far risaltare le labbra, inventarsi un'aria furba, o almeno maliziosa, qualcosa rispetto a cui poter dire: era un autoscatto autoironico”.

    Oggi se non fai selfie non sei nessuno. Sapevo che “selfie” è la parola dell’anno secondo l’Oxford Dictionary. Lo sapevo perché leggo il Foglio che ne ha scritto poche ma sentite volte. C’è anche un galateo da autoscatto, ammiccante o autocelebrativo. “Bisogna inclinare la testa, tenere il telefono leggermente sopra la linea dello sguardo (per ingrandire gli occhi e snellire il volto), evitare nel modo più assoluto il flash, che spara e fa l’effetto foto segnaletica, sorridere ma senza troppi denti, trattenere un po’ d’aria fra le guance in modo da far risaltare le labbra, inventarsi un’aria furba, o almeno maliziosa, qualcosa rispetto a cui poter dire: era un autoscatto autoironico”. Lo ha scritto a suo tempo Annalena ispirata da Elizabeth Day: “Me, my Selfie and I”. Ma “non si sorride nei selfie, dilettanti”, dice su Twitter Guia Soncini che in certe cose è la Cassazione. Fin qui si può credere che il selfie sia una cosa da femmine o per politici americani eccitati come Anthony Weiner (quello che scambiò l’autoironia per un paio di mutande rigonfie, le sue). Invece no.

    Ci sono anche i calciatori o gli atleti in generale. Ieri l’huffingtonpost.fr ha messo un video pubblicitario della Turkish Airlines in cui Lionel Messi e Kobe Bryant dei Los Angeles Lakers si sfidano a colpi di selfie inseguendosi nei posti più folli e tamarri del mondo (pure sott’acqua alle Maldive). Poi c’è anche Papa Ciccio I fissato per sempre in un selfie di gruppo con alcuni giovani fanatici in piazza San Pietro. Certo è tutta gente famosa. Poi però una collega dice che suo marito si fotografa il nodo della cravatta e lo condivide con gli amici. E il mio compagno di banco in redazione, che va a messa ogni domenica e forse di più, confessa di usare una Reflex per gli autoscatti più importanti, anche se la macchina è vecchia e con la pellicola, quindi deve ricorrere a uno studio fotografico che gli stampi le istantanee prima che lui possa firmarle, imbustarle e spedirle a chissà chi (ma non ci credo). Troppo poco per concluderne che Narciso è vivo e lotta insieme a noi, dentro di noi, nel socialmondo? Narciso godeva di se stesso con se stesso, il suo era un autoerotismo autentico, una passione mortale per la propria immagine da non condividere con altri, pena sciuparsi, dissiparsi, perdersi nella socialità. Un po’ come un altro collega che si rilegge di continuo l’articolo a bassa voce, il giorno prima e quello dopo la pubblicazione, per trovarsi sempre più bello. Ma gli altri se ne accorgono e lo prendono in giro: raccontaci come ti sei innamorato di te stesso, il primo bacio; te la sei data già alla prima uscita o hai aspettato il secondo invito a cena? Il selfie è un’altra cosa, l’amplesso cerebrale non avviene con il doppio ma con gli occhi di chi guarda. E’ l’estroflessione totale e definitiva dell’ego, la sublimazione dell’importanza che si attribuisce a se stessi, alla propria storia personale. In un certo senso è pure il calco negativo dell’autocommiserazione: chiedere con una foto “non ti sembro figo?” è retoricamente parlante come un “non ti faccio pena?”. Identica è la presunzione d’innocente irrinunciabilità. E questa presunzione è la somma algebrica di tutti gli ego, dunque non ha nemmeno più un sesso, è il trionfo di un indistinto nel quale i moralisti troveranno, con Balzac, l’anima del vizio contemporaneo o solo il vizio senz’anima. Forse bisogna ammettere che Narciso è quell’indistinto che guarda se stesso attraverso di noi. Quando avrò trovato una foto decente per l’account di Twitter saprò essere più preciso.