La domenica incredibile di Destro e quella da dimenticare di Manfredini

Sandro Bocchio

Di lui si erano perse le tracce a giugno. Scomparso, letteralmente. E neanche per un infortunio grave. Perché Mattia Destro era stato operato per un banalissimo menisco. Un guaio che – anni fa – avrebbe messo fine a una carriera. Un problema che – oggi – è banalmente assimilabile all'estrazione di un dente: anestesia locale e "prego, vada pure". A meno che non ci siano problemi nascosti. Non soltanto la domenica di Destro spiega come il calcio sia fenomeno appeso alle circostanze, dove basta un granellino per mandare fuori giri motori che si pensavano ormai rodati. Prendete il Genoa.

    Di lui si erano perse le tracce a giugno. Scomparso, letteralmente. E neanche per un infortunio grave. Perché Mattia Destro era stato operato per un banalissimo menisco. Un guaio che – anni fa – avrebbe messo fine a una carriera. Un problema che – oggi – è banalmente assimilabile all'estrazione di un dente: anestesia locale e "prego, vada pure". A meno che non ci siano problemi nascosti, a meno che non si forzi il rientro. Proprio su questo hanno litigato la Roma e l'Under 21, ultimo domicilio conosciuto dell'attaccante a giugno, alle finali europee di categoria. Poi la sparizione, per cercare tranquillità nel recupero. Un anonimato che è stato (forse) la sua fortuna in estate, quando la Roma ha piazzato a ottimo prezzo quelli che erano gioielli di famiglia come Osvaldo, Marquinhos e Lamela. Operazioni dettate dal desiderio di monetizzare il meglio proposto dalla casa giallorossa, fregandosene di un progetto legato ai giovani di qualità. Di Destro non parlava invece nessuno se non quando il suo agente, per proteggerlo da occhi curiosi, aveva pensato bene di aggredire un fotoreporter troppo invadente nel centro dove il suo assistito lavorava. Nessuno ha bussato alla porta della Roma, nessuno ha rilanciato per avere quell'attaccante per cui erano stati spesi 16 milioni e cui Prandelli aveva anche aperto le porte della Nazionale, alla ricerca di alternative in prima linea. Perché Destro è un giocatore dei tempi moderni, una punta che non è una punta. Non è un colosso, come un centravanti vecchia maniera. Non è uno che ti scappi palla la piede, come ormai poco sanno fare. Ma è uno che sa muoversi e, soprattutto, sa farsi trovare nel luogo giusto quando ciò è necessario. Uno che non poteva non andare d'accordo con Zeman, e che molte volte aveva tolto dai guai la raffazzonata squadra del boemo. Uno che non poteva non piacere a Garcia. Il tecnico francese ha con pazienza atteso, non ha affrettato tempi, non si è lamentato di un'assenza pesante, ancor più in un periodo di guai che avevano tolto di mezzo – uno dietro l'altro – Totti, Gervinho e Borriello. E' il momento è arrivato domenica, in una gara complicata contro la Fiorentina. Destro si è alzato dalla panchina nel secondo tempo e, in un batter d'occhio, ha lasciato il segno su una partita che rischiava di rivelarsi indigesta per molti tifosi giallorossi, non soltanto per la concomitanza con l'ora di pranzo. La Roma doveva ripartire, dopo quattro pareggi che avevano cominciato a disseminare dubbi. Ci ha pensato Destro, numero 22 e al minuto 22. La Juventus rimane a portata di mano, il campionato (o quel che ne rimane, e siamo a inizio dicembre appena) sentitamente ringrazia.

    Non soltanto la domenica di Destro spiega come il calcio sia fenomeno appeso alle circostanze, dove basta un granellino per mandare fuori giri motori che si pensavano ormai rodati. Prendete il Genoa, che stava vincendo a Cagliari e lo stava facendo mettendo in profondo imbarazzo la controparte, incapace di effettuare il minimo tentativo di rimonta. Poi accade che ci sia un calcio d'angolo. Accade che, come sanno i più scafati della materia, in area si pensi di più a trattenere l'avversario che a intercettare la parabola del pallone. Lo fa Daniele Conti che, a più riprese, ingaggia un corpo a corpo con Thomas Manfredini. In verità la colpa appare più del capitano del Cagliari che non della controparte. Però, in simili situazioni, scatta il riflesso pavloviano dell'arbitro, che applica il regolamento come i giudici attivano inchieste al ricevimento della cosiddetta notizia di reato. Si procede imperterriti, senza alcun ripensamento (o quasi). Meglio ancora se il personaggio indagato o sanzionato garantisce ritorno mediatico e applausi scroscianti certi. Salvo poi scoprire che non ha addebiti in questione oppure è meno colpevole, come il povero Manfredini, che si è ritrovato ammonito da Giacomelli insieme con Conti per reciproche scorrettezze, come prescrivono le sacre tavole della legge arbitrale. Soprattutto è stato cacciato dal campo per un cartellino giallo ricevuto in precedenza. Cagliari-Genoa è ruotata così intorno a questo incidente di percorso, fino alla quasi inevitabile sconfitta dei liguri, appesantiti per gran parte della partita dall'uomo in meno. Inutili le parole di rabbia e amarezza: nessuno potrà ridare ciò che un giudice frettoloso ha tolto loro. E ogni parallelo con la vita reale è puramente casuale.