Rottamarsi un po'/13

Dove colpirà la prossima rottamazione

Claudio Cerasa

“You’re on a different road / I’m in the Milky way / you want me down on earth / but I am up in space / You’re so damn hard to please we gotta kill this switch / You’re from the 70’s but I’m a 90’s Bitch!/  I love it!”. Noi ci giriamo attorno, ovvio, facciamo mille capriole, troviamo mille spiegazioni, mille interpretazioni, mille giustificazioni, mille possibili sfumature tra il programma di Matteo e quello di Gianni e quello di Pippo e quello di Enrico. Ma alla fine, si sa, in campagna elettorale i programmi contano quello che contano, cioè quasi nulla, le proposte di riforme contano quello che contano, cioè quasi zero, e ciò che conta è il simbolo, l’immagine, la forma più che la sostanza, e insomma, via, ciò che un candidato davvero rappresenta.

    “You’re on a different road / I’m in the Milky way / you want me down on earth / but I am up in space / You’re so damn hard to please we gotta kill this switch / You’re from the 70’s but I’m a 90’s Bitch!/  I love it!”. Noi ci giriamo attorno, ovvio, facciamo mille capriole, troviamo mille spiegazioni, mille interpretazioni, mille giustificazioni, mille possibili sfumature tra il programma di Matteo e quello di Gianni e quello di Pippo e quello di Enrico. Ma alla fine, si sa, in campagna elettorale i programmi contano quello che contano, cioè quasi nulla, le proposte di riforme contano quello che contano, cioè quasi zero, e ciò che conta è il simbolo, l’immagine, la forma più che la sostanza, e insomma, via, ciò che un candidato davvero rappresenta. E allora ci si potrà arrivare con tutte le perifrasi del mondo ma il Renzi che da domenica sera si è preso il Pd, asfaltando la vecchia ditta, infilando nella cartellina “trash” l’icona “usato sicuro”, infilando la giacchettina di pelle all’apparato, imponendo il fiorentino come prima lingua della sinistra, ficcando a forza il carro armato del Pd dentro la stazione della Leopolda e umiliando i vecchi principi post comunisti del Pd con incredibili sconfitte subite contro gli ivanscalfarotti democratici è un Renzi che ha vinto soprattutto per il colore della sua pelle: che non è né bianco e nero ma è quel numero “38” appiccicato sulla carta d’identità. Giovani contro vecchi. Vecchi contro giovani. Rottamatori contro rottamandi. Potrà sembrare banale ma siamo sempre lì. La forza di Renzi è questa e in una certa misura si può dire che il milione e mezzo di elettori che è andato a votare domenica per il Rottamatore lo ha fatto anche per partecipare a un evento che – anche se con il binocolo – ricorda il Vaffanculo Day di Beppe Grillo. E la “V” mostrata con l’indice e il medio dai nuovi e vecchi rottamatori – V che sta per Vaffa e vu che sta per Vittoria – è una “V” carica di energia, e di prepotenza democratica, che è innegabilmente indirizzata ai vecchi arnesi della politica che Renzi, con eleganza, durante la campagna elettorale ha incasellato dentro la definizione, rocciosa e polverosa, di “mondo dell’establishment” ma che innegabilmente ha come suo obiettivo, anche se inconfessabile, quel grande garante dello status quo che risponde al nome di Giorgio Napolitano. Renzi, ovviamente, non ha intenzione di mandare a quel paese Re Giorgio, anzi proverà a sedurlo, proverà a utilizzare le sue parole, quelle dello scorso 25 aprile, per incalzare Letta e dimostrare al vecchio presidente che è lui, e non il nipote del conte Zio, la vera persona su cui puntare per tagliare il famoso nastro della Terza Repubblica. Ma in tutta la futura cavalcata alla conquista del centrosinistra è evidente che sarà l’inquilino del Colle, e il suo figlioccio di Palazzo Chigi, il nuovo obiettivo della fase tre della rottamazione. E Renzi lo farà da una posizione di forza bestiale, da spavaldo, quasi da bullo, ora che il voto delle primarie non ha concesso neppure una scialuppa ai suoi avversari, neppure un dato da contestare sulle percentuali, sulla partecipazione, sul distacco, sulle correnti nella segreteria, su nulla. E lo farà da una posizione nuova, in cui il Pd è stato rivoltato come un calzino dai suoi elettori e in cui il Partito democratico è improvvisamente diventato liquido, ha improvvisamente cambiato padrone: e non solo nel senso del segretario ma anche nel senso degli azionisti di maggioranza, non più gli iscritti ma tutti quei loschi figuri non iscritti al Pd, magari di destra, e magari non proprio di sinistra, che hanno creduto in Renzi, che chiamano il segretario del Pd con il nome di battesimo neanche fosse un barattolo di Nutella e che hanno partecipato a loro modo al Vday del Pd. La carta di identità di Renzi questo ci dice. Ci dice che il vero obiettivo del Rottamatore saranno ovviamente le riforme, adesso, saranno ovviamente le famose “cose da fare”, ok, ma ci dice che l’altro vero obiettivo sarà completare il percorso della rottamazione, anche a costo di far cadere i pilastri della Repubblica. E non è un caso, se vogliamo essere maliziosi, che domenica sera il sindaco di Firenze abbia sparato a tutto volume “I love It”, con quel suo finale inequivocabile – “You’re from the 70’s but I’m a 90’s Bitch!”. Renzi questo oggi è. Il primo obiettivo è riuscito, ovvero far cambiare verso alla matita degli elettori del Pd, e spostarle verso il suo nome. Il secondo obiettivo è invece quello più difficile ed è il vero obiettivo della segreteria di Renzi: cambiare verso al Pd prima che sia il Pd a cambiare verso al sindaco di Firenze. I tempi nessuno li conosce, anche se difficilmente saranno brevi. Di sicuro però Renzi non potrà dimenticarsi le lezioni dei suoi predecessori. Dei vecchi segretari. A sinistra ormai è un’equazione: essere popolari nel Pd ed essere poco popolari nel paese. Renzi dovrà far cambiare verso a questa equazione. E per farlo, però, non potrà scendere dalla ruspa. Dovrà andare avanti, anche a costo di arrivare, improvvisamente, fino al Colle più alto d’Italia.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.