Il sindaco di Firenze vuole essere un Berlusconi che batte sul tempo Grillo

Un democristiano diventato segretario degli eredi del Partito comunista che fa discorsi berlusconiani e si presenta come un rottamatore in stile Grillo: il segreto di Renzi è di essere riuscito a farsi sintesi pressoché perfetta. Tangentopoli, col passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, segnò la distruzione dei partiti storici del Pentapartito. L’ex Pci, sia pure più volte rinominato e più volte trasfigurato, rimase come unico partito storico tout court: l’unico ancora non personalizzato; l’unico organizzato sul territorio nazionale, con sezioni e iscritti e correnti. Paradossalmente, però, venuti meno il centralismo democratico, il classismo e l’Unione sovietica, è un ex Pci interclassista e pigliatutto che ha finito per assomigliare alla vecchia Dc molto di più di quanto non fosse la proporzione di ex democristiani che vi erano finiti dentro, e al di là della spruzzata americaneggiante che tra primarie e nome di Partito democratico hanno cercato di mimetizzarlo. E poiché da Occhetto a Bersani, passando per D’Alema e Veltroni, i leader formatisi nel vecchio Pci si sono anche rivelati incapaci di vincere, hanno finito per essere questi pur non numerosi ex democristiani a imporsi come ultima speranza. Oggi Renzi, come ieri Prodi. Solo che Prodi voleva anche essere l’anti Berlusconi, un tipo di leader assolutamente antitetico al tycoon che la Seconda Repubblica aveva buttato in campo. Dal punto di vista personale, prima ancora che ideologico. Renzi invece cerca di essere un Berlusconi del domani che cerca di battere sul tempo Grillo. Il cerchio si chiude?