Rottamarsi un po'/9

La vittoria di Renzi come nemesi cercata (e liberazione) per lo schizzinoso

Marianna Rizzini

Ieri era il giorno della vittoria per Matteo Renzi, ma anche quello della Nemesi (cercata) per lo schizzinoso, colui che diceva “no, Renzi no, non ce la posso fare” soltanto un anno fa, e che ora, dopo aver votato Renzi come spinto dal lato oscuro della forza e dalla necessità, si aggira per strada un po’ estraneo a se stesso, vagamente frastornato ma vagamente alleggerito, e comunque, con sua sorpresa, per nulla in preda all’horror vacui: prima sapeva che cosa non sarebbe mai successo, ora non sa che cosa potrebbe succedere (per giunta sul palco c’è uno che dice “sono il vostro capitano”, frase prima degna delle migliori risate nei salotti radical-chic).

    Ieri era il giorno della vittoria per Matteo Renzi, ma anche quello della Nemesi (cercata) per lo schizzinoso, colui che diceva “no, Renzi no, non ce la posso fare” soltanto un anno fa, e che ora, dopo aver votato Renzi come spinto dal lato oscuro della forza e dalla necessità, si aggira per strada un po’ estraneo a se stesso, vagamente frastornato ma vagamente alleggerito, e comunque, con sua sorpresa, per nulla in preda all’horror vacui: prima sapeva che cosa non sarebbe mai successo, ora non sa che cosa potrebbe succedere (per giunta sul palco c’è uno che dice “sono il vostro capitano”, frase prima degna delle migliori risate nei salotti radical-chic). Ma gli va bene così, anzi gli va meglio questo di qualsiasi altra cosa. E’ la rivoluzione psicologica dello schizzinoso, uno che nei momenti di disamore per gli ex Pci-Pds-Ds (poi Pd) magari aveva votato altro, anche se non i Cinque stelle (Sel? Pannella? I rassemblement con obiettivo limitato?) pur di non farsi complice della cosiddetta “deriva” (deriva riformista? deriva democristiana? deriva pop? deriva trash?). Lo schizzinoso, già riluttante a dirsi “centrosinistra” (centro prima di sinistra: perché mai?, era il concetto), è colui che prima sceglieva come nume tutelare, per tic identitario, il dirigente pd (se non il candidato) più in linea con la propria schizzinosità: più colto, più vetero (fascino fané?), più ironico (Renzi fa battute, ma lo schizzinoso non ride alle battute di Renzi), più cinico (ma adorato per superiore presunta intelligenza). Lo schizzinoso aveva orrore delle lezioni videopolitiche di Walter Veltroni, figurarsi se gli potevano piacere le Leopolde di Matteo Renzi. E infatti le sfotteva, e per snobismo, noia, pigrizia, senso di superiorità, diffidenza verso il “ragazzetto” di Firenze, persino casuale lungimiranza (neanche Pier Luigi Bersani gli andava bene: troppo rustico), lo schizzinoso magari neanche votava, alle primarie dell’anno precedente, convinto peraltro di avere qualcosa di meglio da fare. Ma stavolta ci è andato (in massa), e a votare Renzi. Senza capricci, senza dire “bah”, senza dirlo agli amici, senza festeggiare con champagne. Ed è proprio lui, lo schizzinoso, la formichina dell’esercito silenzioso che ha eletto Matteo Renzi, nel frattempo rottamando una parte di sé. E il giorno dopo è proprio lui, lo schizzinoso, il renziano-non-renziano, il più sollevato per averlo fatto.
     

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.