La prima settimana di Matteo e la forconizzazione del dibattito politico

Mario Sechi

Let's tweet again. E' il balletto della politica italiana che si fa e disfa sul social. Letta cinguetta l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti: “Ora in Cdm manteniamo la promessa”. Grillo replica: “Restituisci ORA 45 milioni di euro di rimborsi elettorali del Pd”. E' venerdì (13 dicembre), secondo giorno con la fiducia e il “nuovo inizio” del governo di ristretta intesa. Tutto bene? No, perché il vangelo secondo Matteo (Renzi) incontra difficoltà di comprensione e applicazione.

    Let’s tweet again. E’ il balletto della politica italiana che si fa e disfa sul social. Letta cinguetta l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti: “Ora in Cdm manteniamo la promessa”. Grillo replica: “Restituisci ORA 45 milioni di euro di rimborsi elettorali del Pd”. E’ venerdì (13 dicembre), secondo giorno con la fiducia e il “nuovo inizio” del governo di ristretta intesa. Tutto bene? No, perché il vangelo secondo Matteo (Renzi) incontra difficoltà di comprensione e applicazione. Sulla legge elettorale la maggioranza variabile provoca la semirottura del patto di governo: il ministro Gaetano Quagliariello minaccia la crisi post Befana, Fabrizio Cicchitto s’arrangia fra strappo e rammendo, il democratico fiorentino Dario Nardella dice che il Nuovo centrodestra non può fare alcun diktat. E’ giovedì (12 dicembre) e appare chiarissima la forza di un solo argomento, il governo è debole e l’ascesa di Renzi nel Pd è un problema a doppio taglio: o Matteo accorcia la vita a Enrico, o prima o poi si brucia le dita con il gioco del cerino. Brucia Forconiland, Grillo e Berlusconi annusano l’aria sulfurea. Il Cav. mercoledì (11 dicembre) progetta un incontro con gli autotrasportatori ma in serata il piano va in retromarcia, niente incontro ma invito al governo a farsi “subito interlocutore attento”. Lo stesso giorno Enrico Letta va alla Camera, incassa la fiducia e fa sapere che “i forconi non rappresentano il paese e non bisogna lisciarli il pelo” e che Grillo e i suoi “fomentano insubordinazione”. Non le Camere, ma la piazza bisogna osservare, leggere, decrittare. Tre leader fuori dal Parlamento – Berlusconi, Renzi e Grillo – scrivono l’agenda. Gli altri inseguono. Giovedì Silvio s’alza con il microfono e ammonisce che se lo arrestano “ci sarà una rivoluzione in Italia” (intervista alla radio francese Europe 1, ore 9), mentre Grillo risponde all’attacco di Letta: “Imputare al Movimento cinque stelle il caos sociale creato dai partiti di cui Letta è esponente sin dalla nascita è un vecchio e sporco gioco” (ore 15 e 46). E’ la forconizzazione del dibattito, simbolicamente rappresentato dal nobile attrezzo agricolo, arma politica non convenzionale. Il presidente Giorgio Napolitano chiosa la giornata: “Viviamo in una fase di sommovimento della politica italiana”.

    E pensare che tutto era iniziato con il bagno di folla delle primarie, una domenica (8 dicembre) dove sul palco sembrava compiersi la trasformazione di Vanity-Renzie in Blair-Renzi. E poi il lunedì (9 dicembre) dell’apoteosi con i titoli dei giornaloni sulla nuova èra (granitico il Corriere della Sera: “Il trionfo di Renzi: adesso tocca a noi”; lanciata sempre avanti la Stampa: “Ora mi gioco tutto in due mesi”; un foglio di via per “la ditta” dalla Repubblica: “Il trionfo di Renzi: cambio subito il Pd”; da giochi olimpici invernali il Messaggero: “Valanga Renzi: cambio tutto”; in versione ispettore Callaghan il Giornale: “Renzi sgomina il Pd”). Il sindaco-segretario detta la linea: “Punto a far lavorare il governo, non a farlo cadere”. E gli alleati pronti a tutto per lui (Quagliariello: “Da oggi si gioca all’attacco!”) e “Renzi a Palazzo Chigi a colloquio con Letta” (ore 16 e 58) e il nuovo che avanza dall’Alpi alla Sicilia (“pressing dei renziani su Crocetta”, sugli schermi alle ore 16 e 50) e Renzi che “conclude il suo incontro con Letta” (ore 18 e 08).

    Poi, quando ormai è ora di cena, la notizia di un incontro che non è mai di routine: “Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto oggi al Quirinale il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco” (agenzia Agi ore 21 e 15). Perché lo spread scende al minimo da due anni e mezzo, ma la spesa corre con il debito, l’Iva è crollata (3,4 miliardi di euro in meno), la tassazione è da record e il martedì (10 dicembre) c’è l’Istat che sforna il dato sulla produzione nel terzo trimestre del 2013: zero. E’ la famosa ripresa che “è a portata di mano” secondo il premier, mentre il mercoledì (11 dicembre) sempre l’Istat informa che c’è “un’attenuazione delle dinamiche inflazionistiche che interessa tutte le tipologie di beni e servizi”, che tradotto è uno scenario di crisi nera della domanda e deflazione. E’ la realtà, ma che volete farci se “i cuperliani sono divisi sulla presidenza” (tema politico di giovedì 12 dicembre). Però là fuori qualcosa succede. Prima pagina del Financial Times: l’Irlanda è uscita dal programma di salvataggio europeo. Aveva ricevuto 67,5 miliardi di euro di aiuti nel 2010, l’economia crescerà del due per cento nel 2014 e la disoccupazione è scesa di oltre due punti in poco più di un anno. L’Irlanda era quasi fallita. Si è rialzata. Senza forconi.