La Lazio ritrova il solito Klose, il Napoli il solito Pandev

Sandro Bocchio

L'anno che precede il Mondiale è ogni volta particolare, almeno in serie A: gli italiani si impegnano allo spasimo per conquistare una maglia azzurra, gli stranieri danno sempre l'impressione di non dannarsi più di tanto, specie quelli sicuri di un posto in Nazionale. Fino a domenica si pensava che Miro Klose si stesse preservando per giocare il suo quarto Mondiale di fila. Goran Pandev non andrà invece al Mondiale, troppo modesta la Macedonia (l'erede più debole della Jugoslavia calcistica che fu) per poter aspirare a un posto tra le grand. L'attaccante le sue glorie se le deve cercare in Italia, dove i giudizi hanno sempre rispecchiato quelli riservati agli studenti renitenti: ha dei numeri, se solo si impegnasse di più...

    L'anno che precede il Mondiale è ogni volta particolare, almeno in serie A: gli italiani si impegnano allo spasimo per conquistare una maglia azzurra, gli stranieri danno sempre l'impressione di non dannarsi più di tanto, specie quelli sicuri di un posto in Nazionale. Restano nella memoria le 22 reti di Roberto Baggio con il Bologna per convincere Maldini papà a convocarlo nel 1998, si tramandano per generazioni gli improvvisi dolori che decimavano i clan sudamericani, brasiliani in testa. In questa stagione alla prima categoria appartiene Cassano, vispo come non mai a Parma per convincere Cesare Prandelli a concedergli un'altra (l'ennesima) opportunità. Della seconda fa parte Miro Klose. Meglio: ne faceva parte fino all'ultima giornata, quando il tedesco è tornato dopo un mese di assenza, costellato di malignità e sussurri sul suo conto. Come quelli, per l'appunto, di un desiderio di preservarsi in chiave Brasile 2014. Una scelta che sarebbe stata perfettamente comprensibile, perché per Klose si tratterebbe del quarto Mondiale consecutivo in un rapporto cominciato nel 2002. C'è l'obiettivo (comune) di provare a riportare la Germania in una finale che manca proprio da quell'edizione divisa tra Giappone e Corea del Sud. E c'è l'obiettivo (personale) di entrare nella storia del torneo. Klose ha finora realizzato 14 reti nelle tre edizioni disputate, raggiungendo un grandissimo connazionale come Gerd Müller e ritrovandosi un solo gol dietro il leader Ronaldo. Logico che l'ambizione lo porti a voler superare il brasiliano, proprio nel Mondiale che si gioca in casa sua. Ma Klose compirà 36 anni nei giorni del torneo, non parliamo di un ragazzino. E tra il caldo che attende le varie Nazionali e le difficoltà del girone (con Portogallo, Ghana e Stati Uniti, forse il più duro della prima fase), occorre arrivare in condizioni perfette, gestendosi in maniera altrettanto perfetta. Da qui i sospetti e le illazioni, che parlavano di un disimpegno in corrispondenza di un campionato sottotono della Lazio e di un'Europa League che non riesce mai ad accendere gli animi dei club italiani. Fino all'ultima domenica per l'appunto. Quella in cui Klose è tornato l'attaccante pronto a punire quando l'avversario apre il fianco, e il Livorno è stato ben lieto di farlo. Due gol in 26 minuti (e un palo sullo 0-0) per il tedesco ritrovato. A salvare la panchina di Petkovic confermando come le fortune della Lazio –  e del tecnico bosniaco – non possano prescindere dagli stati d'animo del centravanti. 

    Goran Pandev non andrà invece al Mondiale, troppo modesta la Macedonia (l'erede più debole della Jugoslavia calcistica che fu) per poter aspirare a un posto tra le grandi, anche quando i grandi capi del calcio fanno di tutto per allargare – e impoverire – il gruppo delle partecipanti. L'attaccante le sue glorie se le deve cercare in Italia, dove i giudizi hanno sempre rispecchiato quelli riservati agli studenti renitenti: ha dei numeri, se solo si impegnasse di più... Per questo Pandev non ha mai goduto del posto fisso. Incapace di continuità, è stato considerato uno da togliere prima del tempo oppure da buttare a partita in corso, nella speranza che potesse lasciare il segno quando gli altri erano stanchi. Come accaduto domenica sera al San Paolo, contro l'Inter. Una partita doppiamente sentita dal macedone, che si era ritenuto poco valorizzato negli anni nerazzurri e poco considerato da Mazzarri in quelli campani. Così gli sono bastati pochi secondi per entrare in campo e conquistare un rigore, che ha immediatamente preteso di calciare, per godere di una vendetta personale. Un atteggiamento che ha innescato il risentimento neppure troppo nascosto di Insigne, che ha gesticolato e inveito, mentre Pandev si impossessava del pallone. Non è lecito sapere che cosa poi gli abbia detto a quattr'occhi, visto che il macedone ha pensato bene di farsi annullare la conclusione da Handanovic. Una fortuna, per Pandev, che si fosse a pochi minuti dalla fine, che il Napoli stesse vincendo 4-2 e che l'Inter avesse l'uomo in meno. Tutti fattori di cui anche Rafa Benitez terrà conto in futuro, pensando bene se e quando dare all'attaccante un'altra possibilità. Perché il calcio è sì sport di squadra, ma sempre condizionato dall'intelligenza del singolo.