Sul ring con Renzi e Alfano/1

Renzi mena allo stomaco Alfano per non trasformare la foto di Vespa nella nuova (e letale) foto di Vasto

Claudio Cerasa

Il rischio c’era, si sentiva, si fiutava nell’aria e lo si leggeva nello sguardo di Renzi un secondo dopo quel ghigno un po’ così offerto ai fotografi ammucchiati sotto il palchetto di Palazzo Santa Chiara. Clic. Sono le 17.45, siamo a Roma, il teatro è gonfio di giornalisti e all’improvviso Matteo Renzi si ritrova immortalato in un’istantanea esplosiva. Letale.

Cerasa Perché Renzi parla con il Cav. Intervista a Maria Elena Boschi

    Il rischio c’era, si sentiva, si fiutava nell’aria e lo si leggeva nello sguardo di Renzi un secondo dopo quel ghigno un po’ così offerto ai fotografi ammucchiati sotto il palchetto di Palazzo Santa Chiara. Clic. Sono le 17.45, siamo a Roma, il teatro è gonfio di giornalisti e all’improvviso Matteo Renzi si ritrova immortalato in un’istantanea esplosiva. Letale. Lui, l’uomo rottamatore, l’uomo ruspa, il principe del rinnovamento, la Cabriolet del Pd costretto a guardare fisso l’obiettivo con accanto l’uomo dei trenta deputati, l’uomo del partito che non si sa ancora come si chiama, il vice-disastro, come lo chiamano con affetto alcuni spietati renziani o, più semplicemente, come usano chiamarlo i renziani meno spietati, “l’amico di Quagliariello”. Clic. Dalla foto di Vasto alla foto di Vespa il passaggio può essere mortale, i capelli possono diventare grigi, le didascalie possono essere fatali (“Ecco i ‘partner’ della coalizione”) e i segnali di discontinuità con il passato possono diventare ricordi romantici. Spariti, puf. Così, dopo il clic, ci mette un attimo Renzi a capire che con l’amico di Quagliariello bisogna giocare. Bisogna invitarlo sul ring. Metterlo a proprio agio. Promettergli lealtà. Niente colpi sotto la cintura. Dirgli amico mio guarda che non c’è problema, questo governo può durare anche fino al 2018 e la legge elettorale si può fare anche con il tuo Popolo del Quid. Rassicurarlo. Per poi farlo uscire dall’angolo e, uno-due-tre, fargli sentire all’improvviso sulla bocca dello stomaco la differenza di potenza tra un leader legittimato da tre milioni di persone ai gazebo e uno che (e Renzi, diabolicamente, lo ripete in modo ossessivo) al massimo deve “convincere il suo amico Quagliariello”. Colpo numero uno (l’amico di Quagliariello quasi sviene): oh tu ma vuoi o no riformare il Senato, e vuoi o no che i senatori prendano euro zero dalla prossima legislatura? Colpo numero due: oh tu lo capisci che se non fai come ti dico sulla legge elettorale (Renzi la vuole subito, Alfano più in là per evitare possibili scivoli elettorali) ci metto un attimo a farla col tuo amico Caimano e a legittimarlo come fosse il solo capo del centrodestra? Colpo numero tre: oh tu ma lo capisci che il governo o fa come dico io, e non fa melina, o finisce nello stesso centro demolizioni in cui ho infilato gli amici del Pd che mi hanno messo i bastoni in mezzo alle ruote? Insomma: io Tarzan tu Jane.

    E così, per un attimo, Renzi, convinto di aver messo da parte la nuova foto di Vasto, assapora la lama del coltello affondare nel burro, scambia occhiate di complicità con il pubblico, tenta di portare dalla sua il gran ciambellano Bruno, poi si accorge che il partner-non-partner un po’ arranca, e allora gli lancia una scialuppa, per farlo stare a galla, divertirsi un po’, non farlo scappare dal ring. E dice che sì, “il lavoro si può riformare insieme”, che “la burocrazia si può riformare insieme”, che “il governo lo si può far vivere assieme”. Come no. Poi però Renzi ricomincia, torna a girare il coltello e avvicina il guantone di nuovo allo stomaco e lo mette al tappeto. Sei tu quello che vuole riformare la Fornero pur avendo votato la Fornero? L’altro risponde, e Matteo sorride. Avanti così per un’ora. Con Renzi che gioca a mostrare gli abbaglianti del suo spiderino sullo specchietto della Renault 4 dell’amico di Quagliariello. Con Renzi che fa sentire l’altro come il tacchino che si avvicina al giorno del Ringraziamento. E con Renzi che, come Sansone, sa però che la sua forza e i suoi capelli coincidono con la lontananza dalle vecchie cerimonie e dalle vecchie ritualità. E per questo scalpita, e un po’ si preoccupa. Sa che lo scatto resta lì. Che i giornali saranno spietati. Che le didascalie saranno crudeli. E che il pugile avrà messo a segno anche qualche ko, sì. Ma che Sansone per non perdere altri capelli, e ieri un po’ li ha persi, e non rimanere intrappolato in quelle foto, dovrà continuare a sfanalare, a non farsi assorbire. E sempre più o meno con quella linea lì, anche sulla legge elettorale. Io Tarzan tu Jane. Clic.

    Cerasa Perché Renzi parla con il Cav. Intervista a Maria Elena Boschi

     

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.