Perché al colosso Etihad piace più Fiumicino che l'Alitalia

Alberto Brambilla

Sono passati tre mesi da quando Alitalia ha chiesto al governo di adoperarsi per sostenere un vitale aumento di capitale (tuttora in fieri) e di cominciare a sondare altri vettori in cerca di un partner alternativo al socio storico Air France intenzionato a disimpegnarsi (pur senza perdere il legame con Alitalia mantenendo i suoi uomini in cda). Ieri è arrivata la conferma che le trattative tra la compagnia di bandiera italiana e il colosso degli Emirati Arabi, Etihad Airways, sono in corso.

    Sono passati tre mesi da quando Alitalia ha chiesto al governo di adoperarsi per sostenere un vitale aumento di capitale (tuttora in fieri) e di cominciare a sondare altri vettori in cerca di un partner alternativo al socio storico Air France intenzionato a disimpegnarsi (pur senza perdere il legame con Alitalia mantenendo i suoi uomini in cda).

    Ieri è arrivata la conferma che le trattative tra la compagnia di bandiera italiana e il colosso degli Emirati Arabi, Etihad Airways, sono in corso. Gli emiratini stanno studiando i conti da dieci giorni e, secondo indiscrezioni di Bloomberg e Financial Times, in futuro potrebbero intervenire mettendo 300 milioni nel capitale di Alitalia per assumerne il controllo con una quota del 45 per cento (i francesi ne pagarono 325 per il 25 per cento nel 2009) e prevalere così sui soci italiani. Eppure, nonostante i febbrili incontri a livello governativo, i caveat sono parecchi. La chiusura della partita non sarebbe così immediata come inducono a pensare i toni trionfalistici di alcuni giornali. Innanzitutto l’aumento di capitale non è concluso (ieri Poste, intervenuta su impulso governativo a ottobre, ha solo confermato che metterà 75 milioni nell’aumento di capitale) e soprattutto la solidità del piano strategico (il quinto in cinque anni dalla privatizzazione del 2008) deve essere verificata. Ergo, come scriveva il Sole 24 Ore in un lucido resoconto cronachistico di ieri, è possibile che Etihad aspetti fino a marzo 2014 prima di fare il grande passo. Cioè quando si capirà chiaramente come (con quanti aerei, quanto personale e in che condizioni) volerà l’indebitata Alitalia e quanti soldi saranno rimasti in cassa. Da segnalare, a proposito, che la compagnia perde circa un milione di euro al giorno (più della vecchia Alitalia) e 225 milioni dei capitali freschi appena immessi da alcuni dei soci italiani sono già stati spesi per pagare i debiti con i fornitori accumulati da settembre. “La liquidità scarseggia e l’entrata di Etihad può essere necessaria ma dev’essere chiaro che nei prossimi sei mesi i soci italiani dovranno mettere nuove risorse”, dice Andrea Giuricin, economista dell’Istituto Bruno Leoni ed esperto di trasporti. C’è però una contropartita in questo complicato risiko dell’aria che potrebbe ingolosire Etihad più del vettore stesso: l’hub romano di Fiumicino. La strategia europea di Etihad è “comprare in piccolo per pensare in grande”, diceva l’Economist. Cioè acquisire vettori di medio e corto raggio per creare una rete aeroportuale in Europa e usarla come “ponte” tra Emirati, Asia e occidente. Non a caso Lufthansa è preoccupata da un arrivo della competitiva Etihad in Alitalia (“hanno sussidi governativi […] hanno preso Air Berlin che ha subito smesso di volare a est di Abu Dhabi ed è diventata un fornitore del loro hub”, ha detto il capo della compagnia tedesca, Christoph Franz, al Corriere Economia). Il ceo di Etihad, James Hogan, in seguito a un colloquio con il consigliere economico di Letta, Fabrizio Pagani, e i vertici di Alitalia, riferito da Mf/Milano Finanza, ha fatto capire di essere interessato a una delle città più visitate al mondo che attrae viaggiatori tutto l’anno e per questo aumenterà i voli non stop Abu Dhabi-Roma questa estate. Un corteggiamento, dicono gli addetti ai lavori, che si spiegano un’accelerazione da parte degli emiratini possibilmente in forza di un ingresso anche nel capitale di Aeroporti di Roma (Adr), società dei Benetton, soci di Alitalia. Circolano cifre circa il possibile impegno finanziario (350 milioni per il 30 per cento) e indiscrezioni sul lavorìo dei lobbisti benettoniani in questa direzione. Sono rumor che Adr, interpellata, smentisce. Eppure, Benetton permettendo, Fiumicino sarebbe un boccone succulento per convincere Etihad a concedersi.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.