Quant'è bravo Obama con i gesti teatrali

Paola Peduzzi

Sui simboli, Barack Obama non ha rivali. L'ha confermato in questi giorni, affrontando Vladimir Putin sulla questione dei diritti degli omosessuali, gettando una luce sulle fobie russe, e mandando a rappresentare l'America alle Olimpiadi di Sochi due atlete gay – nessun membro del governo e nessun membro della famiglia presidenziale. “Rappresenteranno il meglio dell'America, diversità e lavoro di squadra”, ha detto Obama, sottolineando le diversità con la Russia, che non sono meramente strategiche o geopolitiche, ma sociali e culturali.

De Biase Putin si libera di un po' di imbarazzo umanitario prima dei Giochi di Sochi

    Sui simboli, Barack Obama non ha rivali. L’ha confermato in questi giorni, affrontando Vladimir Putin sulla questione dei diritti degli omosessuali, gettando una luce sulle fobie russe, e mandando a rappresentare l’America alle Olimpiadi di Sochi due atlete gay – nessun membro del governo e nessun membro della famiglia presidenziale. “Rappresenteranno il meglio dell’America, diversità e lavoro di squadra”, ha detto Obama, sottolineando le diversità con la Russia, che non sono meramente strategiche o geopolitiche, ma sociali e culturali. I diritti umani non sono negoziabili, caro Putin – sembra dire il presidente americano – e veniamo a dirtelo a casa tua, nell’amata Sochi, dove il tuo orgoglio nazionalista vuole trovare il suo massimo sfogo.

    E’ la risposta dell’obamismo, e dei suoi simboli, ai musi lunghi che Putin ha opposto a Obama in diretta tv, quando ancora di Siria si discuteva su palchi pubblici, quando né l’uno né l’altro avevano troppa voglia di formalismi, anzi, c’era da guadagnarci a mostrarsi tanto offesi. E’ la risposta ai tanti affronti diretti messi in campo dal Cremlino, tra visti, adozioni, missili e soprattutto quel tecnico chiacchierone di nome Edward Snowden che tanti danni sta facendo all’America e al suo presidente e che pure si gode il suo asilo politico in Russia (su Twitter è in corso un referendum sul futuro di Snowden: merita l’amnistia da Obama? Vi lasciamo immaginare la risposta del popolo dei social). Se bastassero i simboli a stabilizzare il mondo, Obama sarebbe il presidente “inspirational” che le masse andavano idolatrando (è uno che riesce a far passare un selfie ai funerali di Mandela con la biondina esagitata come un gesto cool), ma non è così. Perché ad affronto si risponde con affronto, laddove l’opinione pubblica può vedere e gongolare, e da tutte le altre parti, dove conta una visione, dove il “noi siamo diversi da voi” ha un senso concreto, misurabile in vite salvate o in opportunità concesse, là dove il simbolo diventa politica, con i princìpi e i negoziati, là Obama non esiste. Basta pensare all’Ucraina, alla Siria, all’Egitto pure.

    A Kiev, gli ucraini non fanno che urlare Europa nelle piazze da settimane, ma a Putin è bastato un incontro con il presidente Yanukovich per disintegrare anni di trattative tra Bruxelles e l’Ucraina, con un po’ di gas a buon mercato e qualche titolo di stato (ben poco redditizio) a garanzia dell’impegno. Putin si è ricomprato quello che considera suo sotto gli occhi attoniti di europei e americani, che blateravano di strumenti di pressione e di ritorsioni e si sono fatti scippare immagine, soft power e un mercato con “soli” 15 miliardi di euro. In Siria sta accadendo qualcosa di ancora più drammatico (non soltanto perché ci sono 120 mila morti, s’intende): ha vinto la linea Putin, e questo si sa, ma stando a un reportage della Reuters di due giorni fa, l’America assomiglia sempre più alla Russia, nella gestione della strategia siriana. In vista della Conferenza di pace del 22 gennaio, che non sarà più a Ginevra ma a Montreux, Washington e Mosca lavorano “in tandem” per trovare un piano di transizione volto a preservare quel che sta a cuore alla Russia, e da ora anche all’America, cioè l’esercito siriano a guida alawita schierato contro al Qaida. “E’ una red line irrinunciabile” per Mosca, scrive la Reuters, ricordandoci che la linea rossa famosa, quella in difesa dei diritti umani, è stata a tal punto dimenticata che qualcuno parla di una candidatura di Bashar el Assad nel 2014, come se il gas nervino sui suoi concittadini non fosse mai esistito. L’amnesia obamiana vale anche in Egitto, dove arrivano casse di armi russe: un nuovo mercato per Putin, che è così poco simbolico e così tanto concreto da poter giocare in tandem soltanto quando piace a lui.

    De Biase Putin si libera di un po’ di imbarazzo umanitario prima dei Giochi di Sochi

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi