Esercizi di ottimismo prenatalizio: la ripresa c'è e ci sarà, perbacco

Mario Sechi

Ieri ripassavo le note del mio taccuino per scrivere questo articolo quando alle 14 e 34 s’illumina il display dell’iPhone, è un avviso urgente di Bloomberg: “L’economia negli Stati Uniti è cresciuta del 4,1 per cento nel terzo trimestre, dato rivisto al rialzo rispetto al 3,6 per cento stimato”. Finito di leggere ho pensato: ottimo, ho risolto il problema dell’attacco del pezzo. Si comincia da qui, dalla crescita che c’è (negli Stati Uniti) e da quella che non c’è (in Italia). E’ domenica (15 dicembre) e Mario Draghi sul settimanale Journal du Dimanche sparge la semi-lieta novella.

    Ieri ripassavo le note del mio taccuino per scrivere questo articolo quando alle 14 e 34 s’illumina il display dell’iPhone, è un avviso urgente di Bloomberg: “L’economia negli Stati Uniti è cresciuta del 4,1 per cento nel terzo trimestre, dato rivisto al rialzo rispetto al 3,6 per cento stimato”. Finito di leggere ho pensato: ottimo, ho risolto il problema dell’attacco del pezzo. Si comincia da qui, dalla crescita che c’è (negli Stati Uniti) e da quella che non c’è (in Italia). E’ domenica (15 dicembre) e Mario Draghi sul settimanale Journal du Dimanche sparge la semi-lieta novella: “La Germania sta facendo bene, Francia, Italia e Spagna stanno migliorando, mentre le cose non vanno bene per l’Olanda, e Grecia e Portogallo restano sotto pressione”. Se lo dice l’uomo del “bazooka” bisogna cercarla, la crescita. Mettiamoci in viaggio.

    Ecco, le agenzie di viaggio lunedì (16 dicembre) segnalano un meno quindici per cento di prenotazioni per Natale (dati Fiavet), l’Istat ha certificato che il prodotto interno lordo è a zero e Giorgio Napolitano ha il fischietto in mano: “La recessione morde ancora duramente e diffusa appare la percezione della difficoltà a uscirne pienamente” (Palazzo del Quirinale, discorso alle alte cariche dello stato, ore 17 e 15). Il governo? Ottimista, cribbio. Ispirato dal clima sacro di Assisi, il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, guarda il cielo e sospira: “Siamo sul fondo. Abbiamo perso nove punti di pil dal 2007 a oggi, il 25 per cento della produzione, abbiamo un numero di disoccupati che supera i tre milioni e il 40 per cento di disoccupazione giovanile. In queste condizioni trovo che sia difficile essere ottimisti” (assemblea di Confindustria Umbria, ore 17 e 49). Dice Indiana Jones nel film “I predatori dell’Arca perduta”: “E’ il destino dell’archeologo quello di vedere frustrati anni e anni di lavoro e ricerche”. Lo è anche quello del giornalista in cerca di fatti e non desideri. E’ martedì (17 dicembre), l’Associazione europea dei costruttori sforna i dati di vendita delle auto in novembre: Fiat in Italia fa -4,5 per cento, nel Regno Unito segna un +45,8 per cento. E’ il rivelatore del clima di (s)fiducia di un paese? No, quella è roba da sondaggisti pop, materiale da “Ballaró”, però l’Istat lo stesso giorno racconta una storiella interessante: “Le imprese a controllo estero residenti in Italia sono 13.527 e realizzano una migliore performance rispetto alle imprese a controllo nazionale in termini sia di produttività sia di redditività”. Non è che c’è anche un problema nel manico? Il quesito non attraversa di sicuro la mente dei diplomatici radunati al Quirinale. Feluche in pompa magna.

    Parla Giorgio: “Abbiamo di fronte a noi momenti di grande delicatezza e prove decisive, il 2014 sarà l’anno delle elezioni per il Parlamento europeo, e sarà anche l’anno del semestre italiano di presidenza dell’Unione”. Ah, l’Europa. Salgo in auto. Mani sul volante. E occhio a cosa scrive il Centro Studi Promotor sul mercato europeo dell’Auto: “Nella Ue le immatricolazioni, che in settembre e ottobre avevano manifestato apprezzabili segnali di ripresa, in novembre crescono soltanto dell’1,2 per cento. Il risultato di novembre deriva da una crescita di una certa consistenza nei paesi della Ue che non hanno adottato l’euro (+4,7 per cento), mentre nella zona euro, dopo il tentativo di ripresa di ottobre, in novembre il mercato non cresce (-0,1 per cento)”. Ottimismo, please. La ripresa c’è e ci sarà. Robusta. Granitica. Lo dice anche l’Abi: “Non si ferma la corsa delle sofferenze: a ottobre quelle lorde hanno raggiunto i 147,3 miliardi di euro, in crescita di 2,8 miliardi rispetto a settembre e di circa 27,5 miliardi rispetto a dodici mesi prima, per un incremento annuo del 23 per cento”. Il timone è saldo e la rotta lontana dagli scogli.

    Mercoledì (18 dicembre) il premier Enrico Letta alle ore 10 e 51 si rivolge così a chi gufa: “Si è arrestata la caduta del pil, l’anno prossimo ci sarà una crescita”. Sobria reazione di Sandro Bondi: “Letta spara balle”. Si schiera la difesa renzista, Federica Mogherini, responsabile degli Affari europei del Pd, è sicura che quello di Letta è “lo spirito giusto con cui l’Italia deve lavorare a Bruxelles e nel mondo”. Nota sul taccuino: avvisare Matteo. E la crescita? Ci sarà. A Berlino. Snocciola i numeri Hans-Werner Sinn, presidente dell’Ifo: “Per la Germania il 2014 si presenta con splendide prospettive di congiuntura, è come un regalo di Babbo Natale. Il numero degli occupati dovrebbe salire di 230 mila unità, per toccare quota 42,09 milioni, con la disoccupazione in calo al 6,8 per cento. I salari faranno registrare una crescita del 3,5 per cento, rispetto al 2,9 del 2013”.

    E la Francia citata da Draghi? Gong! Il presidente Hollande è un pugile suonato. Sinn spiega che “non ce la farà a realizzare una crescita come quella tedesca”. Parigi è persa, ma Roma sarà salva? E’ giovedì (19 dicembre) arrivano le stime di Confindustria: nel 2014 l’Italia crescerà, perbacco, ecco a voi un formidabile +0,7 per cento. Sto per chiudere il pezzo, penso agli auguri per l’Elefantino e la famiglia del Foglio, ma la soluzione del rompicapo italiano piove sullo schermo del computer, agenzia Agi, ore 14 e 09: “Il rilancio dell’Italia passa per un prelievo straordinario del 10 per cento sulla ricchezza finanziaria del 10 per cento più ricco delle famiglie. La valutazione è contenuta nell’editoriale della newsletter di dicembre di Nomisma scritto dal presidente Pietro Modiano e dal capo economista Sergio De Nardis”. Facile no? Anche i ricchi piangono.