Passera spiega come Letta-l'immobile può risolvere il pasticcio dell'anno

Claudio Cerasa

Corrado Passera, senza girarci troppo attorno, lo definisce il “pasticcio dell'anno” e non ci vuole molto a capire che l'argomento di cui parla l'ex amministratore delegato di Banca Intesa, ed ex ministro dello Sviluppo del governo Monti, comincia per “Tele” e finisce per “com”. Telecom, sì. Passera ha osservato con curiosità mista a incredulità l'azione del governo guidato da Enrico Letta e la sua sostanziale neutralità rispetto all'operazione Telecom-Telefonica.

    Corrado Passera, senza girarci troppo attorno, lo definisce il “pasticcio dell’anno” e non ci vuole molto a capire che l’argomento di cui parla l’ex amministratore delegato di Banca Intesa, ed ex ministro dello Sviluppo del governo Monti, comincia per “Tele” e finisce per “com”. Telecom, sì. Passera ha osservato con curiosità mista a incredulità l’azione del governo guidato da Enrico Letta e la sua sostanziale neutralità rispetto all’operazione Telecom-Telefonica. La neutralità su questo dossier, però, per Passera non corrisponde a una medaglia al merito, ma coincide invece con una scelta “grave” fatta dal governo, che di fronte all’arrivo dell’azionista spagnolo ha scelto, almeno finora, di non decidere nulla, di tergiversare, di spostare lo sguardo da un’altra parte commettendo, di fatto, uno sbaglio che potrebbe avere per il paese “conseguenze molto pesanti”. In che senso? Passera, che ai tempi dell’esperienza in Intesa San Paolo fu uno dei grandi sostenitori dell’investimento della sua ex banca sia in Telecom sia in Alitalia e che oggi è al lavoro per lanciare nel 2014 un proprio e autonomo movimento politico, accetta di conversare con il Foglio e spiega brevemente le ragioni che fanno del non interventismo del governo un errore da matita blu.

    “Credo ci siano due problemi gravi legati alla storia di Telecom. Il primo riguarda il management di Telecom e credo che oggi sia più che comprensibile lo scontento degli azionisti. Il secondo, per alcuni versi ancora più grave, è invece quello legato a una incomprensibile latitanza di questo esecutivo”. Passera si spiega meglio. “Quando Enrico Letta è arrivato a Palazzo Chigi sapeva che il governo Monti aveva avviato una trattativa importante con la Cassa depositi e prestiti per realizzare, in Telecom, una separazione della rete sul modello di successo di Terna e Snam. Le operazioni erano in corso e la Cdp aveva dato la sua disponibilità a lavorare sul dossier. Questo governo, invece, non solo si è completamente disinteressato del dossier,  non solo ha aperto gli occhi quando la frittata era ormai fatta, ma ha anche avuto l’idea discutibile di aspettare cinque mesi prima di approvare un decreto importante, che il nostro governo aveva pronto da mesi, e che avrebbe aiutato ad avere gli strumenti giusti per gestire con attenzione la vicenda Telecom. Il decreto, ovviamente, è quello relativo alla Golden Power. E questo governo lo ha approvato a ottobre, cioè solo dopo aver visto Telefonica avvicinarsi a Telecom. Un ritardo ingiustificabile. Un ritardo che rischia di avere effetti pesanti sull’economia del nostro paese”. Il cronista chiede a Passera se dunque la soluzione migliore per risolvere il pasticcio dell’anno sia quello suggerito dal presidente della Commissione industria al Senato, Massimo Mucchetti, ma anche qui l’ex ministro si sente di essere critico rispetto al piano di rivedere in corsa le regole del gioco. “E’ evidente che nel nostro paese i meccanismi che regolano le offerte pubbliche d’acquisto sono da rivedere. Ma cambiare i regolamenti durante un’operazione credo, anzi sono sicuro, che potrebbe nuocere gravemente alla credibilità italiana di fronte agli investitori stranieri, già molto precaria. Uno dirà: ma quindi non va bene nulla? Che si può fare? Una soluzione mi sembra evidente. E non capisco cosa stia aspettando il governo”.

    Di cosa si tratta? “Intendiamoci. Io considero pessima la decisione dei soci italiani (ovvero Mediobanca, Generali e Intesa, ndr) di lasciare salire in questo modo in Telco il gruppo spagnolo. Posso arrivare a capire il momento e la delusione di azionisti che per anni hanno visto un andamento del proprio titolo che definire deludente è francamente un eufemismo. E posso anche arrivare a capire l’esigenza di vendere le proprie partecipazioni per fare cassa e mettere a segno qualche minusvalenza. Il vero punto, che non mi sembra sia compreso a sufficienza, è che oggi bisognerebbe cercare un’azionista intenzionato a investire, ad accelerare sulla banda larga, ad avere a cuore gli interessi del paese e qui sta il grande errore di Telecom: aver accettato di vendere un asset importante a un’azienda che non ha nell’Italia la sua priorità. Badate bene. Qui non si tratta di essere protezionisti o statalisti, non prendiamoci in giro. Di fronte alle infrastrutture essenziali e non replicabili non si dovrebbe essere né di destra né di sinistra, né liberisti né anti liberisti. Occorrerebbe essere semplicemente persone di buon senso. E capire che la rete, per l’Italia, anche per il suo sviluppo, per gli investimenti futuri, per la famosa agenda digitale, e per tutto il resto, è un bene sul quale bisogna investire perché, questo, è un settore dove la domanda è creata dall’offerta. Se tu offri qualcosa in più, avrai anche un’offerta maggiore. Se tu non offri nulla accetterai di veder diminuire la domanda.  Nel caso specifico – continua Passera – ho l’impressione che Telefonica non abbia alcun interesse a investire nella rete, che poi è il vero tesoretto di Telecom, e non fare nulla per proteggere il nostro asset sarebbe, anche per il governo, una scelta inspiegabile. E quanto a Letta – prosegue Passera – francamente limitarsi a dire che di fronte al mercato non si può fare niente non è un ragionamento che sta in piedi”.

    E quindi che si fa? Il lodo Passera non prevede che il governo debba necessariamente adottare i poteri che gli derivano dalla Golden Power, ovvero porre il veto all’adozione di delibere degli organi di amministrazione di un’impresa, come recita il decreto firmato lo scorso 2 ottobre da Letta, Mauro, Saccomanni, Bonino, Zanonato e Alfano ed entrato in vigore il 28 novembre. Ma quello che Passera arriva a dire è che il governo Letta, piuttosto che ragionare su norme contra aziendam, dovrebbe alzare il telefono, mettersi in contatto con i vertici della Cassa depositi e prestiti, stabilire qual è il prezzo della rete Telecom e spingere l’azienda a scorporare prima la rete e poi mettere la società a disposizione dei nuovi azionisti. “Si tratta di un passaggio fondamentale. Con la Cassa depositi e prestiti ci sono ancora possibilità di intesa. Il patatrac può essere evitato. Occorre volontà. Occorre solo mettere da parte la politica dell’immobilismo. Occorre esercitare la moral suasion.  E’ un passaggio fondamentale. E non capirlo sarebbe un grave danno non solo di immagine ma soprattutto economico per il nostro paese”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.