Braveheart paraculo

Mario Sechi

Scottish not British. E’ una vecchia storia che va avanti da secoli, comincia con Sir William Wallace, passa per le tasse sui distillatori di whisky e gin e arriva fino ai giorni nostri con una parola (indipendenza), un dilemma (come si è liberi se ci teniamo la sterlina?) e una certezza (gli scozzesi sono come i genovesi: badano al sodo e al soldo). La Scozia il prossimo anno vota per la sua indipendenza da Londra.

    Scottish not British. E’ una vecchia storia che va avanti da secoli, comincia con Sir William Wallace, passa per le tasse sui distillatori di whisky e gin e arriva fino ai giorni nostri con una parola (indipendenza), un dilemma (come si è liberi se ci teniamo la sterlina?) e una certezza (gli scozzesi sono come i genovesi: badano al sodo e al soldo). La Scozia il prossimo anno vota per la sua indipendenza da Londra. Il Regno potrebbe non essere più unito. Quelli che al cinema hanno avuto i lucciconi per “Braveheart” saranno in trincea: via dal giogo degli inglesi, subito. Chi ama i distillati si troverà di fronte a un quesito shakespeariano, tra uno scotch di Islay e un gin vecchio stile. Ma a Edimburgo il sodo e il soldo monopolizzano il dibattito: usiamo la sterlina e non battiamo più cassa? Come faremo quadrare i conti senza Westminster? Perché ogni guerra di indipendenza ha un costo e quando si apriranno le urne del referendum, il 18 settembre, il guadagno non sarà automatico. In ogni caso, nell’anno che verrà questa storia secolare prenderà un’altra via e (forse) chiuderà una partita aperta da William Wallace nel 1297 con la vittoriosa battaglia di Stirling Bridge e risolta nell’agosto del 1305 dalle truppe del re Edoardo I con la cattura a Glasgow di Wallace e la sua esecuzione pubblica a Londra. Allo Scottish National Party sogghignano: “Stavolta andrà diversamente”. Il libro bianco sull’indipendenza promette un mondo nuovo che chiude un’epoca cominciata con l’unione parlamentare del 1707.

    Il decalogo presentato qualche settimana fa da Alex Salmond, primo ministro di Scozia, fa leva sul sentimento nazionale, promette miracoli e onori, ma quando si tratta di mettersi sul groppone gli oneri, latita. E’ una strana indipendenza. Senza banca centrale (ci pensa la Bank of England), senza scottish pound (resta la vecchia rassicurante sterlina), senza dogana (c’è quella del Regno che funziona a dovere), con la Royal Mail (che tornerà pubblica), ma please no, la quota di debito nazionale no, quella è ancora da contrattare. E poi c’è scritto chiaro: “Continuiamo a lavorare insieme dopo l’indipendenza”. Ma da cosa? Da Westminster, dove “solo il nove per cento dei 650 membri nella Camera dei Comuni è scozzese e nessuno siede alla Camera dei Lord”. Lontani dal Tamigi, ma protetti dalla Royal Navy e dunque “continuiamo ad avere una difesa comune, ma senza i sommergibili nucleari Trident sul suolo scozzese” e, per carità, “restiamo nell’Unione delle Corone e riconosciamo Sua Maestà la Regina”. Sudditi, ma con gli incassi del petrolio perché facciamo come la Norvegia “che ha un fondo sovrano da 470 miliardi di sterline”. Indipendenti e con la libertà fiscale perché vogliamo imitare Dublino, ma con i conti correnti bancari protetti da Londra. E poi resterà la sempre cara Bbc e anche la lotteria nazionale. Beautiful. Programma che al Financial Times è apparso quello di “un Braveheart che si fa ancora lavare i panni dalla mamma”. Nella business community dicono che sarà come il finale del film “La 25esima ora”, con un happy end ingannevole perché è frutto dell’immaginario del protagonista. E fa niente se in Scozia ci sono appena 5 milioni di abitanti che invecchiano in fretta, le pensioni salgono, l’oro nero del mare del Nord vale sempre meno, il complesso petrolchimico di Grangemouth ha chiuso e riaperto nell’ottobre scorso, le esportazioni sono tenute in piedi dalla pregiata scotch industry (oltre 4 miliardi di sterline all’anno), non si sa come garantire il debito futuro, il pil è un triciclo rispetto al dragster dell’Inghilterra e non è certo colpa di un complotto della finanza londinese. Vinceranno quelli del whisky facile o il tradizionale partito del gin? L’importante è ricordarsi che per consumare al banco qualcuno prima o poi deve pagare alla cassa.