Mobilità sorda

Annalena Benini

Il ragazzo è morto per Natale. Mentre faceva jogging di domenica pomeriggio, in provincia di Como, davanti a un passaggio a livello con le sbarre abbassate, che aveva superato con l'idea che a vent'anni si ha dei passaggi a livello abbassati. Aveva le cuffie nelle orecchie, correva e ascoltava la sua musica, correva e stava dentro il suo mondo. Non ha visto il treno, non ha sentito il rumore di queste carrozze velocissime che muovono gli alberi quando passano, correva e basta con il senso invincibile, distratto e giovane di una corsa a vent'anni per Natale.

    Il ragazzo è morto per Natale. Mentre faceva jogging di domenica pomeriggio, in provincia di Como, davanti a un passaggio a livello con le sbarre abbassate, che aveva superato con l’idea che a vent’anni si ha dei passaggi a livello abbassati. Aveva le cuffie nelle orecchie, correva e ascoltava la sua musica, correva e stava dentro il suo mondo. Non ha visto il treno, non ha sentito il rumore di queste carrozze velocissime che muovono gli alberi quando passano, correva e basta con il senso invincibile, distratto e giovane di una corsa a vent’anni per Natale. A un giorno di distanza un altro ragazzo, sedici anni, cacciato dal treno insieme agli amici perché senza biglietto, vicino a Lodi, non ha voluto scendere dal sottopassaggio, perché i sottopassaggi sono una perdita di tempo, non ha voluto ascoltare quella voce metallica che ripete in continuazione di non attraversare i binari, di allontanarsi dalla linea gialla. Le risate, l’avventura, al diavolo il controllore ma chi se ne importa, prendiamo quello dopo. Gli amici nel sottopassaggio, lui giù per quei due metri di binari.

    Mentre passava il treno che vola, che non si può fermare, che fa un rumore di ferro nuovissimo, di urla e di vento. Se fosse stata una sfida, sarebbe dovuta finire come in “Stand by me”, con il ragazzo salvato dall’amico saggio all’ultimo secondo (“Non mi occorre la baby sitter”, “Sì che ti occorre”, “L’avrei schivato”, “Lo schiverai al ritorno”). Sarebbe dovuta finire con un pianto, con l’amico più imbranato che chiama: mamma. Invece nessuno ha potuto acciuffare in tempo, a pochissimi chilometri da casa, un sedicenne sordo al fischio della realtà. Ma siamo stati tutti sordi a quell’età: sordi al mondo intorno, accesi soltanto sul nostro. L’ha descritto Michele Serra ne “Gli sdraiati”, l’esercito dei nostri figli con le cuffie nelle orecchie, con la televisione a volume altissimo, con l’impossibilità reale di ascoltare qualcos’altro oltre alle loro voci: il loro telefono, il loro computer, il loro stereo.

    Serra ha raccontato questa mobilità sorda, questa monosillabicità attrezzata, che però è, sempre più, anche la nostra. Loro ci sono nati dentro, noi la rincorriamo. Ognuno con tutto il mondo fuori, ognuno con la possibilità di non sentire passare il treno che urla. Ieri camminavo sul marciapiede e una donna veniva nel senso opposto al mio: l’ho vista andare a sbattere contro un segnale di divieto di sosta, un palo di ferro con un cartello in cima. Era china sul suo telefono, non ho fatto in tempo ad avvertirla perché ero china sul mio. Ci siamo sorrise, lei massaggiandosi la fronte, io che potevo essere lei, cieca e sorda anche senza cuffie nelle orecchie, anche senza i sedici anni delle sfide con i treni e della musica a palla. Sdraiati e Sordi siamo tutti, solo che a sedici anni non pensi mai che sia possibile che quel treno esista, che arrivi davvero, contro di te.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.