Perché i tedeschi non temono l'inflazione, anzi la snobbano

Alberto Brambilla

Ai timori dei tedeschi circa un rialzo repentino dell’inflazione non sono seguiti i fatti. E il complesso iperinflazionistico di cui la Germania è stata succube per gli ultimi novant’anni sta scemando anche tra la popolazione. Lo dimostrano i sondaggi e i commenti degli esperti raccolti dall’agenzia stampa Bloomberg il 29 dicembre. L’inflazione pare scomparsa dalle statistiche dei paesi dell’Ocse. In Europa il maggiore problema è il suo contrario, cioè la deflazione.

    Ai timori dei tedeschi circa un rialzo repentino dell’inflazione non sono seguiti i fatti. E il complesso iperinflazionistico di cui la Germania è stata succube per gli ultimi novant’anni sta scemando anche tra la popolazione. Lo dimostrano i sondaggi e i commenti degli esperti raccolti dall’agenzia stampa Bloomberg il 29 dicembre.
    L’inflazione pare scomparsa dalle statistiche dei paesi dell’Ocse. In Europa il maggiore problema è il suo contrario, cioè la deflazione. E tra i cittadini tedeschi non serpeggia più quel terrore per una fiammata dei prezzi che fu uno degli ingredienti dell’ascesa del nazionalsocialismo e di Adolf Hitler dopo la sconfitta della Prima guerra mondiale e il conseguente depauperamento dell’economia durante la Repubblica di Weimar. Ora una crescente parte della popolazione non sa nemmeno cosa significhi inflazione, secondo la lobby delle banche private tedesche, la Bundesverband deutscher Banken.

    I timori successivi all’introduzione dell’euro circa il rischio di un aumento del costo dei beni “non si sono concretizzati”, dicono invece gli analisti di Gfk, società di ricerca concentrata sulle abitudini di consumo dei tedeschi: “I nostri studi mostrano che non c’è particolare paura dell’inflazione”, riporta l’agenzia Bloomberg. Certo, l’inflazione risalirà in Lettonia che ieri ha adottato l’euro abbandonando la valuta nazionale (il lat) ma non è un processo generalizzato. Non solo. Anche per uno come Bert Rüup, ex presidente dei consiglieri economici della cancelliera Angela Merkel (i cosiddetti “cinque saggi”) e presidente del Handelsblatt Research Institute – che ha condotto una ricerca sul tema basata su sondaggi tra gli investitori privati tedeschi – dopo quattro generazioni è in “forte dubbio” che l’inflazione preoccupi più la Germania che gli altri paesi dell’Eurozona. L’angoscia da inflazione è inferiore in Germania rispetto a Gran Bretagna, Francia e Austria, dice uno studio della Commissione europea. I giovani, poi, non percepiscono il problema mentre gli anziani, che hanno sperimentato l’iperinflazione (quando i beni alimentari si pagavano con valigie piene di contanti), ora pensano che non c’è un rischio paragonabile.

    Eppure quella fobia, un tempo sensata, ha cementificato le fondamenta della Bundesbank, la Banca centrale tedesca istituita nel 1957 che è stata presa a modello per la creazione della Banca centrale europea il cui imperativo è difendere la stabilità dei prezzi. Indicazione che, interpretata in maniera ferrea dai tedeschi, di fatto limita i margini di manovra delle politiche monetarie espansive del presidente della Bce, Mario Draghi. “C’era una perversa ansia secondo cui le cose stavano peggiorando, ma è accaduto il contrario: l’inflazione è bassa e l’incertezza è stata ridotta”, ha detto Draghi parlando al settimanale Spiegel la settimana scorsa replicando alle molteplici accuse lanciate da politici, economisti, commentatori tedeschi in questi mesi (dai prestiti alle banche dell’euro, il cosiddetto Ltro, all’annuncio di acquisto di bond sul mercato secondario, il cosidetto Omt). Forse Draghi ha dimostrato di capire la Germania più dei tedeschi stessi o almeno di parte della classe dirigente e della stampa nazionale. Sui giornali, infatti, la propaganda anti-inflazionistica è stata un refrain costante durante la campagna elettorale dell’anno scorso. “Inflations-Gefahr!” – pericolo inflazione! – era il titolo gridato della Bild il 14 agosto scorso quando i prezzi di cibo ed energia salivano.

    Ora l’indice complessivo in Germania è poco sotto il 2 per cento: il valore desiderato dalla Bce. “Il tema (inflazione, ndr) è stato ingigantito nella vita pubblica tedesca”, ha detto Marcel Fratzscher, presidente dell’istituto di ricerca di Berlino Diw, critico verso i suoi connazionali che si sentono zavorrati dall’euro. Resta però da vedere se la cancelliera Angela Merkel coglierà gli umori dei tedeschi, contrari alla vulgata allarmista finora fin troppo diffusa.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.