Rimpasti, patti e trincee

Tutte le manovre della ex mozione Cuperlo per tenere a bada Renzi

Alessandra Sardoni

Il rimpasto, il patto di coalizione, il tentativo di scavalcare l’incalzante segretario sul concetto che il governo “non può limitarsi a tirare a campare” (Gianni Cuperlo, presidente dell’assemblea del Pd). E perfino la competizione su economia ed Europa che Stefano Fassina si prepara a lanciare in un articolo di prossima pubblicazione su ItalianiEuropei: altro che sforare il 3 per cento (come da intervista di Renzi al Fatto, ieri).

Stagnaro Matteo non sforare

    Il rimpasto, il patto di coalizione, il tentativo di scavalcare l’incalzante segretario sul concetto che il governo “non può limitarsi a tirare a campare” (Gianni Cuperlo, presidente dell’assemblea del Pd). E perfino la competizione su economia ed Europa che Stefano Fassina si prepara a lanciare in un articolo di prossima pubblicazione su ItalianiEuropei: altro che sforare il 3 per cento (come da intervista di Renzi al Fatto, ieri). Il viceministro di Fabrizio Saccomanni propone la “rinegoziazione fino alla revisione unilaterale degli impegni sottoscritti con Bruxelles” e dichiara che “l’Europa è un Titanic”, che “lo spread è tenuto a bada da Draghi” e che “Renzi è accodato al mercantilismo teutonico”.

    Per gli ex diessini – le diverse, sofferenti anime della fu mozione Cuperlo sconfitta alle primarie, ma ancora numericamente significativa nei gruppi parlamentari – sono giornate complicate e insieme di ritrovato attivismo. Con un unico obiettivo: imbrigliare Matteo Renzi e ritrovare uno spazio di manovra a dispetto di quella che un lettiano doc chiama la “blitzkrieg del segretario”. Ovvero lo scatto felino che lo ha portato (ieri) ad accelerare sulla legge elettorale, a lanciare consultazioni parallele aperte contemporaneamente a tutte le forze politiche e a mettere parecchi paletti, perfino lessicali, attorno all’operazione patto di programma, cui Enrico Letta affida la sua strategia di sopravvivenza a Palazzo Chigi.

    Ha cominciato Cuperlo durante le vacanze di Natale con intervista mirata in cui chiedeva il rimpasto: “Non per riequilibrare la squadra nella logica delle componenti della maggioranza”, spiega al Foglio, “ma per dimostrare che siamo davvero coscienti dell’analisi di Ilvo Diamanti, la frattura tra paese e politica. Il governo deve spiazzare, inserendo figure di grande prestigio, personalità di primo piano… L’ho detto a Letta: non può continuare a prendere schiaffi dai renziani dicendo che non ce l’hanno con lui o accettare che provvedimenti del governo siano definiti marchette”. Ha proseguito Fassina che ieri, sull’Unità, chiedeva invece una vera “revisione della squadra di governo al fine di rendere la presenza del Pd coerente con il risultato congressuale”.

    Il viceministro dell’Economia si è detto pronto a mettere il suo stesso incarico “a disposizione del premier e del segretario”. Un modo nemmeno dissimulato per depotenziare l’energia da outsider del sindaco di Firenze, coinvolgendolo direttamente nell’esecutivo (non più solo tramite Graziano Delrio) e ignorando l’allergia renziana alla parola “rimpasto”, testimoniata nel colloquio di qualche giorno fa con la Stampa. Con la stessa logica, un interesse di Renzi per ritocchi alla squadra di governo, magari a partire dal ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, continuano a suggerirlo lettiani e franceschiniani.

    “Un chiaro tentativo di sfregiarne l’immagine inserendolo in una foto di gruppo insopportabile per uno che ha detto di non avere nulla in comune con Letta e Alfano” spiega al Foglio un renziano della prima ora che aggiunge: “Lo stesso spirito e la stessa insidia si nascondono nelle grandi manovre per la scrittura del patto di coalizione”. Renzi non vuole vertici di maggioranza, non tavoli, non liturgie d’antan. Così a Palazzo Chigi puntano su un colloquio tra lui e Letta, forse ad alta densità simbolica il giorno dell’Epifania, e si chiedono se il segretario voglia maglie fitte, stile Unione dell’èra Prodi (dunque “a rischio sfiga”, ammettono) o maglie larghe, dove il rischio è invece che “il segretario possa sgusciare via”.

    La verità è che Letta e gli ex ds, in questo periodo per nulla in sintonia, condividono l’idea che il quadro si è fatto improvvisamente scivoloso. Dicono i renziani, poggiandosi su alcune analisi di osservatori informati (Emanuele Macaluso sul Fatto) che il discorso di Capodanno ha segnato un cambio di passo. Che per Napolitano, deluso dalle ultime prove dell’esecutivo, la priorità non sarebbe più la durata del governo, la stabilità fin qui anteposta alle riforme, ma piuttosto la legge elettorale. A fronte del fallimento delle larghe intese, il capo dello stato si sarebbe convinto che invece è proprio la legge elettorale il primo, vitale obiettivo. Uno schema che ovviamente piace di più al segretario del Pd. Secondo questa lettura Napolitano per la prima volta starebbe considerando un doppio scenario: in caso di fallimento sulla legge elettorale potrebbe dimettersi rinviando le elezioni, ma se il Parlamento riuscisse a vararla, potrebbe intestarsi il successo e sciogliere le Camere: elezioni a maggio, europee e politiche insieme. Travolgendo le ultime trincee.

    Stagnaro Matteo non sforare