Fiat Lux

Mario Sechi

Il 2014 si apre nel segno di Sergio Marchionne, manager dei due mondi, imported from Chieti e temprato a Toronto. Il primo dell’anno (mercoledì) Fiat fa il botto americano: firma l’accordo con il fondo Veba e acquista il cento per cento di Chrysler, colosso dell’auto made in Usa. In Italia la reazione alla notizia è come il cenone: è ancora in fase digerente e l’accoglienza da parte della classe dirigente, il cosiddetto establishment, appare come l’annuncio della temperatura di Bucarest ai tempi della Rai in bianco e nero: non pervenuta.

    Il 2014 si apre nel segno di Sergio Marchionne, manager dei due mondi, imported from Chieti e temprato a Toronto. Il primo dell’anno (mercoledì) Fiat fa il botto americano: firma l’accordo con il fondo Veba e acquista il cento per cento di Chrysler, colosso dell’auto made in Usa. In Italia la reazione alla notizia è come il cenone: è ancora in fase digerente e l’accoglienza da parte della classe dirigente, il cosiddetto establishment, appare come l’annuncio della temperatura di Bucarest ai tempi della Rai in bianco e nero: non pervenuta. Il giorno dopo John Elkann e Marchionne scrivono un’email ai dipendenti, sono orgogliosi del risultato: “E’ un momento storico” e “l’inizio di un nuovo capitolo del nostro futuro”. Applausi? Macché, il Parlamento è in vacanza, il governo è semi vacante, che importanza può avere la più grande operazione industriale di sempre conclusa all’estero da parte della più importante azienda del paese? E infatti Angelino Alfano e Matteo Renzi il venerdì (3 dicembre) si scannano per ben altro, le unioni civili e la riforma della legge Bossi-Fini.

    La transizione tra il 2013 e il 2014 aveva già dato ampie rassicurazioni sul plot e l’epilogo, bastava riaprire il taccuino e leggere le note sparse per non sorprendersi del torpore post prandiale con cui veniva accolta l’impresa di John e Sergio. Sabato 28 dicembre, alla Fiera dell’est, per due soldi… Il presidente della Sicilia, Rosario Crocetta, prende la pala in mano: “Sto bonificando la palude, ma mi servono più poteri” (intervista alla Sicilia); il presidente del Senato, Pietro Grasso, alza le mani per dire “chi? io?”: “Tutti i gruppi politici hanno avuto approvati degli emendamenti sul Salva Roma, questa è la verità” (ore 11 e 54); Crocetta mentre è impegnato nella bonifica prende una palata in faccia dal consiglio regionale siciliano: le province restano, altro che abolirle (ore 15 e 15); Beppe Grillo programma il contro messaggio di fine anno per far crollare l’audience televisiva di Napolitano (in sottofondo s’ode la sigla di “Mission Impossible”); la presidente Laura Boldrini annuncia la riforma del regolamento della Camera “entro poche settimane” (momento d’ilarità alle ore 19 e 56); in Sardegna si voterà a carnevale, il 16 febbraio; Bossi chiude l’epica giornata alle 23 e 04 con una grande idea: “Uscire dall’euro per andare non alla lira, ma a battere moneta padana”.

    E la Fiat che sta per comprare il cento per cento del mito dell’auto americana? Chissenefrega delle quattroruote, vai con il trenino di fine anno. La domenica (29 dicembre) s’apre con l’approfondita lettura di un inedito clamoroso: un’intervista di Matteo Renzi alla Stampa. Neppure una riga sulla politica industriale, la Fiat che sta per fare il colpaccio, niente. Però la miccia sotto il tavolo del governo è accesa perché Matteo si sente “diverso da Letta e Alfano” e il rimpasto (ah, quale antica e nobile parola) ci sarà. Materiale per Casini. E infatti ecco Pierferdinando chiosare il programma sciacquato in Arno: “La nuova politica inizia dal rimpasto: vien da ridere” (nota delle ore 13). Da dietro le quinte si leva una voce, è Berlusconi: “E’ meglio se insieme alle europee di maggio riuscissimo ad avere anche le politiche” (telefonata al Grande Sud di Cefalù, ore 14 e 11). Alla vigilia del veglione (lunedì 30 dicembre) viene impaginata sulla Stampa la barba da bel tenebroso di Dario Franceschini: “Correggere la squadra sarà una cosa che, se avverrà, si farà alla fine, dopo avere firmato un patto per l’agenda 2014 e uno per le riforme istituzionali. Non parlo di tempi biblici, si devono stringere tutti i bulloni entro gennaio”. E la chiave inglese? La tira fuori il Cav. ma non la usa sui bulloni: “Questo è stato un Natale dimesso, con negozi meno affollati e un clima di paura e sfiducia. Purtroppo la vecchia e cattiva politica ci ha messo del suo, negando la scossa positiva che io avevo proposto, e scegliendo la solita strada sbagliata, fatta di tasse e spesa pubblica a pioggia” (collegamento telefonico mattutino con il Tg5). Nel pomeriggio parte uno scontro titanico tra Fabrizio Cicchitto e Augusto Minzolini.

    “Ridicolo”. “Caritura”. “Sei invecchiato male”. Sono scoccate le 19, tutto procede. La sveglia democratica suona con l’Unità, intervista a Gianni Cuperlo che boccia il Job Act di Renzi: “Chi dice che è difficile licenziare è matto”. Cresce l’attesa per il messaggio di Napolitano, ma c’è una questione da risolvere e l’agenzia Agi alle 14 e 44 manda in rete il lancio: “Continua la ricerca del nome perfetto per il gatto nero di Laura Boldrini. E’ la stessa presidente della Camera ad aver chiesto su Facebook suggerimenti su come chiamare il suo nuovo micio. Tanti i consigli arrivati e tra i nomi suggeriti c’è anche quello di Obama”. Inchiostro nero sul taccuino: “Yes, she can”.

    Se son voti, arriveranno
    Dopo il telegiornale parla il presidente Giorgio Napolitano: “Fate le riforme, non resterò a lungo”. Tanti auguri. Fuochi d’artificio, arriva il 2014 con Renzi che fa tre proposte di legge elettorale e il 2 gennaio (giovedì) abolisce il ponte della Befana via newsletter. Berlusconi risponde con una nota: ok, ci sto, ma voglio l’election day. Renato Brunetta alle 14 e 56 del 3 gennaio arma il Mattinale e annuncia la linea spiazzista: “Riapre la grande politica”. Se son voti, arriveranno. Intanto, dall’altra parte del mondo, un’azienda americana comprata da un’azienda italiana alle 14 e 08 ora italiana informa che “nel 2013 sono cresciute del 9 per cento le vendite di Chrysler negli Stati Uniti. Lo ha reso noto la casa di Detroit controllata dalla Fiat segnalando nel mese di dicembre un aumento delle immatricolazioni pari al 6 per cento con 161.007 unità vendute. Per Chrysler si tratta del quarto anno consecutivo di aumento delle vendite”. Quelli del tanto peggio tanto meglio sono serviti. Fiat Lux in Marchionneland.