Monsignore va in soffitta. Il bastone del Papa contro la lebbra carrierista
Niente più monsignori con meno di sessantacinque anni d’età. L’ordine è partito da Santa Marta, direttamente dal Papa. Destinatari, i vescovi sparsi nel mondo. Basta con il carrierismo, “una lebbra!” che mina la chiesa e la fa sembrare un’organizzazione burocratica. Francesco da tempo ha chiarito come la pensa in proposito di nomine e gerarchie interne. In attesa di riformare la curia e le sue strutture – “ci vorrà del tempo”, diceva qualche mese fa il cardinale honduregno Oscar Maradiaga –, si parte dal basso. D’ora in poi, l’unica onorificenza che sarà concessa ai presbiteri secolari sarà quella di cappellano di Sua Santità.
Niente più monsignori con meno di sessantacinque anni d’età. L’ordine è partito da Santa Marta, direttamente dal Papa. Destinatari, i vescovi sparsi nel mondo. Basta con il carrierismo, “una lebbra!” che mina la chiesa e la fa sembrare un’organizzazione burocratica. Francesco da tempo ha chiarito come la pensa in proposito di nomine e gerarchie interne. In attesa di riformare la curia e le sue strutture – “ci vorrà del tempo”, diceva qualche mese fa il cardinale honduregno Oscar Maradiaga –, si parte dal basso. D’ora in poi, l’unica onorificenza che sarà concessa ai presbiteri secolari sarà quella di cappellano di Sua Santità. La Segreteria di stato ha già provveduto a informare della novità i nunzi apostolici, chiedendo loro di mettere al corrente al più presto le conferenze episcopali locali – quella degli Stati Uniti ha trasmesso la comunicazione alle diocesi lo scorso 3 gennaio.
Fino a oggi, potevano essere insigniti dell’onorificenza di monsignore i sacerdoti secolari con almeno trentacinque anni d’età e cinque di sacerdozio (dieci per gli ecclesiastici attivi nel servizio diplomatico e per gli officiali della curia). Inoltre, ogni diocesi non può avere un numero di monsignori superiore al dieci per cento del rispettivo clero. Istruzioni spazzate via da Francesco – benché la decisione papale non sia retroattiva –, che semplifica ulteriormente le disposizioni contenute nel motu proprio Pontificalis Domus promulgato da Paolo VI del 1968. Con quel documento, Papa Montini riduceva da quattordici a tre i gradi di monsignore, un riconoscimento concesso dal Pontefice su proposta del vescovo locale. Ed è proprio “in linea con quella decisione” che si deve leggere la mossa di Bergoglio, sottolinea padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana.
L’abolizione del titolo di monsignore non è una novità assoluta. Ci aveva già pensato, la scorsa estate, il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia. L’onorificenza sarebbe spettata da quel momento in poi solo a quanti fossero stati “premiati” direttamente dal Pontefice. Tutti gli altri avrebbero dovuto accontentarsi del più comune “don”. Non si trattava di punire qualcuno, spiegavano dalla curia di San Marco, ma solo di interpretare le norme in modo rigoroso. E anche un po’ sobrio, aggiungeva qualcuno, guardando allo stile di Francesco. Non tutti digerirono il provvedimento del patriarca, tant’è che l’arciprete della basilica ducale ricordava antichi privilegi concessi da Pio IX e ribaditi da Paolo VI. Di conseguenza, dal momento che le disposizioni non sono mai state abrogate, aggiungeva il depositario della memoria storica della chiesa veneziana, quanto deciso da Moraglia “non è fattibile secundum ius”. Unica soluzione, interpellare la congregazione per il Clero. Non sapeva, l’arciprete, che il Papa aveva meditato di sospendere (almeno temporaneamente) l’assegnazione dell’onorificenza già poche settimane dopo l’elezione, come riferirono alcuni prelati dopo aver conversato con Francesco.
Intanto, bisognerà aspettare ancora per conoscere l’elenco dei nuovi cardinali che saranno creati nel concistoro del prossimo 22 febbraio. Se due anni fa Benedetto XVI aveva sciolto la riserva durante l’Angelus dell’Epifania, Francesco non ha fatto alcun cenno all’appuntamento in programma tra poco più di un mese, preceduto e seguito da altre riunioni curiali. Durante l’omelia della messa celebrata in San Pietro, il Papa ha parlato della “santa furbizia”, quella “scaltrezza spirituale che ci consente di riconoscere i pericoli ed evitarli”. Noi – ha aggiunto Bergoglio parlando dall’altare della Confessione – “dobbiamo custodire la fede. Custodirla dal buio, tante volte travestito di luce! Perché il demonio si veste da angelo di luce, alcune volte”. Una furbizia spirituale “che sa coniugare semplicità e astuzia, come chiede Gesù ai discepoli: ‘Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe’”. Nel pomeriggio, poi, trasferta nella periferia romana, alla Giustiniana, dove il Pontefice ha visitato il presepe vivente del quartiere. “Mi ha chiamato tre giorni fa”, aveva detto il parroco locale annunciando l’arrivo di Francesco.
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