Matraquage démocratique

Nicoletta Tiliacos

Nantes, Tours, Bordeaux: ieri erano già tre le città francesi i cui sindaci e prefetti hanno annunciato la cancellazione delle date dello spettacolo teatrale intitolato “Le mur”, del comico antisemita Dieudonné M’Bala M’Bala, la cui tournée doveva debuttare stasera a Nantes (a Bordeaux l’intenzione di impedire l’esibizione di Dieudonné, fissata per il 26 gennaio, è stata comunicata direttamente dal sindaco ed ex ministro dell’Ump Alain Juppé).

    Nantes, Tours, Bordeaux: ieri erano già tre le città francesi i cui sindaci e prefetti hanno annunciato la cancellazione delle date dello spettacolo teatrale intitolato “Le mur”, del comico antisemita Dieudonné M’Bala M’Bala, la cui tournée doveva debuttare stasera a Nantes (a Bordeaux l’intenzione di impedire l’esibizione di Dieudonné, fissata per il 26 gennaio, è stata comunicata direttamente dal sindaco ed ex ministro dell’Ump Alain Juppé). Sono i primi effetti della circolare con la quale, lunedì scorso, il ministro dell’Interno francese, Manuel Valls, ha invitato gli amministratori locali a vietare gli spettacoli del comico, “che hanno già dato luogo a reati penali”, qualora “questi rappresentino una minaccia all’ordine pubblico”. Non obbligo ma “suggerimento”, dunque, anche se la presa di posizione ufficiale espressa ieri dallo stesso François Hollande suona più che esortativa. Il presidente ha chiesto ieri ai prefetti di mostrarsi “vigilanti e inflessibili” nell’applicazione della circolare, “di fronte all’antisemitismo e al turbamento dell’ordine pubblico suscitato da provocazioni indegne”.

    Il comico (del quale Giulio Meotti ha scritto un ritratto sul Foglio del 31 dicembre) attraverso i suoi legali ha già annunciato ricorso contro il provvedimento. Con il quale si è senza dubbio concretizzata quella che la giurista Danièle Lochak, intervistata ieri dal Monde, ha definito “giurisprudenza Dieudonné”: una sorta di regola contra personam sulla quale, senza fare sconti alle opinioni ripugnanti espresse dal comico (che invita a sghignazzare sull’Olocausto, quando non dice che si tratta di una balla messa in giro dai sionisti), qualche dubbio aleggia. Se il Consiglio di stato confermasse la legittimità della circolare Valls, dice in sostanza Danièle Lochak, Dieudonné potrebbe appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo per veder riconosciuto il diritto alla libera espressione delle proprie opinioni (anche se, negli ultimi anni, la Corte ha quasi sempre giudicato compatibili con la libertà di espressione le legislazioni che reprimono il negazionismo).

    Sempre ieri, è arrivata la notizia che i giudici di Orléans, indagando su Dieudonné, più volte – ma sempre invano – condannato al pagamento di ammende per incitamento all’odio razziale, avrebbero scoperto a suo carico gli estremi dei reati di frode fiscale e riciclaggio (in Camerun, paese d’origine del padre, sarebbero finiti almeno quattrocentomila euro sottratti al fisco francese). Ma c’è chi si interroga, intanto, sull’efficacia della censura contro il comico e si chiede se, e a chi, serva trasformarlo in perseguitato. Il 3 gennaio, sull’Huffington Post Francia, gli scrittori Pascal Bruckner e Jacques Tarnero, la demografa Michèle Tribalat e il medico di origine ebraica Richard Prasquier hanno firmato insieme un lungo articolo nel quale spiegano come l’oggi demonizzato Dieudonné, “erede dei deliri ideologici che l’hanno preceduto”, sia stato l’acclamato maestro, fino a poco fa, nel rappresentare “la fusione di estrema destra ed estrema sinistra unite in uno stesso odio risentito” contro il nemico comune israeliano. I quattro così concludono: “Interdire gli spettacoli o le ‘quenelles’ (il saluto nazista mascherato, ndr)? Quello che conta è non conferire a Dieudonné lo statuto di martire, perché ciò darebbe a quel gesto osceno un valore di impertinenza… La sfida che ci lanciano tutti i Dieudonnés sta nella nostra capacità di comprenderne finalità e strategia”.

    Anche il mensile Causeur, che della volontà di distinguersi dal pensiero unico perbenista di sinistra ha fatto la propria cifra (il caporedattore è Elisabeth Lévy, che nel 2009 aveva accettato di litigare in televisione con Dieudonné e che ha di recente lanciato l’appello dei “salauds” contro la legge che vuol punire i clienti delle prostitute) ha scritto ieri che, “senza giustificare le sue affermazioni spesso scioccanti, è necessario sottolineare la sproporzione nel trattamento di questa storia”. Il comico sarebbe dunque “un pretesto. Una manovra enorme per tentare di far dimenticare che è l’assenza di rappresentazione nazionale a creare ansia e a dividere”.