Così il compagno Sposetti difende il tesoro di Stalingrado dai pischelli del Pd

Stefano Di Michele

E’ come “l’oro di Stalingrado” – ci fosse stato l’oro, a Stalingrado. E’ la preziosissima ambitissima “camera d’ambra” (sei tonnellate della stessa), che invece c’era, e poi sparì. Ma nel renziano pidì è un mormorìo, un brontolìo, persino un venticello di maldicenza a dar retta alle cronache dei giornali – i nostalgici che vogliono un loro partito, gli apparatchik mai sconfitti e mai domi, il Fassina in fuga. Scissione, vil parola dannata. “I soldi potrebbero esserci, ce li ha Sposetti…”.

    E’ come “l’oro di Stalingrado” – ci fosse stato l’oro, a Stalingrado. E’ la preziosissima ambitissima “camera d’ambra” (sei tonnellate della stessa), che invece c’era, e poi sparì. Ma nel renziano pidì è un mormorìo, un brontolìo, persino un venticello di maldicenza a dar retta alle cronache dei giornali – i nostalgici che vogliono un loro partito, gli apparatchik mai sconfitti e mai domi, il Fassina in fuga. Scissione, vil parola dannata. “I soldi potrebbero esserci, ce li ha Sposetti…”. Ecco, il compagno Ugo Sposetti – barriera e argine e muraglia, baffi alla Peppone Bottazzi, da segreteria di Luigi Longo, che sanamente si scompiscia dalle risate quando sente Job act e cool, packed lunch e civil partnership. Ma è lo stesso il Minotauro che il Teseo dell’Arno non riesce a battere, il Caronte che nega il passaggio sulla riva dove s’affollano immobili e quadri, memorie e valuta, il Custode dell’Eldorado Rosso.

    Ciò che fu del glorioso Pci (con apposita mostra celebrato, roba da convincere ogni renziano a convocare d’urgenza l’esorcista), ciò che passò ai trapassati Ds, ciò che mai giunse tra le mani dello stentato Pd (renzianamente vitaminizzato, ma già fisicamente debilitato da alzatacce all’alba, pranzi al sacco e transumanze segreteriali). E così, a far conti e a far ostentazione di modestia, i pischelli che dal bordo campo hanno invaso l’area di gioco alimentano fascino e leggenda del roccioso compagno ferroviere viterbese che, simil Edmond Dantès, la strada ai forzieri accatastati a Montecristo sbarra. “I soldi ce li ha Sposetti…” – ed è tutto un rodersi e un interrogarsi, tale e quale certi che hanno lasciato la casa madre di Arcore e sempre un po’ sfidano e ancor più temono l’ira dell’antica badessa: “I soldi ce li ha Berlusconi…”. I soldi, il quattrino, la pecunia. Geneticamente modificati dal comune sentire e dal felice apparire, al finanziamento pubblico si vuol rinunciare, alle antiche sicurezze derogare – ma il far politica, come il cantar messa, complicato s’annuncia e il procedere incerto, pur a notevole consumo di ceri. “I partiti senza soldi non sono un valore”, spiegò paziente Sposetti. Contano e ricontano – Matteo e i nuovi arrivati, e lì si va spesso a parare: al sospetto, adesso; alla necessità sempre.

    Scissione? Già un mese fa lo diceva, già un mese fa Sposetti (dai cordoni stretti) sfotteva: “Non vedo in giro nessun Bordiga”. Ognuno conta. Contano gli innovatori mattutini, contano i pomeridiani cronisti del Fatto. E quantificano l’accumulo sposettiano, a maggior rodimento della penuria renziana: “Circa 60 federazioni locali, decentrate e autonome per non perire col debito di 200 milioni di euro verso le banche, gestiscono 2.400 immobili e un centinaio di cimeli, libroni, reliquie, documenti, fotografie…”.

    Chiaro che il cartaceo poco interessa la fresca dirigenza, ma forse i 2.400 immobili solleticano. “Patrimonio valutato mezzo miliardo di euro”, assicura il Fatto. “Un miliardo”, propone Repubblica. “Non è un miliardo, è il frutto delle fatiche di generazioni di militanti del Pci, del Pds, dei Ds…”, tira la linea Sposetti. Che per anni ha pattugliato sezioni e federazioni, case del popolo e case di militanti. “Non dovete buttare neppure un volantino!”. Così, l’ambìto (e temuto) cucuzzaro si compone, oltre che di immobili e debiti, di opere di Schifano e Guttuso, foto di cosmonauti sovietici, manifesti e manoscritti, navi (in miniatura) dalemiane, pipe di Trentin, bronzi dono dei partiti fratelli, persino (si mormora) il muso di un B-52 americano abbattuto dai compagni vietcong: molte care memorie e magari un po’ di salotto di Nonna Speranza. E il servizio da caffè, di bianca porcellana, di Togliatti. Di cui Sposetti potrebbe maliziosamente far dono al giovin segretario: così da mandare di traverso pure il primo caffè mattutino – lì, alle prime luci dell’alba.