Famiglia e natura
L’11 gennaio, a Roma, vi sarà una manifestazione in piazza di Pietra (alle ore 15 e 30), intitolata “La famiglia è una ‘società naturale’, non un’alchimia ideologica”. A promuovere l’iniziativa la Manif pour tous Italia, insieme alle Sentinelle in piedi (che in pochi mesi hanno movimentato l’Italia, organizzando svariate manifestazioni pubbliche, soprattutto nel nord del paese), al Forum delle famiglie di Francesco Belletti, alla Fondazione novae terrae di Luca Volontè, ai Giuristi per la vita di Gianfranco Amato (autore del freschissimo “Omofobia o eterofobia?”).
L’11 gennaio, a Roma, vi sarà una manifestazione in piazza di Pietra (alle ore 15 e 30), intitolata “La famiglia è una ‘società naturale’, non un’alchimia ideologica”. A promuovere l’iniziativa la Manif pour tous Italia, insieme alle Sentinelle in piedi (che in pochi mesi hanno movimentato l’Italia, organizzando svariate manifestazioni pubbliche, soprattutto nel nord del paese), al Forum delle famiglie di Francesco Belletti, alla Fondazione novae terrae di Luca Volontè, ai Giuristi per la vita di Gianfranco Amato (autore del freschissimo “Omofobia o eterofobia?”). In piazza scenderanno credenti e non credenti, e alcuni politici (tra cui quelli che più si sono distinti nella battaglia contro la legge Scalfarotto: Roccella, Giovanardi, Pagano, Bianconi, Sacconi, tutti del Nuovo centrodestra; Molteni e Fedriga della Lega nord; Malan e Gasparri di Forza Italia e Sberna di Per l’Italia). Mentre dunque l’onda dei non rassegnati cresce, mentre aumentano convegni, pubblicazioni, comitati, denunce contro l’ideologia del gender, viene opportuno commentare il titolo scelto dagli organizzatori: “Società naturale, non alchimia ideologica”.
Naturale è lo stesso aggettivo che i padri costituenti misero oltre 50 anni fa nella nostra Costituzione, all’articolo 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Dispiacerà a Ivan Scalfarotto, che ha ammesso che la proposta di legge che porta il suo nome è preparatoria dei cosiddetti matrimoni gay (cioè serve a mettere in galera chi vi si oppone), ma anche per i costituenti comunisti, liberali ecc. il matrimonio era una “società naturale”, non la visione dei rapporti tra uomo e donna propria (solo) dei cattolici o di altri gruppi particolari.
Del resto la biologia, la genetica, l’anatomia, le neuroscienze testimoniano senza possibilità di smentita, ciò che il buon senso vede e ri-conosce di primo acchito: il fatto cioè che la differenza tra uomo e donna è costitutiva della complementarietà tra i due sessi, ed è ciò che porta, attraverso un rapporto tra sessi, appunto, diversi, all’unione di un ovulo femminile e di uno spermatozoo maschile, da cui nascerà una nuova vita.
Se andiamo indietro nel tempo, prima di Cristo, in Etruria, ad Atene, a Roma, a Gerusalemme, ovunque… sono sempre l’uomo e la donna a costituire la famiglia, cioè, secondo l’espressione di Cicerone, il seminarium rei pubblicae. Senza unione tra uomo e donna, del resto, l’umanità non esisterebbe neppure.
Osserviamo la Roma pagana. Qui il fidanzamento avviene con una cerimonia ufficiale e lo scambio di un anello (messo nell’anulare, perché, secondo Aulo Gellio, esisterebbe “un nervo molto sottile, che parte dall’anulare e arriva al cuore”). Nell’antica Roma il matrimonio è una cerimonia solenne, contrassegnata da una sorta di comunione davanti a un altare, su cui viene offerto a Giove un pane di farro. Inoltre vi è il sacrificio di un animale, di cui vengono lette, da un aruspice, le interiora. Una donna, sposata una sola volta, unisce le mani degli sposi, di fronte ai sacerdoti e a dei testimoni, a dimostrazione della funzione anche sociale del matrimonio. Il tutto, almeno in età repubblicana, in modo solenne, per rendere visibile l’importanza del gesto. Verso la fine dell’età repubblicana il matrimonio romano entra in crisi: è il preludio di una più vasta disgregazione sociale, generata dalla fragilità delle famiglie e dal conseguente decremento demografico, cause remote, entrambe, della dissoluzione di Roma. Una volta che Roma abbandona il paganesimo, salvo l’aruspicina, cioè il sacrificio di animali con annessa lettura del futuro, il rituale nuziale romano viene in sostanza conservato nell’uso cristiano. E benché muti il modo di intendere il rapporto tra uomo e donna (con introduzione dell’indissolubilità matrimoniale e dell’idea della libertà degli sposi), rimane chiaro a tutti, secondo il detto di Modestino (III sec. d. C.), che “nuptiae sunt coniunctio maris et feminae, consortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio” (le nozze sono l’unione di un uomo e di una donna, il consorzio di una vita, la comunione fra diritto divino e quello umano). Anche nella Grecia antica il matrimonio è sempre solo e soltanto tra uomo e donna. Neppure qui esiste l’indissolubilità, ma l’idea che la fedeltà sia ideale e auspicabile è ben presente (Ulisse e la fedele Penelope insegnano).
La famiglia è dunque da sempre il luogo in cui si nasce; è da sempre il luogo in cui il bambino vive una ampiezza straordinaria di esperienze: lui, piccolo, in mezzo ai grandi, impara il dialogo tra generazioni; da padre e madre apprende la complementarietà dei sessi; in mezzo ai fratelli, più o meno coetanei, impara la convivenza con gli eguali. In una sola famiglia ci sono tutti i generi, tutte le età, tutti i ruoli. Non vi è scuola di vita, di virtù, di relazioni migliore di questa. Chi mina la famiglia, dunque, si chiami Scalfarotto o Renzi, lo faccia per ideologia o per miserabile convenienza (basti ricordare le dichiarazioni, ben differenti da quelle odierne, del “cattolico” Renzi all’epoca del Family Day), mina la società, e la felicità degli uomini, singolarmente e come comunità.
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