Rottamare Letta

Claudio Cerasa

Fosse sufficiente una battuta simile a quella che ha portato alle dimissioni di Stefano Fassina, il sindaco di Bologna, Virginio Merola, democratico di fede renziana con passato di fede bersaniana, non avrebbe dubbi e lo direbbe senza problemi: “Letta chi?”. Il primo cittadino bolognese sa però che le battute non saranno sufficienti a provocare le conseguenze sperate.

    Fosse sufficiente una battuta simile a quella che ha portato alle dimissioni di Stefano Fassina, il sindaco di Bologna, Virginio Merola, democratico di fede renziana con passato di fede bersaniana, non avrebbe dubbi e lo direbbe senza problemi: “Letta chi?”. Il primo cittadino bolognese sa però che le battute non saranno sufficienti a provocare le conseguenze sperate. E dunque, pochi minuti dopo essere uscito dal primo piano di via della Stamperia 8, sede del ministero degli Affari regionali, e pochi minuti dopo aver discusso con Graziano Delrio, insieme con una delegazione di sindaci guidata dal capo dell’Anci Piero Fassino, i problemi legati al minore introito che nel 2014 arriverà nelle casse dei comuni a seguito della modifica della tassazione sulla casa, il cronista intercetta Virginio Merola, di fronte alla stazione Termini, e registra il suo sfogo. Uno sfogo che contiene una serie di ingredienti che giorno dopo giorno trovano sempre più riscontro all’interno di un pezzo importante del mondo del Pd. “Sono stufo di essere preso in giro e di vedere attorno a me ipocrisia. Io ero convinto che questo fosse l’unico governo possibile per evitare le elezioni. Oggi però ho capito che il mezzo meno veloce per fare le riforme, le famose riforme, è ostinarsi a salvaguardare l’esistenza di questo governo. Non si tratta di questioni personali, o di antipatie verso questo o quel ministro, si tratta di fare un discorso di merito: in questo esecutivo, e in questa maggioranza, non ci sono le condizioni per fare un patto di coalizione. E dunque, invece di cincischiare, l’unica cosa onesta da fare, che mi sento anche di chiedere al segretario, è impegnarsi a fare subito una legge elettorale e andare a votare il prossimo venticinque maggio insieme con le europee. L’unico vero modo per garantire la stabilità credo sia questo. E bisogna uscire dall’equivoco che stare in queste condizioni di precarietà sia, per esempio, il modo migliore per innescare una ripresa. Approfittiamo subito del grande consenso che ha il nostro segretario, troviamo un accordo sulla legge elettorale e diamo agli elettori la possibilità di eleggere un governo che possa governare”.

    “Non ho nulla contro Saccomanni ma la storia ci dimostra che non è il ruolo del tecnico quello giusto per fare una sana politica economica. Dico io: vi pare possibile che da otto mesi questo governo ostaggio delle burocrazie non riesca a risolvere il problema delle risorse che verranno a mancare da quest’anno ai comuni a causa del passaggio dall’Imu alla Tasi? Una pazzia. E sinceramente, per una persona che riveste il mio ruolo, un governo così non si può sostenere”. L’altro sindaco più famoso, Renzi, in realtà non si capisce che cosa voglia fare di preciso. Il ritmo imposto suggerisce una frenesia finalizzata a dimostrare che il segretario in fondo chiede solo a Letta di lavorare. Ma lo stile adottato dal leader Pd lascia invece intendere che il vero sogno è quello di mandare all’aria questo governo e tentare di andare presto alle elezioni. Altro che patto di coalizione. “A questo proposito – continua Merola – bisogna anche dire che se il presidente del Consiglio e il segretario trovassero una grande intesa sulle riforme sarebbe assurdo far durare il governo solo fino al prossimo anno. Le cose invece non stanno così, mi pare, e per questo l’unica strada possibile da seguire, per il bene del Pd e il bene del paese, è mettersi d’accordo con chi ci sta, ovviamente anche con Berlusconi, e fare subito una buona legge elettorale (legge ieri calendarizzata alla Camera per il 27 gennaio, ndr). Spingere verso questa direzione, poi, avrebbe anche un altro pregio: frantumare il popolo del Cinque stelle. Mi risulta che tra i grillini non ci sia un’ostilità a priori sulle leggi proposte dal Pd. Sia il Mattarellum sia la riforma spagnola, per esempio, potrebbero interessare il Movimento. E in questo senso, il voto immediato rappresenterebbe un modo per sfidare Grillo e metterlo alle strette. Oggi – conclude – sono convinto che il Pd potrebbe battere tutti. Andare troppo in là con il tempo e sostenere un governo che non governa, viceversa, mi sembra il regalo più grande che si possa fare a tutti gli sfasciacarrozze del paese. Suggerirei a Matteo di non perdere tempo”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.