I numeri inesorabili della Juve e la giornata no del portiere del Cagliari

Sandro Bocchio

E' inutile scomodare Billy Beane, la sabermetrics e il baseball. Le nostre statistiche all'italiana sono più dati di fatto che studi scientifici, non hanno alcuna pretesa teorica ma possiedono tanta resa pratica. Come la tradizione che vuole la conferma (quasi) certa a fine campionato di chi doppia per primo il girone di andata. La Juventus lo ha fatto nel 2012 e nel 2013, e ha vinto. Si è ripetuta nel 2014 e ben difficilmente vedremo un altro nome in testa alla classifica il 18 maggio. Perché i numeri sono inesorabili. Bravura di Conte e stellone nuovamente sollecitato, perché il destino ha voluto che sulla strada bianconera si presentasse – alla presunta guardia della porta rossoblù – il carneade Antonio Adan.

    E' inutile scomodare Billy Beane, la sabermetrics e il baseball. Le nostre statistiche all'italiana sono più dati di fatto che studi scientifici, non hanno alcuna pretesa teorica ma possiedono tanta resa pratica. Come la tradizione che vuole la conferma (quasi) certa a fine campionato di chi doppia per primo il girone di andata. La Juventus lo ha fatto nel 2012 e nel 2013, e ha vinto. Si è ripetuta nel 2014 e ben difficilmente vedremo un altro nome in testa alla classifica il 18 maggio. Perché i numeri sono inesorabili: 8 di vantaggio sulla Roma inseguitrice (e il Milan umiliato a -30), 52 conquistati su 57 disponibili. Uno in più di quanto fece l'Inter nel 2007, in un campionato azzoppato dall'assenza proprio dei bianconeri, finiti per un anno in serie B, e dall'inadeguatezza di avversarie che – come la Juventus – erano state travolte da Calciopoli. Oggi soltanto la Fiorentina ha saputo vincere nel confronto diretto, soltanto l'Inter ha imposto il pareggio. Il resto è stata una marcia da gioiosa macchina da guerra, altro che quella che tentò di mettere in moto Achille Occhetto. Un'andatura possessiva e ossessiva, come possessivo e ossessivo è Antonio Conte. Il tecnico odia le mezze misure e sa ciò che vuole: meglio essere totalmente antipatico e vincere che passare per amicone e portare a casa nulla. Nella Juventus ha imparato a non fare prigionieri quando si dannava sul campo, lo stesso avviene oggi che zompa come un ossesso davanti alla panchina. Dicevano il primo anno che sarebbe stata dura per un esordiente, e ha vinto lo scudetto. Dicevano quello dopo che sarebbe stato complicato confermarsi, e ha rivinto lo scudetto. Dicevano in quello ancora successivo che sarebbe stato impossibile conquistare il titolo per tre volte consecutive, e lui lo sta riconquistando. E lo fa con una corsa impressionante. La Roma vince le prime dieci partite consecutive in mezzo agli osanna antijuventini? I bianconeri chiudono il girone di andata a Cagliari con l'undicesimo successo di seguito, come mai accaduto nella loro storia. Gli altri migliorano la passata stagione? Loro vanno oltre. Gli altri segnano? Loro di più. Soltanto per reti subite la Roma riesce a stare davanti. Per il resto lo strapotere è totale, forte della capacità dell'allenatore di saper adattare le proprie idee alle caratteristiche dei singoli e di un'autostima educata giorno dopo giorno, puntando su chi è memoria storica della squadra e aspettando con pazienza chi avrebbe potuto dare una mano importante (Llorente) oppure emergere con le stimmate del campione che verrà (Pogba). Difficile capire se qualcun altro avrebbe saputo fare lo stesso al posto del tecnico bianconero, cui rimane il cruccio di aver fallito malamente in Champions League, e non soltanto per quanto capitato nel pantano di Istanbul. Ma è innegabile che la Juventus sarebbe stata qualcosa di completamente diverso. Vincente, ma diversa.

    E lo si è visto anche a Cagliari, quando Conte ha messo in campo Marchisio (un intoccabile fino a poche giornate or sono) e ne è stato ripagato dal gol immediato. Bravura sua e stellone nuovamente sollecitato, perché il destino ha voluto che sulla strada bianconera si presentasse – alla presunta guardia della porta rossoblù – il carneade Antonio Adan. Per lui una carriera tutta nel Real Madrid, senza possibilità alcuna alle spalle del monumento Iker Casillas. Fino a quando, la passata stagione, José Mourinho non decide che è giunta l'ora di abbattere i monumenti che fanno ombra al suo, e Adan diventa la chiave per chiudere la porta di Casillas, lasciando fuori il titolare della Nazionale e tutti i suoi sostenitori. Una gloria durata il tempo di tre partite e di ingaggiare il più esperto Diego Lopez dal Siviglia, con Adan andato a tenere compagnia a Casillas tra gli esclusi, indegno di un solo sguardo da parte dello Special One. Un lavoro sporco, per conto terzi, ripetutosi anche a Cagliari, dove i portieri vivono vite spericolate, specie quando decidono di non rinnovare i contratti. Così Cellino, dopo aver messo fuori squadra il reprobo Marchetti nel 2010, ha ribadito le proprie convinzioni con il renitente Agazzi, invitato a sistemarsi in tribuna poche settimane fa. Ma Avramov da solo non dava garanzie e prima di Natale si è improvvisamente materializzato Adan, fino al debutto in campionato a Verona contro il Chievo, fino alla riproposta contro la Juventus. Risultato? Mani friabili sul 2-1 di Marchisio e parata goffa (con altrettanto goffa protesta) ad aprire la via a Lichtsteiner per il 4-1. A conferma che in Spagna i detrattori di Mourinho forse qualche ragione l'avevano.