Valérie, il blues dell'abbandono di una francese forte ma poco amata

Lanfranco Pace

Baciami, baciami sulla bocca gli dice, mentre stanno festeggiando fianco a fianco la vittoria a piazza della Bastiglia. Lei chiude gli occhi, in attesa. Lui la bocca gliela sfiora appena, quasi di sghembo, con le labbra che non si schiudono. Sei il mio grande amore, la donna della mia vita, aveva gridato a lei e al mondo qualche anno prima. Chi si sarebbe mai fidato di questo adolescente attardato che sia pure per l’enfasi del momento dimentica di aver avuto quattro figli da un’altra donna?

    Baciami, baciami sulla bocca gli dice, mentre stanno festeggiando fianco a fianco la vittoria a piazza della Bastiglia. Lei chiude gli occhi, in attesa. Lui la bocca gliela sfiora appena, quasi di sghembo, con le labbra che non si schiudono. Sei il mio grande amore, la donna della mia vita, aveva gridato a lei e al mondo qualche anno prima. Chi si sarebbe mai fidato di questo adolescente attardato che sia pure per l’enfasi del momento dimentica di aver avuto quattro figli da un’altra donna? Il baciami sulla bocca di lei veniva dal cuore e dalla mente, dal corpo e dal calcolo, doveva essere il coronamento pubblico dell’imperiosa ascesa a prima donna di Francia di una ragazza che viene da Angers, quinta di sei figli di una famiglia di borghesi squattrinati, il padre a dodici anni che salta su una mina e perde una gamba e poi vede fallire anche la banca locale di cui è associato, la madre costretta a lavorare come guardiana del pattinatoio. Fugge dalla provincia mortifera e gretta, Valérie, che di suo sarebbe Massonneau ma del cognome un po’ si vergogna e terrà quello del secondo marito, Trierweiler appunto, giornalista, traduttore, germanista, intellettuale in Parigi, intra muros.

    Bisognerebbe averla vista a sedici anni, Valérie, una bellezza e un’eleganza assolute e poi a venti, con i capelli fiammeggianti e lo sguardo senza appello della donna che sa quello che vuole, non concepisce piccole ambizioni e non ammette sconfitte. Andrà dritta alla mèta, anno dopo anno, gradino dopo gradino. Hollande imbolsito dalla lunga convivenza e dalle paternità di fronte a lei sembra ritrovare spiriti animali, si sente di nuovo un conquistatore, un tombeur de femmes, un predatore: come tutti gli uomini è inconsapevole, non si accorge di essere lui la preda. La forza di Valérie è esplicita, la sua determinazione feroce: c’è un che d’americano in lei e forse anche per questo i francesi non la amano, la prendono di punta appena esce dall’ombra. La frondeuse, l’intrigante, l’arrogante, la Rottweiler, e chi ha più pietre le scaglia con diletto, le sue gaffe fanno il resto.

    Oggi, almeno oggi che è in pieno blues dell’anima, che è una cinquantenne in sindrome depressiva da tradimento e addirittura ricoverata in clinica, oggi che colui che l’ha tradita con una più giovane dovrà spiegare ai giornalisti di mezzo mondo volti e risvolti dell’affare e, senza poter invocare il diritto alla privacy, per forza rimesterà nelle ferite, colpendola anche senza volerlo, con i sottintesi, le sfumature, magari con la pietà, oggi ce ne fosse uno che le rivolga un pensiero affettuoso, quanto meno un cenno di solidarietà: non il suo direttore, non il suo editore, non i colleghi, anzi una dice che lei sapeva da tempo del tradimento, che la storia della depressione è una fuffa e il ricovero in clinica un banale paravento. Tutti sembrano contro di lei come un muro di ghiaccio. La destra accusa Hollande di aver scalfito il prestigio dell’istituzione presidenziale, che poi a raccontare le fresche frasche dei Pompidou, dei Giscard e degli Chirac c’è da perdere sonno e ragione, ma nessuno ha la minima parola di comprensione per lei, l’umiliata e l’offesa.

    Nemmeno la sorellanza: pare anzi che le donne francesi gongolino per il giusto ritorno delle cose, per la caduta di chi prese il posto di Ségolène ed è a sua volta scalzata da una che porta quaranta anni come fossero trenta. Anche Julie Gayet, la “rovina coppie di fatto”, ha la reputazione di essere una dura, determinata a proteggere attività e interessi, possiede una società di produzione cinematografica: dice di aver trovato finalmente nel presidente qualcuno che ascolta e si sforza di capire. In effetti Hollande è uno che ascolta, il problema è che parla pure, anzi con le parole sfinisce, ubriaca l’interlocutore. Non è il ritratto macho dell’uomo che non deve chiedere mai, semmai è di quello che deve chiedere e molto. Anche per conquistare Ségolène dovette chiedere e molto, con pazienza e parole. Tre donne. E tre storie. Che raccontano la stessa cosa, la totale fascinazione di un uomo di potere non per i ninnoli molli ma per donne con grandi attributi.

    • Lanfranco Pace
    • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.