Cherchez la femme
D’accordo, il garage sotterraneo dell’Eliseo da cui il presidente in carica esce travestito da maturo liceale in motorino non è gran cosa, se pensiamo a ben altri e avventurosi sotterranei parigini, e ai cento passaggi segreti che consentivano ai re di Francia di raggiungere gli appartamenti delle loro favorite in totale discrezione. Ma l’eterno ritorno dell’intrigo d’amore e di potere sotto il cielo di Parigi ancora una volta non tradisce le aspettative, anche se vestito di panni più prosaici.
Peduzzi Per Hollande non è il momento di parlare d’amore, ma di riforme sì
D’accordo, il garage sotterraneo dell’Eliseo da cui il presidente in carica esce travestito da maturo liceale in motorino non è gran cosa, se pensiamo a ben altri e avventurosi sotterranei parigini, e ai cento passaggi segreti che consentivano ai re di Francia di raggiungere gli appartamenti delle loro favorite in totale discrezione. Ma l’eterno ritorno dell’intrigo d’amore e di potere sotto il cielo di Parigi ancora una volta non tradisce le aspettative, anche se vestito di panni più prosaici.
E’ che sovrani, presidenti e ministri, da quelle parti, hanno a che fare con le francesi. Per capire che cosa questo significhi, tentando di sfuggire all’ovvietà, possiamo ricorrere al più circostanziato e appassionato elogio delle donne di Francia, delle loro virtù di sentimento, di intelletto, di ironia, oltre che della capacità di alcune tra di loro di signoreggiare sui destini e sulle azioni dei dominatori per eccellenza (sovrani, principi, guerrieri), fino al punto di offuscarne ogni prudenza e istinto di autoconservazione. Quell’elogio – talvolta, va detto, a doppio taglio – ci arriva da un ecclesiastico del Sedicesimo secolo: Pierre de Bourdeille, abate di Brantôme. Un ecclesiastico piuttosto sui generis, assai più avvezzo, in armonia con la sua epoca e le sue origini, a frequentare corti e campi di battaglia piuttosto che sacrestie. E’ a lui che dobbiamo la monumentale antologia di aneddoti intitolata “Le dame galanti”, di argomento licenzioso e dunque a lungo clandestina (la traduzione di Alberto Savinio per Formiggini, datata 1937, è stata ripubblicata Adelphi nel 1982).
Oggi, dopo più di quattro secoli, una rivoluzione, Napoleone e cinque République, in quel “trattato naturalistico sull’amore” (definizione di Savinio) troviamo ancora aspetti di attualità. Non solo le storie di Brantôme ci fanno capire perché solo in francese poteva essere espresso il concetto altrimenti intraducibile di “cherchez la femme”, ma illustrano con arguzia libertina l’inclinazione alla strategia politico amorosa che distingue le francesi illustri dell’Ancien Régime come alcune delle contemporanee.
Brantôme scrive allegramente che “quanto alle nostre belle Francesi, le abbiamo vedute nel passato assai grossolane, e fare l’amore alla paesana; ma, da cinquant’anni in qua, hanno imparato dalle altre nazioni tante gentilezze, e moine, e bei modi, e lascivie, e anche da sé medesime si sono studiate a formarsi, che ormai bisogna pur riconoscere ch’esse avanzano tutte le altre; e, come ho inteso dire, perfino da forestieri, valgono molto più che le altre, oltre che le parole lascive pronunciate in francese sono assai più eccitanti, sonore e commoventi che nelle altre lingue”. E’ dunque chiaro che “in Francia è dolce far l’amore”, tanto che le dure leggi che reprimono altrove l’adulterio lì sono mitigate, in nome della “bella libertà francese”.
L’orgoglio erotico dell’abate Brantôme, così entusiasticamente applicato alle sue connazionali, non si capaciterebbe oggi dell’atmosfera plumbea e inquieta che si sta addensando, dopo i primi riflessi da pochade, attorno alla tresca Hollande-Gayet. Perché quei musi lunghi? Altri tempi, quando il re Francesco I auspicava per se stesso e per ogni suo cortigiano una gran quantità di amanti, e guai a chi ne era sprovvisto. La castità (o non sia mai la fedeltà alla moglie), era dal sovrano considerata segno di stoltezza, al punto che mai egli avrebbe associato alla propria corte chi la apprezzava o la praticava.
Brantôme è consapevole di affrontare un compito titanico, quando si propone di parlare di “dame amorose e mariti becchi”, di “bellezza e virtù delle belle gambe” (non sembri un argomento futile: la grande Caterina de’ Medici era a tal punto orgogliosa delle proprie che escogitò un modo particolare di cavalcare, per poterle mettere meglio in mostra) o di “belle e oneste dame che amano uomini valorosi, e degli uomini valorosi che amano le donne coraggiose”. Ma non si perde d’animo perché quei temi lo appassionano, e perché poteva contare su uno sterminato archivio di storie, a volte vissute e più spesso riferite, che avevano al centro l’eterno intreccio piacere-potere. E’ in fondo lo stesso sul quale fanno affidamento le trecentomila copie vendute in quattro giorni della rivista di gossip Closer, quella con le foto rubate di François Hollande e Julie Gayet sotto il portone al 20 di rue du Cinque. Magari non sarà il Louvre, ma forse Julie non è meno bella e “galante” di Diana di Poitiers.
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