Grillo romba col proporzionale

Marianna Rizzini

No, no e no. Tre no dice Gianroberto Casaleggio, calato su Roma, alle proposte elettorali di Matteo Renzi. Tre no in carne e ossa mentre nel mondo impalpabile del web, sul blog di Beppe Grillo, viene solennemente sancito l’avvio della discussione telematica sulla legge elettorale a Cinque stelle, con votazione a tappe, risultato in teoria aperto a qualsiasi capriccio della rete e consulenza del ricercatore Aldo Giannuli (nel ruolo del Virgilio che deve accompagnare gli attivisti certificati attraverso l’Inferno viscido delle riforme).

    No, no e no. Tre no dice Gianroberto Casaleggio, calato su Roma, alle proposte elettorali di Matteo Renzi. Tre no in carne e ossa mentre nel mondo impalpabile del web, sul blog di Beppe Grillo, viene solennemente sancito l’avvio della discussione telematica sulla legge elettorale a Cinque stelle, con votazione a tappe, risultato in teoria aperto a qualsiasi capriccio della rete e consulenza del ricercatore Aldo Giannuli (nel ruolo del Virgilio che deve accompagnare gli attivisti certificati attraverso l’Inferno viscido delle riforme). Il web affanna e consola e l’idea di una proporzionale che salvi dall’imbarazzo dell’azione fa da antidoto mediatico all’immagine del motore inceppato a Cinque stelle. C’è stato il caso Sardegna, con simbolo negato a liste troppo litiganti, e c’è stato il referendum online sul reato di clandestinità, con voto finale che va contro la linea Grillo-Casaleggio.

    C’è stato il conteggio sui partecipanti (24 mila, troppo pochi, è stata la critica) e la rabbia dei puristi per la modalità della convocazione. Ma Casaleggio, sceso dalla sua astronave a Montecitorio, ripete il mantra: quel referendum è stato un prodigio di democrazia diretta. E dunque, nel giorno in cui nel mondo reale dice no a Renzi, nel mondo virtuale, sul blog di Grillo, mette in scena l’altra attesa consultazione in progress. Proporzionale o maggioritario? Misto o puro?, sono i due primi quesiti illustrati con lunga lezione online dal suddetto Giannuli, ricercatore in Storia contemporanea alla Statale di Milano e anche autore di un libro su Papa Francesco. A tratti il ragionamento di Giannuli sembra far intravedere la propensione proporzionalista (e non più pro Mattarellum) che i Cinque stelle hanno mostrato dopo la pubblicazione delle motivazioni della Consulta sul Porcellum: il maggioritario, scrive Giannuli, “è un sistema che trasforma una minoranza di voti in una maggioranza di seggi per garantire che ci sia un vincitore con una maggioranza parlamentare stabile… Il sistema proporzionale invece si preoccupa di legittimare le assemblee parlamentari attraverso il minor numero di manipolazioni del sistema elettorale…”. Ma poi lo stesso Giannuli si dilunga sui pro e i contro di questo e di quello schema, con la pignoleria di chi vuole apparire talmente super partes da rendere molto credibile la sempre ribadita (da Casaleggio) fede cieca nella “democrazia diretta” che si dispiegherà anche stavolta sul blog, ma probabilmente non in tempo per la discussione in Aula, il 27 gennaio. Gli eletti di Grillo avevano depositato una proposta di legge elettorale un po’ spagnola un po’ svizzera, ma è la rete che deve decidere (i puristi non vogliono che i parlamentari osservino il non vincolo di mandato previsto dalla Costituzione: sono “portavoce”). E siamo di nuovo lì, al rapporto con quella rete che da un lato ha fatto girare il motore a Cinque stelle al massimo e dall’altro contribuisce a incepparlo. Il sociologo Alessandro Dal Lago, editorialista del manifesto e autore di un libro (ed. Cronopio) su “Grillo, Casaleggio e la demagogia elettronica”, dice al Foglio che il problema è “la contraddizione strutturale con doppio messaggio e doppio legame: ti impongo la libertà di scelta. C’è un’ambiguità: un movimento che esprime un gruppo parlamentare si appella al diritto dei cittadini di controllare il gruppo parlamentare, ma questo diritto può essere espresso solo quando lo dicono i due leader”. Per Dal Lago quello “che ingorga” i Cinque stelle “è il meccanismo decisionale e comunicativo più che la sostanza. Dopodiché i voti di Grillo girano a vuoto: se i Cinque stelle si mettono in condizione di smuovere perdono appeal”. 

    Il proporzionale si profila come il sistema dei sogni per un M5s interessato a mantenere il primato di forza che mette il veto (al voto con il “Consultellum”, diceva ieri il senatore di M5s Vito Crimi), ma il divieto di “dialogo” impedisce agli eletti la partecipazione alla discussione reale. Non per niente Grillo, prima dell’uscita delle motivazioni della Corte, insisteva molto sull’“illegittimità” di questo Parlamento. E se sul fronte interno il motore a Cinque stelle ha bisogno del tagliando, sul “come” fare il tagliando non v’è certezza. Per Paolo Natale, docente di Sociologia politica a Milano e autore, nella primavera scorsa, con Roberto Biorcio, di “Politica a Cinque stelle” (Feltrinelli), “la macchina va oliata, ma la spinta all’affrancamento dai vertici di molti parlamentari grillini dà i suoi frutti. Solo che più maturano meno hanno bisogno della rete, e più rischiano di cadere nella politica tradizionale”. Riflettendo sull’“ancora giovane” M5s, Elisabetta Gualmini, presidente dell’Istituto Cattaneo e coautrice, con Piergiorgio Corbetta, a inizio 2013, di uno dei primi studi sul boom dei Cinque stelle (“Il partito di Grillo”, ed. Il Mulino), dice che c’è un problema di “affordances”, cioè “di congruenze”: “i nuovi media sono adatti a consultazioni su alcune ‘issue’ con semplice schema sì-no, ma non a temi complessi. Grillo fa bene a utilizzare la rete e a usare la retorica della rete, perché è uno degli elementi costitutivi del Movimento, ma con le decisioni prese sulla rete non arriverà certo a governare o a risolvere problemi che devono essere trattati in tutte le loro sfaccettature in un Parlamento nazionale”. Anche sulla scelta della classe dirigente l’ossequio alla rete blocca, dice Gualmini: per le europee il Ms5 è ancora indeciso sul sistema da adottare per evitare i molti difetti delle parlamentarie. Lo schema “preconfezionato da Grillo” crea poi un paradosso, dice: “C’è il massimo dell’orizzontalità, ma anche una democrazia diretta ingabbiata”. Due mesi fa Antonio Ricci, amico di Grillo, intervistato sul Corriere da Aldo Cazzullo, diceva che “Grillo vincerà quando tornerà a fare il comico” e il M5s “camminerà con le sue gambe”. Ma senza Grillo dove vanno i Cinque stelle? (Gualmini dice: “Non lontano. E’ un partito personale, semmai sarà lui a stufarsi”).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.