L'ambigua legge tedesca sul “suicidio passivo”, perché se ne riparla
Il tedesco contempla diversi termini per definire il gesto di togliersi la vita, anche se poi la parola “Suizid”, è quella più usata perché più neutrale. La definizione “Selbstmord”, contiene infatti il termine Mord, assassinio, dunque una certa drammaticità, mentre “Freitod”, la libera morte (di nietzschiana derivazione) ha un che di eroico che mal si addice, per alcuni, al gesto stesso, anche se poi proprio in casi di suicidio di scrittori, artisti, si tende a usare più frequentemente la parola “Freitod”.
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Il tedesco contempla diversi termini per definire il gesto di togliersi la vita, anche se poi la parola “Suizid”, è quella più usata perché più neutrale. La definizione “Selbstmord”, contiene infatti il termine Mord, assassinio, dunque una certa drammaticità, mentre “Freitod”, la libera morte (di nietzschiana derivazione) ha un che di eroico che mal si addice, per alcuni, al gesto stesso, anche se poi proprio in casi di suicidio di scrittori, artisti, si tende a usare più frequentemente la parola “Freitod”.
Suizid, Selbstmord o Freitod che sia, in Germania l’argomento torna ciclicamente al centro del dibattito pubblico. Torna ciclicamente alla ribalta non ultimo perché, visto dall’esterno, il paese si trova da un punto di vista giuridico in una situazione che risulta quanto meno ambigua. Attualmente la legge tedesca ammette il suicidio assistito “passivo”. Ciò vuol dire che, per esempio, al parente o all’amico malato terminale che lo chiedesse, si può procurare, o far procurare, la dose letale, senza rendersi passibili di provvedimenti giudiziari, mentre è vietato iniettargliela o aiutarlo ad assumerla in un qualsiasi altro modo. Si rischia invece l’incriminazione se si assiste, senza impedirlo, all’assunzione della dose letale. Insomma, l’aiuto a procurarsi il veleno non è punibile, assistere all’assunzione dello stesso senza intervenire, sì.
Non stupisce, quindi, che quasi ogni governo si cimenti nel compito di cambiare la legislazione vigente. Nell’ultimo governo di centrodestra, era stato il ministro della Giustizia, la liberale Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ad aver avanzato proposte di modifica. C’era quasi riuscita, ma poi sia la chiesa cattolica sia quella protestante si sono messe di traverso. A loro giudizio, la nuova legge avrebbe solo aggirato il problema: il ministro voleva infatti vietare la commercializzazione del suicidio assistito, ma visto che la maggior parte delle strutture che offrono questo servizio non sono registrate come attività commerciali ma come organizzazioni, avrebbero potuto continuare indisturbate nella loro attività. La bufera era scoppiata lo scorso maggio, a pochi mesi dalle elezioni. E così, non volendosi inimicare le due chiese, la cancelliera Angela Merkel aveva ordinato di rimettere il disegno di legge nel cassetto. Lei stessa nel 2008 si era detta contraria a qualsiasi liberalizzazione in questo campo.
Il programma di governo sottoscritto dalla nuova Grosse Koalition non contiene nemmeno un accenno all’argomento. Il che non ha fatto però desistere il cristiano-democratico Hermann Gröhe, nuovo ministro della Salute, dal tornarci su. Gröhe sa che su questo argomento la divisione non è partitica ma trasversale. Uno dei primi politici che gli ha assicurato il pieno sostegno è stato infatti il socialdemocratico Franz Müntefering, ex vicecancelliere nella prima grande coalizione. In un’intervista di qualche giorno fa, Müntefering si è detto assolutamente contrario al suicidio assistito. Secondo lui il testamento biologico basta e avanza per evitare l’accanimento terapeutico. I giornali spiegavano la posizione di Müntefering ricordando che parlava anche per esperienza vissuta: nel 2007 aveva rimesso il mandato governativo per dedicarsi completamente alla moglie, malata terminale. Il nuovo ministro della Giustizia, Heiko Maas, anche lui socialdemocratico, non vede, invece, di buon occhio nuovi interventi giuridici in materia. Nei vari sondaggi condotti in questi anni la maggioranza dell’opinione pubblica si è dichiarata favorevole alla liberalizzazione, posizione confermata anche dai commenti via web sulla proposta del ministro. Ora c’è chi insinua che Gröhe abbia tirato fuori l’argomento per avere un po’ di visibilità, visto che si ritrova alla guida di un ministero in Germania che non ne garantisce molta. Per altri, Gröhe ha sbagliato completamente le motivazioni che lo spingono a voler norme più severe. Quella del lucro, scrive qualcuno, è un argomento da autogol: perché non è che chi cura i malati, indipendentemente dal fatto che siano terminali o meno, non ci guadagni.
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