C'è un altro Bayern Monaco che fa parlare di sé, ma non gioca a calcio

Francesco Caremani

E' il Bayern Monaco ma in panchina non c’è Guardiola. Sono biancorossi ma non giocano all’Allianz Arena. Hanno conquistato il diritto a partecipare alla massima competizione europea (grazie a una wild card) ma il loro prossimo avversario non sarà l’Arsenal. E’ l’FCBB, la sezione basket della società bavarese, che ha fatto tanta strada e tanta fatica per affermare il proprio diritto all’eccellenza.

    È il Bayern Monaco ma in panchina non c’è Guardiola. Sono biancorossi ma non giocano all’Allianz Arena. Hanno conquistato il diritto a partecipare alla massima competizione europea (grazie a una wild card) ma il loro prossimo avversario non sarà l’Arsenal. E’ l’FCBB, la sezione basket della società bavarese, che ha fatto tanta strada e tanta fatica per affermare il proprio diritto all’eccellenza. Fondata nel 1946, la squadra ha vinto due campionati nel 1954 e ’55 e una coppa nazionale nel 1968 per poi sparire nell’oblio all’ombra dell’unico Bayern fino ad oggi riconosciuto, quello in cui giocava anche Uli Höness, che vinceva tre coppe dei Campioni consecutive e che rappresentava il blocco di una delle nazionali più forti di sempre.

    Uli, appassionato di pallacanestro, seguiva le partite della squadra universitaria e non avrebbe mai creduto che un giorno sarebbe diventato la testa pensante di un progetto ambizioso in una disciplina che l’ha visto solo semplice spettatore. Se oggi l’FCBB è una delle formazioni più forti della Basketball Bundesliga e si è qualificata per la Top 16 dell’Eurolega, eliminando la Montepaschi Siena, gran parte del merito è suo e di quel Dna che ha portato il club sul tetto d’Europa e del mondo solo dopo essere diventato modello economico e organizzativo.

    Quando il vecchio patron, Bernd Rauch, bussava alla porta del board della società il massimo che riusciva a ottenere erano 500.000 euro l’anno e così è stato chiesto ai 220.000 soci se aveva senso continuare a investire nel basket, ottenendo una risposta sorprendente: il 73 per cento ha detto sì. Nel 2010-11 l’FCBB era in seconda divisione (avendo conosciuto anche l’onta dei campionati regionali) ma oggi, forte di budget di 3,5 milioni di euro, ha avuto addirittura la forza d’ingaggiare Steffen Hamann, colonna della gloriosa Alba Berlino con cui ha vinto otto campionati, l’ultimo dei quali nel 2008: “La nostra idea non è quella di copiare il modello del Barcellona o quello del Real Madrid dove la pallacanestro è legata finanziariamente al calcio con risultati deficitari. Qui ognuno ha la sua gestione”, ha sottolineato Höness, presidente del Consiglio di Sorveglianza dell’entità giuridica Bayern e.V.; “Il board ha approvato il progetto di rilancio alla condizione che il football non versasse un euro nell’operazione”, ha ribadito Marko Pesic, general manager dell’FCBB.

    L’inizio è stato difficile, nonostante la promozione nel massimo campionato, con una perdita di 1,5 milioni per poi recuperare fino a ottenere un surplus di 200.000 euro e per la stagione in corso il budget è stato di 11 milioni, quasi il doppio di quello del Gravelines, che con 5,8 è il budget più alto del campionato francese. L’Audi Dome contiene 6.700 spettatori che rappresentano il 25 per cento delle entrate del club, il 70 è assicurato dagli sponsor e solo il 5 dal merchandising, mentre sono inesistenti i diritti televisivi, situazione alla quale Höness spera di porre presto rimedio, insieme alla federazione che vede di buon occhio l’ascesa dell’FCBB quale traino per l’intero movimento, in un Paese in cui il basket diventa ogni giorno più popolare.

    Nel roster ci sono tedeschi, americani, un bosniaco e un serbo, ma l’idea è quella di crescere giovani talenti in casa grazie anche all’arrivo di un coach capace di vincere tutto con club e nazionali in trentatré anni di carriera: Svetislav Pesic, padre di Marko: “Il mio presidente ti vuole parlare”, gli dissero, e la leggenda narra che Höness l’abbia convinto in soli cinque minuti. Nel 2016 sarà pronto il nuovo palazzetto da 10.000 posti (in collaborazione con la Red Bull e la sua squadra di hockey su ghiaccio), mentre Audi, Adidas, Bwin e Flyeralarm sostengono il progetto così come fanno nel calcio, l’unica differenza è la birra: alla Krombacher piace la palla a spicchi e allora la Paulaner ha tenuto i suoi boccali esclusivamente per Schweinsteiger e soci, assidui frequentatori delle partite dell’FCBB.

    Pare invece che Rummenigge non abbia ancora messo piede all’Audi Dome, nemmeno nelle vittorie contro Siena e Malaga, neanche nell’importante affermazione contro il Partizan NIS Belgrado. Uli sa di essere ancora lontano da greci, turchi e russi (dice che in Germania non ci sono mecenati che investono a fondo perduto) ma i tedeschi partono sempre da lontano e quando arrivano se ne accorgono tutti, un giorno forse anche l’indifferente Karl-Heinz.