La mano di poker di Renzi

Claudio Cerasa

Non voglio andare a votare, voglio evitare il disastro alle europee, voglio le riforme costituzionali, voglio abolire questo Senato, non voglio il rimpasto, non voglio la proporzionale, voglio subito una legge elettorale, voglio farla con il governo, potrei farla anche con Berlusconi, insomma voglio farla con chi ci sta, mi basta che sia maggioritaria, ma non voglio togliere la fiducia a Letta anche se in dieci mesi questo governo non ha combinato proprio un bel nulla.

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    Legge elettorale seria, via senato e province, cambiare le regioni. Mi hanno votato per questo. Molti cercano di frenare ma #iononmollo

    — Matteo Renzi (@matteorenzi) January 17, 2014

    Non voglio andare a votare, voglio evitare il disastro alle europee, voglio le riforme costituzionali, voglio abolire questo Senato, non voglio il rimpasto, non voglio la proporzionale, voglio subito una legge elettorale, voglio farla con il governo, potrei farla anche con Berlusconi, insomma voglio farla con chi ci sta, mi basta che sia maggioritaria, ma non voglio togliere la fiducia a Letta anche se in dieci mesi questo governo non ha combinato proprio un bel nulla. A voler essere sintetici, non senza ironia, il succo del messaggio politico che esce dalla prima direzione del Pd renziano potrebbe essere più o meno questo, molti sapori diversi, ed è un messaggio che il segretario del Pd ha volutamente frullato in modo da tenere aperte tutte le partite e lasciarsi ancora qualche giorno di tempo per capire se la tanica di benzina con cui Renzi gira da quando è stato eletto segretario verrà utilizzata come carburante per far girare il motore del governo o più semplicemente verrà utilizzata come combustibile per far esplodere le contraddizioni del governo e andare al voto in concomitanza con le Europee. La partita più importante che si gioca Renzi, lo avrete capito, è legata alla legge elettorale, e anche ieri, durante la direzione, il segretario ha lasciato intendere che da qui a domenica il Pd potrà indifferentemente chiudere un accordo sia con le forze che sostengono il governo (che tradotto significa Angelino Alfano) sia con la principale forza che si oppone a questo governo (che tradotto significa Silvio Berlusconi).

     

    Nel primo caso la legge elettorale in questione si chiama “modello dei sindaci”, ed è un doppio turno di coalizione con premio di maggioranza che scatta al ballottaggio che piace da impazzire non solo al premier e al vicepremier ma anche agli anti renziani del Pd (e il motivo è doppio: il doppio turno è la proposta storica del Pd e con quel sistema elettorale, come dimostra la passione di Alfano per questo modello, i nemici di Renzi si lascerebbero uno spazio utile per muoversi anche fuori dal perimetro del Pd o per riprendersi il partito con le preferenze). Nel secondo caso, invece, la legge elettorale in questione è il sistema spagnolo, piccole circoscrizioni con attribuzione alla lista vincente di un premio di maggioranza del 15 per cento, che piace molto a Berlusconi e che nelle prossime ore sarà ancora l’oggetto della trattativa tra il Pd e Forza Italia. A chi si sta chiedendo quanto ci sia di vero nella trattativa tra il Cav. e Renzi bisogna rispondere partendo da una premessa: Renzi è convinto che alla fine sarà “costretto” a fare una legge elettorale con Letta e Alfano, pensa che il modo migliore per costringere il governo a rispettare i tempi sia utilizzare la trattativa con Forza Italia come fosse una pistola da puntare sulla tempia di Palazzo Chigi ma se dovesse capire che Berlusconi è l’unico che vuole davvero una nuova legge in tempi rapidi non avrebbe problemi a trasformare la benzina in combustibile e a mettere la sua firma sotto quella del Cav.

    Tutto si capirà nelle prossime ore. Entro lunedì, così ha promesso il segretario, dovrebbe essere chiaro quale percorso verrà imboccato dal Pd e quale legge verrà scelta. Renzi, in realtà, vede anche tutta la prossima settimana come un periodo di tempo utile a definire un accordo. E domani capirà, dalla viva voce del Cav., quali sono le sue intenzioni. Renzi e Berlusconi si dovrebbero vedere sabato a Roma, in un luogo non ancora stabilito, con Renzi ci saranno Luca Lotti e Maria Elena Boschi, e con Berlusconi ci sarà Gianni Letta. Il sindaco di Firenze si prepara all’incontro carico di dubbi e di grandi incognite ed è consapevole di due questioni elementari: che il Cav. sotto sotto potrebbe essere tentato di votare con il proporzionale e che fare una legge elettorale con Berlusconi significherebbe portare il Pd vicino a una rottura. Dubbi comprensibili ed evidenti considerando che i numeri ballano e che Pd e Forza Italia, insieme, hanno 360 deputati alla Camera (la maggioranza è a 316) e 168 al Senato (maggioranza 161). A questi numeri vanno aggiunti quelli che potrebbero arrivare in dote da Scelta Civica (otto senatori e venti deputati) ma considerando che il voto sulla legge elettorale è segreto non ha torto chi sostiene che spingersi verso questa direzione potrebbe essere molto rischioso e persino far saltare il Pd (i gruppi parlamentari, in fondo, riflettono equilibri di un’altra era democratica). La pista dell’accordo tra Renzi e Berlusconi, per quanto precaria, per quanto complicata, per quanto poco probabile, è però tenuta in vita dal sindaco anche per un’altra ragione. Renzi vuole ricevere da Letta e Alfano una garanzia precisa sui tempi della legge. Il suo obiettivo, come ha scritto su un foglietto di carta mercoledì mattina durante la segreteria del Pd, è quella di averla a fine febbraio anche al Senato.

    Il governo non garantisce quei tempi e dice a Renzi che la legge si deve fare ad aprile. Tutto dunque si gioca lungo questo filo. E se il segretario del Pd non riceverà una controproposta da Letta e Alfano dovrà scegliere cosa fare: se mettersi nelle mani del governo, e rischiare di vedere incardinata la legge verso un lungo e complicato iter parlamentare, oppure mettersi nelle mani di Berlusconi e fidarsi di lui (o altre eventuali che ancora non si vedono). Al momento Renzi è convinto che la prima strada sia comunque preferibile. Ma l’arma di fine mondo, se il sindaco non riceverà certezze da Letta, potrebbe essere qualcosa in più di un semplice bluff.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.