L'obiettivo di Mosca

Putin traccia una “red line” che unisce Montreux a Sochi

Paola Peduzzi

I francesi sono stati i primi a capire e hanno messo le mani avanti: la Conferenza di pace sulla Siria, apertasi ieri a Montreux, in Svizzera, serve a trovare “un’autorità di transizione dotata di poteri esecutivi”, ha detto il ministro degli Esteri di Parigi, Laurent Fabius. Tutto il resto, soprattutto quella lotta al terrorismo che il regime siriano si picca di portare avanti assieme ai suoi alleati, sul campo Hezbollah e nelle cancellerie Russia e Iran, è di secondaria importanza.

    I francesi sono stati i primi a capire e hanno messo le mani avanti: la Conferenza di pace sulla Siria, apertasi ieri a Montreux, in Svizzera, serve a trovare “un’autorità di transizione dotata di poteri esecutivi”, ha detto il ministro degli Esteri di Parigi, Laurent Fabius. Tutto il resto, soprattutto quella lotta al terrorismo che il regime siriano si picca di portare avanti assieme ai suoi alleati, sul campo Hezbollah e nelle cancellerie Russia e Iran, è di secondaria importanza. Poco prima dell’intervento di Fabius, il ministro degli Esteri siriano aveva detto (sproloquiando ben oltre il tempo stabilito) che l’opposizione al regime di Bashar el Assad era formata da “traditori” e da “agenti stranieri”. E’ questo l’accordo fatto dall’asse che sostiene Assad: in Siria, le forze di Damasco combattono una guerra al terrorismo fondamentalista che persegue il jihad internazionale. Il capo del Cremlino, Vladimir Putin, traccia così la sua linea rossa, che è la collaborazione di tutti contro un nemico comune, il terrorismo, che non riguarda soltanto la Siria ma anche, per esempio, i prossimi Giochi olimpici invernali che si terranno a Sochi, in Russia. Ahmad Jarba, leader dell’opposizione siriana presente a Montreux, ha cercato di smascherare il gioco: “Il regime importa mercenari sciiti in Siria e nel frattempo pretende di combattere il terrorismo”, ma il piano di Putin è ben più articolato e complesso. Basti pensare che nell’Ucraina esplosa di nuovo con scontri feroci tra gli oppositori del presidente Viktor Yanukovich, sostenuto dal Cremlino, e le forze dell’ordine (tre morti, per ora), riecheggiano le stesse parole di Montreux. Il premier ucraino, Mykola Azarov, ha detto che nelle strade di Kiev stanno operando “terroristi”, sostenuti dagli stranieri.

    Quando c’è stato, a fine dicembre, il doppio attacco a Volgograd, nel sud della Russia, sono iniziate a circolare voci complottarde sul coinvolgimento dei sauditi: Riad starebbe finanziando gli islamisti che operano nel Caucaso del nord, e le bombe di Volgograd sarebbero la risposta dei sauditi alla politica dei russi in Siria, che è naturalmente contraria e avversa a quella di Riad. Alcuni retroscena erano ancora più complottisti: il capo dell’intelligence saudita, il famoso principe Bandar bin Sultan (lo stesso che ha gridato tutta la sua rabbia contro gli americani che non hanno voluto fare la guerra contro Assad), sarebbe andato per ben due volte a Mosca per convincere il Cremlino a trovare un accordo, ma entrambe le missioni sarebbero fallite. Ecco che allora Riad si è vendicata. Non ci sono conferme né dichiarazioni che possono avallare tale ricostruzione: quel che si sa però è che almeno tre “vedove nere” che hanno colpito a Volgograd sarebbero già a Sochi, un leader militare legato alle tre donne è stato ucciso ieri dalle forze russe in Daghestan (una regione che dista 600 chilometri da Sochi). Il filo rosso terroristico – con zampino saudita – è presto delineato.

    Le offerte degli americani
    L’obiettivo dei russi è portare gli Stati Uniti dalla propria parte, non in termini ideologici s’intende, ma nei fatti: la lotta al terrorismo è invitante – e necessaria – anche per Barack Obama. A Mosca ricordano che, quando c’è stata la bomba alla maratona di Boston e si è scoperto che gli autori dell’attentato erano ragazzi provenienti dal Daghestan, il capo del Pentagono Chuck Hagel e il collega alla Difesa russa, Sergei Shoygu, parlarono di unire le forze per combattere insieme il terrorismo. A Sochi, in vista dei Giochi invernali che sulla carta sembrano i più pericolosi di sempre, la collaborazione tra americani e russi è già avviata. Putin ha schierato almeno 60 mila soldati (a Londra, nel 2012, ce n’erano meno della metà), il premier Dmitri Medvedev ha firmato un ordine esecutivo che permette alle autorità di intercettare telefonate ed email di atleti, giornalisti stranieri e accompagnatori. Il Pentagono ha offerto sostegno via terra e via mare, due navi nel mar Nero, se necessarie, e ha offerto di condividere con i russi strumenti elettronici sofisticati capaci di far detonare bombe da lontano. C’è chi dice che Putin si potrebbe offendere, le armi russe sono già sofisticate!, ma forse metterà da parte l’orgoglio: portare l’America sulla propria linea rossa è strategicamente ben più decisivo, anche per salvare Assad in Siria.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi