Grillo deluso dalla stampa estera che gli fa domande da stampa italiana

Marianna Rizzini

Poteva (voleva?) essere la conferenza stampa del leader politico, e non solo del mattatore mediatico, che dice: convoco la stampa estera, parlo di Europa, fiscal compact e Bankitalia, vi snobbo, mi annoiate e comincio da qui la mia campagna elettorale per le Europee. E poteva anche essere interessante, l’evento previsto alla Stampa estera ieri mattina, con stampa italiana relegata a sbirciare in streaming o a inseguire fuori dalla porta, se fosse stato quello che prometteva: “Beppe Grillo contro l’Europa dell’austerity”.

     Poteva (voleva?) essere la conferenza stampa del leader politico, e non solo del mattatore mediatico, che dice: convoco la stampa estera, parlo di Europa, fiscal compact e Bankitalia, vi snobbo, mi annoiate e comincio da qui la mia campagna elettorale per le Europee. E poteva anche essere interessante, l’evento previsto alla Stampa estera ieri mattina, con stampa italiana relegata a sbirciare in streaming o a inseguire fuori dalla porta, se fosse stato quello che prometteva: “Beppe Grillo contro l’Europa dell’austerity”. Solo che l’Europa dell’informazione, su cui Grillo tanto ha sospirato (“magari qui ci fosse la Bbc, e invece abbiamo la Rai”, diceva ancora ieri al bar della Stampa Estera, prima di cominciare), non lo guarda più come lui vuole essere guardato, cioè come unica mercanzia buona tra mille scaffali di merce avariata. Ormai loro, i cronisti esteri, gli fanno domande che non piacciono a chi, come lui, ora vorrebbe “sognare” e vorrebbe che loro, gli stranieri, lo trattassero con “rispetto”. “Non potete non vedere”, dice Grillo mentre l’inviato della Radio svizzera gli fa notare che ha trovato “fallimentare” il voto online sulla legge elettorale, visto il numero di partecipanti, “soltanto” ventimila, e mentre il corrispondente danese gli racconta meravigliato che “in Nord Europa non si capisce bene perché non contribuiate a fare, invece di limitarvi a criticare”.

    E non importa se Grillo e la senatrice a Cinque Stelle Barbara Lezzi si affannino a dire che “sui singoli provvedimenti” il M5s “cerca sempre l’alleanza” (i cattivoni sono gli altri, è il sottinteso neanche troppo sottinteso). Non importa neppure che Grillo si sbracci a dire che i Cinque Stelle vengono visti “come anomalia” e pericolo non solo dalle Alpi alla Sicilia ma pure “dalla Troika” e dalla “Bce”. Nulla conta, a questo punto, perché alla stampa estera pare interessare quello che interessa ai cronisti italiani assiepati fuori: la legge lettorale, Renzi, Letta e tutto il cucuzzaro, e non la disquisizione di stampo casaleggiano sulla “scomparsa del lavoro”, il reddito di cittadinanza e la “crescita che non produce occupazione”. Di questo avrebbe voluto parlare, Grillo, ma soltanto una domanda del Wsj sembra permettergli di rifugiarsi per un po’ nella decrescita felice, ché un attimo dopo già si riparla di Italicum e compagnia bella. E a quel punto al Grillo in fase internazionale riparte il braccio del dottor Stranamore (che nel suo caso è la virata verso il comizio vittimistico e/o megalomane).

    Riecco Matteo Renzi “ebetino” che fa accordi “di notte con un pregiudicato” e Giorgio Napolitano “gravemente” silente sull’Italicum che “non ci lascia scampo” e gli “ipocriti” che obbligano a non collaborare e il futuro che prima o poi sorriderà agli audaci (“vinceremo le Europee”, dice per convincere anche se stesso, assicurando nel contempo di tornare a fare il comico in caso gli italiani rivotino per “questi cialtroni”). E siccome i cronisti esteri addirittura esportano su scala europea l’eterno dilemma (“vi alleerete o no?”), Grillo, come davanti agli studenti disattenti, ripete mesto che i Cinque Stelle andranno da soli. Poi si tuffa nell’argomento che un tempo avrebbe provocato copertine dell’Economist a gò-gò: “Almeno questo concedetecelo: senza di noi, e senza la lotta sul voto palese, Berlusconi sarebbe ancora in Senato”. Ma i cronisti esteri neppure rumoreggiano.
     

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.