Facebook è morto? No
Facebook è morto. Di nuovo. Da qualche tempo prevedere la fine del social network inventato nel 2004 da Mark Zuckerberg è diventato un simpatico passatempo di analisti, esperti e ricercatori. Non passa mese senza che un’intervista a qualche illuminato esperto di nuovi media, un retroscena con numeri interni arrivati alla stampa chissà come, o uno studio di qualche università cerchino di dimostrare che ormai è cominciata la parabola discendente per la piattaforma che ha messo in collegamento centinaia di milioni di persone in tutto il mondo permettendo loro di condividere foto, video, immagini, link e pensieri più o meno indispensabili.
Facebook è morto. Di nuovo. Da qualche tempo prevedere la fine del social network inventato nel 2004 da Mark Zuckerberg è diventato un simpatico passatempo di analisti, esperti e ricercatori. Non passa mese senza che un’intervista a qualche illuminato esperto di nuovi media, un retroscena con numeri interni arrivati alla stampa chissà come, o uno studio di qualche università cerchino di dimostrare che ormai è cominciata la parabola discendente per la piattaforma che ha messo in collegamento centinaia di milioni di persone in tutto il mondo permettendo loro di condividere foto, video, immagini, link e pensieri più o meno indispensabili.
L’ultima in ordine di tempo è la ricerca di John Cannarella e Joshua Spechler, del dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale dell’Università di Princeton. I due studiosi hanno applicato a Facebook il modello di diffusione delle malattie (crescita sostenuta, picco, declino), e giungendo alla conclusione che nel giro di un biennio l’affollato social network blu diventerà landa desolata in cui bazzicheranno ancora pochi genitori di quei teenager che – secondo un altro studio ancora – già lo stanno abbandonando. Lo studio di Cannarella e Spechler in effetti si applica alla perfezione a Myspace, social network abbandonato e fallito dopo essere stato divorato dallo spam in epoca ormai considerabile preistorica. Tutto molto bello e interessante, peccato che Facebook con MySpace abbia poco da spartire, notava un articolo di The Week due giorni fa: il social oggi in mano al cantante Justin Timberlake venne venduto pochi anni dopo la sua nascita a Murdoch, il quale non lo capì e dopo qualche tentativo di rilancio lo abbandonò a se stesso; contemporaneamente i profili degli utenti vennero invasi da insopportabili messaggi spam, fino a che gli iscritti cominciarono a migrare verso nuove piattaforme in crescita, prima fra tutte Facebook. La creatura di Zuckerberg è guidata ancora dal suo fondatore dopo dieci anni, ha un buon filtro anti spam e guadagna sempre più soldi. Il Wall Street Journal martedì riportava sì i dati sui teenager in fuga verso nuovi social network, ma sottolineava anche come sia “troppo presto per scavargli la fossa”: secondo una ricerca di GlobalWebIndex, circa l’83 per cento di chi naviga sul web oggi ha un profilo Facebook, e la metà di loro vi accede con discreta frequenza, adolescenti compresi. Un lungo articolo sul sito della rivista Studio mercoledì ricordava che “il rendimento proveniente dal settore mobile è incrementato fino a toccare quota 49 per cento e gli utenti attivi mensili registrati erano 1 miliardo e 190 milioni”. Il 29 gennaio sono attesi nuovi dati ufficiali sugli utenti, ma parlare di declino leggendo certi numeri appare azzardato: YouTube, Twitter e altri social di successo non riescono nemmeno ad avvicinarsi a certi risultati.
Certamente un rischio rimane, ricordava ancora l’articolo di The Week, e cioè che prima o poi gli utenti comincino a spostarsi in massa su un nuovo social network (magari dove ricominciare senza il controllo di mamma e papà o di colleghi e amici impossibili ormai da cancellare). Questa sì, sarebbe una fine in perfetto stile Myspace. Anche in questo caso, però, Zuckerberg non appare sprovveduto, e lo ha già dimostrato: mentre negli ultimi tempi cresceva il peso dei vari Snapchat, Instagram, Reddit, Tumblr, Twitter, e WhatsApp, per nominarne solo alcuni, Facebook ha avuto l’intuizione (e il portafoglio) di comprarsi quella che più poteva crearle problemi, Instagram. Il social network di condivisione di foto e video con filtri vintage è in crescita vertiginosa da mesi, ed è tutto fieno nella cascina di Zuckerberg. In definitiva, Facebook in quanto social network potrà anche fallire, prima o poi, ma Facebook in quanto azienda no: ha talmente tanti soldi e fiuto che le basterà comprarsi la next big thing in arrivo. E continuare a vivere in eterno, o quasi.
Il Foglio sportivo - in corpore sano