La brutta aria da agosto 1914 che tira tra Cina e Giappone

Giulia Pompili

Quelle riportate dal Foglio qui non sono state le uniche dichiarazioni di Shinzo Abe al Forum economico di Davos. Il premier giapponese, poco prima di pronunciare il suo discorso, si è intrattenuto con i giornalisti, e le sue parole a margine servono a capire meglio cosa intenda con “pace e stabilità”: se fossero turbate, avverte, “le conseguenze sarebbero enormi per il mondo intero”.

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    Quelle riportate dal Foglio qui non sono state le uniche dichiarazioni di Shinzo Abe al Forum economico di Davos. Il premier giapponese, poco prima di pronunciare il suo discorso, si è intrattenuto con i giornalisti, e le sue parole a margine servono a capire meglio cosa intenda con “pace e stabilità”: se fossero turbate, avverte, “le conseguenze sarebbero enormi per il mondo intero”. Commentando esplicitamente gli attuali rapporti diplomatici tra i paesi del Pacifico, Abe ha detto che la Cina e il Giappone sono in una “condizione simile” a quella in cui si trovavano Gran Bretagna e Germania prima del 1914. Allora, infatti, gli stretti legami economici non hanno impedito ai due paesi di dare l’inizio alla Prima guerra mondiale. Le dichiarazioni (di guerra?) di Abe hanno poi costretto il suo capo dello staff, Yoshihide Suga, a correggere il tiro: il premier non intendeva dire che una guerra sino-giapponese potesse essere imminente. Quel che è certo è che il Giappone non tollera più l’espansionismo militare della Cina, considerato una delle principali fonti di instabilità della regione. Per questo nel suo discorso Abe fa più volte riferimento alla necessità di ridurre le spese militari (lo fa senza citare mai la Cina ma è chiaro che il messaggio è diretto a Pechino, visto che Tokyo ha da poco aumentato il proprio budget militare).

    Per Abe il Giappone ha fatto una promessa di stabilità e pace, ma non è l’unico a credere che se una guerra mondiale dovesse scoppiare oggi, a iniziarla non potrebbero che essere la Cina e il Giappone. Il primo gennaio scorso, in occasione del centenario dall’inizio della Prima guerra mondiale, è stato Graham T. Allison dalle colonne della National Interest a delineare uno scenario possibile per una “nuova Grande guerra”. Allison, negli anni Settanta consigliere di Jimmy Carter per la politica estera e oggi professore di Scienze politiche a Harvard, scrive che “la Russia non è più un grande power-player, l’Europa si è disarmata, il medio oriente, l’Africa e l’America latina sono arene per le guerre locali. Nella crescente competizione tra Stati Uniti e Cina, tuttavia, si possono sentire echi del 1914”. E il Giappone è il principale alleato asiatico dell’America, con il quale ha firmato un trattato di difesa reciproca. Dunque, secondo Graham,  è verosimile che una Terza guerra mondiale possa iniziare proprio dal Pacifico: “Storicamente uno dei più sicuri indicatori di un possibile conflitto sono le dispute territoriali”. Del resto Pechino e Tokyo non erano mai state così distanti dalla fine della Seconda guerra mondiale. E tutto è iniziato proprio con la disputa territoriale sulle isole Senkaku (chiamate dai cinesi Diaoyu). Poi, nel novembre scorso, c’è stata la provocazione di Pechino con la dichiarazione di un’area di controllo aereo molto più estesa dei suoi confini naturali. Infine la visita di Shinzo Abe al santuario Yasukuni, quello che celebra gli eroi di guerra, interpretata da Pechino come un’apologia del passato belligerante del Giappone.

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    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.