Te la brucio quella chitarra
Air Guitar si chiama quella pratica che consiste nel fingere di suonare una chitarra in realtà inesistente: un gioco che fu consacrato nel 1969 da una famosa performance di Joe Cocker a Woodstock. Dal 1996 ne esiste addirittura un campionato mondiale disputato nella città finlandese di Oulu, che esteso a un intero complesso strumentale fittizio prende nome di Air Band, pratica a sua volta resa famosa dalla serie tv Scrubs. Un gioco, va ripetuto. Ma, come dicevano i Blues Brothers, è quando il gioco si fa duro che i duri incominciano a giocare.
Air Guitar si chiama quella pratica che consiste nel fingere di suonare una chitarra in realtà inesistente: un gioco che fu consacrato nel 1969 da una famosa performance di Joe Cocker a Woodstock. Dal 1996 ne esiste addirittura un campionato mondiale disputato nella città finlandese di Oulu, che esteso a un intero complesso strumentale fittizio prende nome di Air Band, pratica a sua volta resa famosa dalla serie tv Scrubs. Un gioco, va ripetuto. Ma, come dicevano i Blues Brothers, è quando il gioco si fa duro che i duri incominciano a giocare. E in Iran, dove dal 1979 la rivoluzione khomeinista ha proibito di mostrare strumenti musicali alla televisione nazionale pur senza vietare anche la musica, il 18 gennaio il popolare gruppo musicale Pallett in diretta sulla catena Amouzesh si è trasformato in Air Band, mimando l’esecuzione della loro hit "Yadegar-è Doost - Il ricordo di un amico”: uno stile di World Music fatto di musica tradizionale iraniana, jazz e musica balcanica alla Goran Bregovic, con esiti che evocano curiosamente anche lo stile ebraico klezmer: clarinetto, violoncello, chitarra e contrabbasso, per protesta tutti rigorosamente virtuali.
Una volta tanto una protesta non strumentale, nel senso più letterale del termine. E se può sembrare curiosa questa allergia per gli strumenti musicali, in realtà non è affatto inusitata: i seguaci di Girolamo Savonarola li bruciavano sui falò delle vanità, i talebani per evitare ogni tipo di canto uccidevano perfino gli uccelli in gabbia, e i Khmer rossi, che emulando le Guardie rosse di Mao che durante la Rivoluzione culturale si accanivano in particolare sui pianoforti, considerati emblema della cultura borghese passando per le distruzioni di strumenti dei khmer rossi. D’altra parte, lo stesso Mao era un dichiarato ammiratore dell’imperatore Shih Huang-ti che nel 212 a.C., durante la Rivoluzione culturale passata alla Storia come “Bruciatura dei libri e sepoltura degli eruditi”, aveva fatto buttare anche gli strumenti musicali nei roghi. Come in una specie di rezione, la Cina capitalista di oggi sta esorcizzando l’incubo maoista non solo lanciandosi nel mercato, ma anche rendendosi protagonista di quella che è stata definita una vera e propria “piano-mania”. Almeno 40 milioni di ragazzini lo stanno studiando, spesso diventando famosi a età da giovani Mozart. C’è una produzione che copre il 76,9 per cento dell’industria mondiale ma che non basta alla domanda interna, per cui addirittura ne vengono importati. In pratica per il nuovo ceto medio cinese avere un pianoforte in casa e un figlio che lo suona è diventato un simbolo di ascesa sociale analogo a quello che era stato per il ceto medio occidentale tra Ottocento e primo Novecento, prima della diffusione di massa dei giradischi. E, al di là del simbolo, per un bravo pianista si possono aprire effettivamente ampi spazi di carriera, come si scopre dalla popolarità di star internazionali come Lang Lang o Li Yundi. Risvolto della medaglia: la ressa per iscriversi ai conservatorii è tale che sulle liste di attesa intervengono in maniera pesante le raccomandazioni delle nomenklature di partito, con relativi scandali.
Insomma, una politica per estirpare uno strumento musicale ha finito per consacrarlo. Un po’ il contrario di quello che era successo nell’Unione Sovietica, dove dopo la Rivoluzione Russa si era deciso di promuovere la balalaika come strumento “proletario” al posto della chitarra, giudicata invece “borghese”. A parte la creazione di orchestre di balalaike questa linea si esprimeva nell’imposizione di prezzi differenziati. Solo che essendo i materiali di partenza e il costo di produzione praticamente identici e essendo poi premiati i direttori delle fabbriche di stato in base agli utili delle vendite, quasi tutti preferivano fabbricare chitarre che a prezzi maggiori permettevano anche un maggior guadagno. Un risultato spesso citato dagli economisti come esempio dei cattivi risultati dell’economia pianificata.
Eterogenesi dei fini strumentali d’altronde analoga a quella delle autorità inglesi, quando dopo la rivolta giacobita e la battaglia di Culloden nel 1746 vietarono la cornamusa come simbolo di identità scozzese. Le cronache riportano addirittura il nome di un suonatore di nome James Reid che fu impiccato, benché al processo i suoi avvocati avessero dimostrato che non aveva mai portato armi in battaglia. Ma il giudice decise che “un reggimento delle Highlands non marcia mai senza uno zampognaro, quindi ai sensi della legge la cornamusa di Reid era uno strumento di guerra”. Proprio per questo motivo, però, furono gli stessi eserciti di sua Maestà dopo un po’ non solo a reintrodurre le bagpipies, senza cui i soldati scozzesi non combattevano al massimo, ma a spargerle per tutti i territori toccati dalla colonizzazione britannica, dal Canada all’India, trasformandole così da simbolo antibritannico a emblema dell’Impero.
Strumento di significato politico divenne anche il charango boliviano, quando gruppi musicali legati al Partito Comunista Cileno come i famosi Inti Illimani lo introdussero come ingrediente di un folklore “di sinistra” contrapposto al folklore “di destra” di altri gruppi come gli Huasos Quincheros, legati alla tradizione della chitarra. Formalmente vietato dal regime di Pinochet, il charango continuò a essere usato come simbolo di opposizione. Per questo fu considerato uno dei segni più importanti di una nuova linea di superamento delle contrapposizioni del passato quando Sebastián Piñera riuscì a farsi eleggere presidente del Cile per la destra inserendo il suono del charango nei suoi jingles.
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