Ultima tratta

Le mosse di Renzi per non trasformare in un pacco il patto con il Cav.

Claudio Cerasa

Matteo Renzi dice che non si farà ingabbiare, che sulla legge elettorale non si scherza, che le carte sono ormai in tavola, che nessuno può bluffare, che tutto è migliorabile e che però stavolta l’accordo c’è, viaggia sull’asse Palazzo Vecchio-Palazzo Grazioli, e che per questo il treno su cui il sindaco è salito con Berlusconi non si fermerà a metà percorso e arriverà in stazione. Questa la versione di Renzi, veritiera per molti versi. Ma la cronaca della giornata di ieri ci offre anche elementi utili a comprendere come sui binari del Pendolino esistano ancora alcuni ostacoli.

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    Matteo Renzi dice che non si farà ingabbiare, che sulla legge elettorale non si scherza, che le carte sono ormai in tavola, che nessuno può bluffare, che tutto è migliorabile e che però stavolta l’accordo c’è, viaggia sull’asse Palazzo Vecchio-Palazzo Grazioli, e che per questo il treno su cui il sindaco è salito con Berlusconi non si fermerà a metà percorso e arriverà in stazione. Questa la versione di Renzi, veritiera per molti versi. Ma la cronaca della giornata di ieri ci offre anche elementi utili a comprendere come sui binari del Pendolino esistano ancora alcuni ostacoli.

    Renzi, per tutto il pomeriggio, pur ostentando una certa tranquillità, al punto da non aver rinunciato a inaugurare nel bel mezzo delle trattative una pista ciclabile a Firenze, quasi a voler dire che i problemi non sono miei ma sono degli altri, ha camminato sul filo, a un passo dal grande accordo o dalla clamorosa rottura. Ma anche alla luce della telefonata avuta in serata con il Cav. si può dire che il “patto” non sembra avere acquisito le caratteristiche di un “pacco”. E alla fine tra Pd e Forza Italia la distanza è fatta di dettagli. Il primo riguarda la soglia prevista per raggiungere il premio di maggioranza.

    Berlusconi aveva già “concesso” di alzare la soglia dal 33 per cento al 35, e il testo depositato in commissione prevede un premio pari al 18 per cento (chi supera il 35 per cento ottiene il 18 per cento di seggi in più). Renzi, sollecitato dalla minoranza Pd e incalzato da Napolitano (che vuole un premio simile a quello esistente in Spagna e in Grecia, e dunque del 15 per cento e non del 18 ) ha chiesto a Berlusconi di far salire l’asticella a quota 38. Berlusconi non vuole. Mantiene la linea. Possibile un accordo intorno al 37. A questo (oltre alle trattative sul ridisegno dei collegi, che il Cav. vuole evitare sia solo materia governativa) si aggiungono la richiesta della Lega, che protesta per lo sbarramento all’8 per cento per i partiti non coalizzati, e la richiesta di Sel, che protesta per lo sbarramento al 5 per i partiti coalizzati. Dettagli. Dietro i quali, però, si nasconde un fantasma che per la prima volta alcuni renziani hanno individuato all’orizzonte: il pacco.

    Il fantasma del “pacco” è un incubo che i renziani temono ma con cui dovranno fare i conti finché la legge elettorale non sarà ben incardinata sui binari parlamentari. L’incubo corrisponde a una tentazione precisa di alcuni berlusconiani: far saltare il patto, costringere Renzi a far cadere il governo, votare con la legge elettorale ultra proporzionale disegnata dalla Consulta e prendere due piccioni con un’unica esca: fine dell’esecutivo Letta, olè, e fine delle chance di Renzi di vincere le elezioni, doppio olè. Il rischio della trasformazione del patto in un pacco, considerando la propensione naturale del Cavaliere a muoversi sul campo senza dare punti di riferimento all’avversario, esiste. Renzi – che nelle ultime ore è riuscito a mettere insieme le anime del partito, portando dalla sua parte anche Letta e mostrando un controllo non scontato sui gruppi parlamentari – è però convinto di superare l’ostacolo e punta sul fatto che Berlusconi ha interesse a rimanere nella partita, a non perdere politicamente la centralità oggettiva riconquistata grazie al treno partito dieci giorni fa da Largo del Nazareno. Per non parlare poi del fatto che se fosse Berlusconi a far crollare tutto, e non il Pd, Renzi non è detto che sarebbe disposto davvero a far cadere il governo. Tutto gira dunque attorno ai dettagli.

    E dei dettagli (e degli emendamenti) si è discusso in Commissione Affari costituzionali, convocata alle 22 alla Camera, segno che i tempi sono veloci e che già oggi potrebbe esserci il voto sempre in Commissione). Renzi domani vorrebbe portare la legge in Aula, farla votare entro metà febbraio e avere in tasca l’ok del Senato entro l’inizio di aprile. Si decide tutto in queste ore. Poi si discuterà anche di rimpasti e di Letta Bis. Renzi proverà a non farsi incastrare nel governo e a “offrire” solo alcuni dei suoi a Letta (Alfano ieri ha minacciato: “O si fa un rimpasto con Renzi o cade il governo”). Di questo si parlerà più avanti, e solo dopo il via libera alla legge elettorale. Il patto non è ancora un pacco. Il treno è partito. Poi ci sarà il voto segreto. Il Pd per ora tiene. Tutto sta nel capire se Berlusconi riuscirà a resistere alla tentazione di far saltare tutto e costringere Renzi a far cadere il governo. Oggi trattasi di fantasma, solo di un rischio. Domani chissà.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.