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Napolitano non teme Grillo, ma non gli offrirà pretesti per incanaglire

Alessandro Giuli

Giorgio Napolitano sa bene che in Italia non esiste l’impeachment, e che la nostra procedura per la messa in stato d’accusa del capo dello Stato (per alto tradimento o attentato alla Costituzione) prevede passaggi lunghi, circoscritti e puntellati da contrafforti ultra garantisti. Non ultima la maggioranza qualificata con la quale il Parlamento – posto che l’apposita giunta bicamerale non archivi la pratica in tempi stretti – dovrebbe consegnare alla Corte costituzionale il diritto/dovere di sentenziare sul presidente.

Rizzini Bivacchi a 5 stelle

    Giorgio Napolitano sa bene che in Italia non esiste l’impeachment, e che la nostra procedura per la messa in stato d’accusa del capo dello Stato (per alto tradimento o attentato alla Costituzione) prevede passaggi lunghi, circoscritti e puntellati da contrafforti ultra garantisti. Non ultima la maggioranza qualificata con la quale il Parlamento – posto che l’apposita giunta bicamerale non archivi la pratica in tempi stretti – dovrebbe consegnare alla Corte costituzionale il diritto/dovere di sentenziare sul presidente. Di qui la maîtrise de soi (non sdegnosa) con la quale ieri Napolitano, interpellato al riguardo, ha quasi esortato a che la richiesta dei Cinque stelle contro di lui “faccia il suo corso”. La frase è stata sottolineata da un gesto concessivo espresso con il braccio sinistro. Come a dire: si accomodino.

    Una volta stabilita la genealogia tutta propagandistica dell’iniziativa pentastellata (in gestazione da mesi, ma le europee sono alle porte e i sondaggi languono), riconosciuti a Grillo il suo consumato senso scenico e una buona cognizione dei tempi teatrali, risulta chiaro che l’offensiva contra personam è destinata al fallimento. Perfino il più temibile Pds di Achille Occhetto, sul finire del ’91, ebbe l’intelligenza politica di non valicare il limite delle cattive intenzioni contro Francesco Cossiga. Napolitano fa bene a non riconoscere in Grillo la statura di un antagonista, ed è dubbio che vada appresso con eccessivo fragore alle intemerate dei Cinque stelle contro il Quirinale (comprese le provocazioni vaniloquenti colate come fango intorno alla trattativa stato-mafia). E’ Grillo ad aver dissipato l’immagine d’interlocutore impegnativo ma rispettoso offerta con la sua visita del luglio scorso a Napolitano.

    Ora il capo dello Stato vede più vicino l’obiettivo riformista in nome del quale ha accolto la propria rielezione (pro tempore), e si limita a presidiare le linee di confine tracciate dalle sue prerogative costituzionali: nessuna debolezza nei confronti delle pulsioni antisistemiche, ma anche vigilanza costante sui lavori parlamentari per non offrire alcun pretesto strumentale ai maestri cantori del complottismo. In altri termini: massima attenzione al profilo di costituzionalità di provvedimenti cardine, come ad esempio la legge elettorale.

    Il 23 ottobre scorso, al congresso dell’Anci, Napolitano chiese invano che “la dignità del Parlamento e delle forze politiche” non lasciasse campo libero alla Suprema corte (“altra istituzione, di suprema autorità ma non preposta a dare soluzioni legislative”). Sappiamo come è andata a finire, e sappiamo che il Quirinale non firmerà leggi contrarie a una sentenza, quella contro il porcellum, che il Parlamento non ha saputo disinnescare preventivamente.

    Rizzini Bivacchi a 5 stelle