Bivacchi a 5 stelle
Lo sguardo all’erta, i lineamenti tesi, i capelli (pure) tesi, la solennità di chi parla per i posteri, l’accento romano che dimentica di farsi vivo: la senatrice a cinque stelle Paola Taverna, anche autrice di stornelli apprezzati in rete, sta facendo il discorso della Corona. Non la sua: quella di “Re Giorgio” (Napolitano), il presidente della Repubblica che i grillini vogliono mettere in stato d’accusa per atteggiamento “monarchico”, motivo per cui presentano denuncia nei due rami del Parlamento e convocano la stampa. “Bentornati ai tempi di Luigi XIV, uno che diceva ‘sul mio impero non tramonterà mai il sole’”, esclama Taverna (anche se la frase era di Carlo V).
Lo sguardo all’erta, i lineamenti tesi, i capelli (pure) tesi, la solennità di chi parla per i posteri, l’accento romano che dimentica di farsi vivo: la senatrice a cinque stelle Paola Taverna, anche autrice di stornelli apprezzati in rete, sta facendo il discorso della Corona. Non la sua: quella di “Re Giorgio” (Napolitano), il presidente della Repubblica che i grillini vogliono mettere in stato d’accusa per atteggiamento “monarchico”, motivo per cui presentano denuncia nei due rami del Parlamento e convocano la stampa. “Bentornati ai tempi di Luigi XIV, uno che diceva ‘sul mio impero non tramonterà mai il sole’”, esclama Taverna (anche se la frase era di Carlo V). Alla Camera, intanto, è già successo tutto: commissioni bloccate, commessi schierati, baruffe con deputati e deputate pd, filibustering persino sull’intervista televisiva del capogruppo pd Roberto Speranza (il deputato Alessandro Di Battista ci prende gusto, al punto che l’ostruzionismo lambisce pericolosamente la sbruffonaggine). “Attentato alla Costituzione”, dicono i Cinque stelle nel giorno in cui la rivolta deve diventare assordante per respingere alle porte (ma fino a quando?) il fantasma dell’irrilevanza politica: la legge elettorale, fatta senza M5s per volere del M5s, è in piena corsa, e a forza di Aventino solo il pugno di mosche è a portata di mano. Ma Beppe Grillo annuncia per oggi l’arrivo a Roma, dai suoi “guerrieri meravigliosi” che fanno la “Resistenza”.
Ostruire senza scomparire, questo è il problema. Ma c’è la benedizione di Gianroberto Casaleggio, comparso il giorno prima tra i ragazzi a dare consigli come un guru di modernariato, più che come un guru moderno della rete (“ma che fa?, pare Toni Negri”, è la frase che echeggia in un crocchio di cronisti esperti che c’erano ai tempi di Toni Negri).
“Attentato alla Costituzione”, Parlamento “espropriato” della “funzione legislativa”, è l’accusa dei senatori grillini a Napolitano. “Doppia elezione” colpevolmente “accettata”, è l’imputazione aggiuntiva (e bislacca) che risuona al Senato mentre, alla Camera, la commissione Affari costituzionali è in subbuglio: si odono urla dalla stanza dove si esamina la legge elettorale e dove i Cinque stelle bloccano gli altri deputati, accusando di lesa democrazia il presidente e relatore Francesco Paolo Sisto che, dicono, “ha fatto votare in quattro e quattr’otto”, senza neanche “controllare il numero legale” (più tardi annunciano “ricorso alla Consulta per annullare il voto in commissione sulla legge elettorale”). Nel bailamme, tutti si sentono con l’alibi giusto: i grillini si sentono vittime per la “ghigliottina” agli interventi applicata dalla presidente Laura Boldrini la sera precedente, per la prima volta nella storia italiana (l’ex senatore pd e costituzionalista Stefano Ceccanti, su Twitter, non resiste al commento: “Al di là di parola tagliola o ghigliottina resta fatto che accelerazione tempi non ha tagliato nessun emendamento né odg ma solo dichiarazioni voto”). Ma anche i deputati degli altri partiti si sentono vittime di chi “blocca i lavori”: non si può andare per il sottile (e non ci si va). Un comune denominatore tra le due parti in lotta c’è, ma non si vede: molti, anche nel Pd, vorrebbero che Stefano Dambruoso (Scelta civica), questore ed ex magistrato “si dimettesse” (la sera prima le telecamere l’hanno immortalato mentre fermava a “manate” la deputata grillina Loredana Lupo – Dambruoso poi, in ritardo, dirà “involontariamente”, ma non basta alla Lupo e nemmeno a molti colleghi). Quando tutto precipita, spunta addirittura un nuovo “caso Sallusti” (Alessandro). Che c’entra? C’entra, perché Napolitano, dice Paola Taverna, ha esercitato “improprio potere di grazia” nel caso del direttore del Giornale, la cui pena detentiva “è stata commutata in pena pecuniaria”. Il presidente della Repubblica, si legge nell’atto depositato dai Cinque stelle, “ha minato” la “rigidità costituzionale” e si è macchiato di “mancato esercizio di potere di rinvio”, ma la parte del leone, per i grillini, è l’accusa di “ingerenza nei confronti della magistratura” (il professor Ceccanti a quel punto trasferisce le perplessità sul suo blog, dove scrive un post sullo “strampalato attacco” dei Cinque stelle a Napolitano). E’ chiaro a tutti, finanche ai Cinque stelle, che quello che pomposamente chiamano “impeachment” non incontrerà alcun seguito in Parlamento. Ma prevale la costruzione di una realtà parallela di “Resistenza” (quella di cui parla Grillo) che alimenta il tic del racconto epico: gli aneddoti della serata con “ghigliottina” e delle successive nottata e mattinata di “occupazione” vengono tramandati di bocca in bocca tra i corridoi. In Aula entrano solo in tre. La legge procede. L’importante non è partecipare.
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