Il dispiacere del giovane renziano (e non solo il suo) per il ciao ciao di Fiat
Remember Fiat? Mercoledì 29 gennaio 2014 nasce la FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e sulle agenzie di stampa compare (ore 15 e 58) l’acuto commento di Filippo Taddei, responsabile economico della segreteria del Pd: “E’ un’impresa che non è più italiana. A noi dispiace”. Ha capito tutto, il Taddei. La rivoluzione di Sergio Marchionne è il fatto della settimana, corre sugli schermi e le rotative di tutto il mondo, ma che volete farci, “dispiace”.
Remember Fiat? Mercoledì 29 gennaio 2014 nasce la FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e sulle agenzie di stampa compare (ore 15 e 58) l’acuto commento di Filippo Taddei, responsabile economico della segreteria del Pd: “E’ un’impresa che non è più italiana. A noi dispiace”. Ha capito tutto, il Taddei. La rivoluzione di Sergio Marchionne è il fatto della settimana, corre sugli schermi e le rotative di tutto il mondo, ma che volete farci, “dispiace”. Ha salvato una Fiat decotta, ma “dispiace” e guai a gioire perché Susanna Camusso giovedì 30 gennaio (ore 12 e 53) dice che Fiat ha deciso “di ridurre il suo contributo fiscale al paese” ed Enrico Letta spiega che “ciò che conta ora sono i posti di lavoro, il numero delle macchine vendute”. Giusto. Però chi governa e chi dice di difendere il lavoro più che prodigarsi in consigli al manager della Fiat – mancano gli schizzi sui prototipi da mandare in produzione, ma arriveranno – dovrebbe darsi una mossa su costo del lavoro, contratti, relazioni industriali, bolletta energetica, insomma pensare alla politica industriale.
Eppure qualche giorno prima, lunedì 27 gennaio, la cronaca offriva una picconata di riflessione, legna da ardere nel camino delle idee, qualche segnale sul da farsi sul ponte del Titanic. Agenzia Agi, ore 20 e 05: “Tagli di salari, premi e permessi; sei ore lavorative, stop agli scatti di anzianità e al pagamento delle festività, riduzione delle pause. La retribuzione dovrebbe scendere da un massimo attuale di circa 1.400 euro a cifre comprese fra i 700 e i 900 euro circa”. E’ la scossa elettrica preparata dagli svedesi di Electrolux. Prendere o lasciare. Ecco, di fronte alla “polonizzazione” del salario un governo si interroga, e chi ha dato a Marchionne l’etichetta di “nemico del popolo” forse si fa un esame di coscienza. Niente. Si vola basso e occhio al fuoco amico. Il presidente del Friuli, Debora Serracchiani, già il 22 gennaio metteva le mani avanti chiedendo la defenestrazione di Flavio Zanonato, nel Pd s’arrabbiano in parecchi e parte la contraerea: “La richiesta di dimissioni avanzata è strumentale e, probabilmente, ha finalità altre rispetto all’oggetto del contendere. Peraltro, poiché le competenze sulle politiche industriali sono in capo alle regioni, appare evidente che la governatrice scarica altrove i propri ritardi e inefficienze” (nota dei deputati veneti del Pd, ore 19 e 49).
Seguono polemiche, vertici, promesse di soldi a pioggia. Il ministro dello Sviluppo economico martedì 28 gennaio rassicura: “C’è una via d’uscita”. Che naturalmente non è per la sua persona, ma un piano per “tenere aperti gli stabilimenti”. Politica industriale? Non pervenuta. Qualche considerazione sulla per niente strategica produzione del “bianco” in un paese che invece avrebbe bisogno di alta tecnologia come il pane? Sparite dai radar. Il sonar giovedì 30 gennaio capta un rumore. Ai microfoni di “Mix24” c’è Raffaele Bonanni che avanza un’idea: “Bisogna fare come in Fiat” (ore 9). Apriti cielo, proposta eversiva del segretario della Cisl, mentre Enrico Letta fa uscire l’elmetto dalla trincea, solleva il dito e dichiara: “Non alzeremo bandiera bianca”. In attesa del blitzkrieg sulle lavatrici, venerdì 31 gennaio escono i risultati di bilancio di Electrolux: “Ha chiuso il quarto trimestre con una perdita di circa 112 milioni di euro, nettamente superiore a quella prevista dagli analisti”. Il mercato europeo è down. Centrifugato. Intanto la macchinina della politica va, eccome se va. Settimana da guerrieri. Ah, la resistenza di Beppe Grillo. Mercoledì 29 gennaio si comincia con una rissa da saloon al Senato. Si prosegue con l’impeachment pentastellato contro Napolitano (lavori in corso). Magnifico. Ma il vero nemico dov’è? Che fa Marchionne? Quotato a New York, incorporato in Olanda, fiscalizzato a Londra. Corre in Maserati, marchio italiano che nel 2013 ha segnato un più 120 per cento di vendite e nel 2014 punta a piazzare sul mercato mondiale cinquantamila vetture contro le 15.400 del 2013. Fa notizia su Bloomberg. Però, perbacco, qui in Italia è proprio una cosa che “dispiace”.
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