Esca strategy

Non solo Italicum. Così nasce la sfida (e la pesca) parallela tra Renzi e Grillo

Claudio Cerasa

La richiesta di impeachment, lo scontro con i parlamentari, le minacce in sala stampa, l’ostruzionismo sulla legge, i sondaggi che non vanno, la riforma in arrivo, i programmi sovrapposti, le candidature future e un percorso che promette di essere semplicemente parallelo. In questo momento Matteo Renzi e Beppe Grillo bisogna immaginarseli così: seduti uno accanto all’altro di fronte a un lago pieno zeppo di pesci e con una canna da pesca in mano e due esche nel proprio borsello.

    La richiesta di impeachment, lo scontro con i parlamentari, le minacce in sala stampa, l’ostruzionismo sulla legge, i sondaggi che non vanno, la riforma in arrivo, i programmi sovrapposti, le candidature future e un percorso che promette di essere semplicemente parallelo. In questo momento Matteo Renzi e Beppe Grillo bisogna immaginarseli così: seduti uno accanto all’altro di fronte a un lago pieno zeppo di pesci e con una canna da pesca in mano e due esche nel proprio borsello. Il lago che si ritrovano davanti corrisponde a un bacino formato da elettori molto affamati. Elettori che in questi anni si sono nutriti di bocconi infarciti di antipolitica e che i due, da qui alla prossima apertura della stagione di pesca, dovranno nuovamente provare a far avvicinare alla propria esca.

    La stagione, ovviamente, coincide con una data particolare che cade tra 113 giorni, quando verranno celebrate le elezioni europee, e quella data spiega bene il senso della battaglia combattuta in queste ore da quelli che saranno i protagonisti della campagna e della pesca europea: il segretario del Pd e il comico genovese. Il primo atto della battaglia tra Renzi e Grillo si sta giocando intorno alla legge elettorale – che ieri ha superato l’esame delle pregiudiziali di costituzionalità, e il cui voto segreto ha registrato la presenza a Montecitorio di una trentina di franchi tiratori, robetta – e per i grillini la ghigliottina applicata tre giorni fa da Laura Boldrini alla Camera è stata un pretesto per lanciare un messaggio chiaro: questa riforma è un Troiaium peggio del Porcellum, Renzi è come Berlusconi, il Pd è come Forza Italia, Forza Italia è come il Pd, e quindi bisogna far saltare tutto. Renzi, forse a ragione, sostiene che l’attivismo grillino sia legato alla paura dei Cinque stelle di ritrovarsi di fronte a un clamoroso successo del segretario e che mai come in questo momento i democratici hanno la possibilità di spaccare i grillini e di conquistare i loro elettori sfruttando un’esca che Grillo (ieri a Roma con i suoi parlamentari) non è ancora riuscito a utilizzare in Parlamento: approvare le riforme. Finora, l’esca utilizzata da Renzi per sottrarre pesci all’elettorato a cinque stelle ha coinciso con una volontà del sindaco: strappare a Grillo i temi migliori (taglio ai costi della politica, abolizione del finanziamento pubblico, diminuzione dei parlamentari, restituzione dei rimborsi elettorali), non regalare al comico alcune praterie elettorali (critica alle larghe intese, critica alla presidenza della Repubblica) e dimostrare che Renzi è più affidabile di Grillo perché, accanto ai vaffa, accanto ai no, suggerisce anche qualche sì. La strategia funziona? Vediamo.

    I sondaggi che ogni lunedì mattina il segretario del Pd riceve sulla sua scrivania a Palazzo Vecchio dicono che la strategia funziona e che il sindaco, per il momento, è riuscito a smuovere verso l’alto l’asticella del consenso democratico (ultimo sondaggio +0,3) e a far abbassare verso il basso l’asticella del consenso grillino (ultimo sondaggio -0,7). Tutte le rilevazioni demoscopiche ricevute negli ultimi due anni da Renzi dimostrano però che esiste una fetta consistente dell’elettorato potenziale renziano che corrisponde a quello grillino ed è per questo che da qui alle europee il segretario del Pd ha chiesto a tutti i suoi deputati e a tutti i suoi senatori di rispettare un principio preciso: “Quando andate in televisione dovete offrire ponti d’oro ai grillini e dovete ripetere, sempre, che i deputati sono migliori di Grillo e Casaleggio. Vedrete che qualcosa si muoverà”. Sondaggi a parte qualcosa (anche se poco) in effetti si muove sia al Senato sia alla Camera, e nel Pd suggeriscono di tenere sotto osservazione alcuni parlamentari grillini che ultimamente si sono avvicinati ai deputati renziani (Sebastiano Barbanti, Alfonso Bonafede, Alessio Villarosa). Ma la vera intenzione di Renzi, che poi è anche la sua vera scommessa, è di riuscire a gareggiare con Grillo anche in vista della pesca europea. E anche se la dura battaglia parlamentare ingaggiata dai grillini sulla legge elettorale avrà l’effetto di compattare la maggioranza costruita intorno all’Italicum e di blindare la riforma, Renzi sa anche che non sarà facile mantenere a lungo il ruolo di uomo di lotta e uomo di governo – specie poi se il sindaco dovesse essere in qualche modo coinvolto con qualche suo uomo nel prossimo governo – ed è per questo che ha chiesto alla sua squadra di mettere in campo un programma per evitare che alle prossime europee i pesci possano essere attratti dalle sirene grilline. Problema: come fare concorrenza a un movimento che incanta e ammalia gli elettori utilizzando armi potenti come il referendum sull’euro e l’impeachment per Napolitano? Dal punto di vista programmatico, nella segreteria convocata il 13 febbraio il sindaco spiegherà in che modo il Pd ha intenzione di chiedere all’Europa un allentamento dei vincoli del tre per cento. Per il resto nonostante gran parte del Pd chieda a Renzi di candidarsi in tutte le cinque circoscrizioni il 25 maggio, il segretario del Pd sta invece studiando una squadra diversa che verrà comunicata in via preliminare il prossimo 18 febbraio a Bruxelles, quando Renzi incontrerà i leader socialisti europei per comunicare formalmente l’ingresso del Pd nel Pse e quando, almeno queste sono le intenzioni del sindaco, comunicherà i primi nomi dei capolista.

    I nomi da seguire per ora sono due: Michele Emiliano per la circoscrizione sud (che conferma al Foglio la sua possibile candidatura) e Paolo De Castro per la circoscrizione del nord-est. Il secondo nome, pur non essendo esattamente coincidente con una scarica di adrenalina politica, è un nome utile a individuare un obiettivo del Pd nel prossimo Parlamento europeo. Con ogni probabilità, all’Italia dovrebbe toccare un commissario di peso come quello all’Agricoltura (che con un fondo da 52 miliardi di euro all’anno dispone del 49 per cento del totale budget europeo) e per quel ruolo Renzi avrebbe individuato il super prodiano De Castro (che proprio con Prodi fu ministro delle Politiche agricole nel 2006). Europa e candidature a parte, per Renzi, forse, la partita più complicata non riguarderà la legge elettorale (il percorso è avviato, i tempi sono veloci, la minoranza del Pd tiene, con il Cav. l’accordo è di ferro) ma riguarderà il suo rapporto con il governo. Entro metà febbraio il segretario intende avere l’ok della Camera ed entro inizio aprile l’ok da parte del Senato. I tempi rapidi sono dettati dall’idea che bisogna portare presto a casa il risultato ma anche da una tentazione che il sindaco non ha del tutto abbandonato, e che sarebbe poi il modo migliore per disinnescare le armi dei grillini, e pescare con più facilità nel grande lago: far coincidere le elezioni europee con quelle politiche. Si dovesse chiudere questa finestra, si aprirebbe però una partita del tutto diversa. Renzi potrebbe continuare abilmente a vestire i panni del leader un po’ di lotta e un po’ di governo, e potrebbe semplicemente intestarsi i possibili successi sulle riforme costituzionali. Nel Pd però, anche nel fronte cuperliano, sta maturando l’idea che se questo governo non dovesse riuscire ad andare avanti con lo sprint necessario per fare le riforme la soluzione giusta sarebbe quella di offrire a Renzi la guida del governo. E anche nel partito di Alfano c’è chi comincia a pensare che il “reshuffling” tra Renzi e Letta possa essere necessario per tenere in piedi il governo. Il segretario, a chi gli pone la questione, risponde con un sorriso e utilizza sempre le stesse parole: “Mai e poi mai”. Il “mai e poi mai” però nel vocabolario del sindaco è raramente un’affermazione definitiva, pensate a tutti i “mai e poi mai mi candiderò segretario del Pd”.

    E nell’entourage di Renzi c’è chi scommette che “Matteo” prima o poi potrebbe farsi ingolosire. E qualcuno fa un ragionamento di questo tipo: “Più si andrà avanti con il tempo più sarà chiaro per Renzi che il consenso del governo, a guida Pd, coinciderà con il consenso del leader del Pd. E vedrete che se il governo dovesse andare male e non fosse possibile votare un pensierino a sostituire Letta Matteo lo farà”. E chissà allora se è solo un caso che nelle ultime due settimane Renzi, giocando con le esche nel suo borsello, abbia detto per ben due volte che in fondo questo governo potrebbe durare “anche fino al 2018”. Chissà.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.