Da Milano a Brescia, così scricchiola il “salottino buono” di Bazoli
Nel silenzio catacombale della finanza cattolica scricchiola la creatura del longevo banchiere Giovanni Bazoli, la Mittel. Mittel è la sua cassaforte finanziaria con ramificate partecipazioni: nell’editoria (Rizzoli-Corriere della Sera), nelle banche (Intesa Sanpaolo, dove Bazoli è presidente del consiglio di sorveglianza, e Ubi dove ci sono figlia e genero), nella moda (Moncler) e nella farmaceutica (Sorin). In Mittel, Bazoli ha fatto confluire personalità di spicco dell’imprenditoria bresciana negli anni Ottanta.
Nel silenzio catacombale della finanza cattolica scricchiola la creatura del longevo banchiere Giovanni Bazoli, la Mittel. Mittel è la sua cassaforte finanziaria con ramificate partecipazioni: nell’editoria (Rizzoli-Corriere della Sera), nelle banche (Intesa Sanpaolo, dove Bazoli è presidente del consiglio di sorveglianza, e Ubi dove ci sono figlia e genero), nella moda (Moncler) e nella farmaceutica (Sorin). In Mittel, Bazoli ha fatto confluire personalità di spicco dell’imprenditoria bresciana negli anni Ottanta. Ma anche l’amico Romain Zaleski. Il finanziere franco-polacco, trapiantato in Val Camonica, è il primo azionista singolo di Mittel (con 15 per cento) attraverso la Carlo Tassara, veicolo finanziario in piena fase di ristrutturazione e indebitato con Intesa e Unicredit. Bazoli non ha cariche in Mittel (si è dimesso dalla presidenza nell’aprile 2012 per il divieto ai doppi incarichi) ma la società viene considerata dalla stampa il suo personale “salotto buono”.
Qui infatti l’ottuagenario banchiere non ha avuto comprimari, come invece accade in Intesa dove “condivide” il potere con il presidente di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti. Né ha dovuto assecondare i “grandi progetti” altrui come accadde con la creazione del Nuovo Banco Ambrosiano che Bazoli fu chiamato a dirigere dallo scomparso Beniamino Andreatta, allora ministro del Tesoro in quota Democrazia cristiana e suo amico fraterno. Ora Mittel è lacerata da una fronda interna tra bazoliani di stretta fiducia che non condividono più le stesse strategie gestionali e peraltro si accusano l’un l’altro rivangando errori passati. Martedì scorso la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione di Mittel ha rassegnato “dimissioni irrevocabili” per via di una “frattura insanabile” con il consigliere delegato Arnaldo Borghesi, scelto da Bazoli per guidare la holding. Non era mai successo che si arrivasse a una contrapposizione talmente aspra da fare decadere l’intero board (da rinnovare a inizio marzo). Ufficialmente i motivi del dissidio non sono noti. Si sa che la Consob sta indagando da qualche settimana per movimenti anomali sul titolo della quotata Mittel, in perdita per 38 milioni. Venerdì mattina Borghesi è stato ascoltato dall’Autorità che vigila sulla Borsa.
Secondo indiscrezioni, invece, alla base ci sarebbero sia divergenze strategiche covate da mesi sia dissapori personali tra i sei (su undici) consiglieri dimissionari e Borghesi. Borghesi, manager transitato a inizio carriera per la Cir di Carlo De Benedetti, a fianco dell’ex ad di Intesa Corrado Passera, nella riunione precedente a quella esplosiva aveva presentato una “dettagliata relazione” evidenziando “incongruenze e anomalie” attribuite alle gestioni passate, scriveva Mf/Milano Finanza. Da quella duratura di Guido De Vivo (ora a Seat) passando a quella di Giovanni Gorno Tempini (capo di Cassa depositi e prestiti) fino a quella del direttore generale Mario Spongano. Sul fronte opposto, hanno fatto notare a Borghesi che la sua società di consulenza (la Borghesi Advisory, nata dallo scorporo della boutique finanziaria Borghesi Colombo & Associati, fondata con Paolo Andrea Colombo di Enel) è stata incorporata nei mesi scorsi dalla holding bazoliana per 7 milioni di euro fra contanti e azioni Mittel. La cifra ha lasciato perplessi alcuni soci e il mercato. Sullo sfondo resta l’uscita di consiglieri vicinissimi a Bazoli. Fra loro Gianbattista Montini, esponente della storica famiglia bresciana di conio catto-liberale “alleata” dei Bazoli fin da inizio secolo, e Giuseppe Pasini, imprenditore della siderurgia di Edolo. Si sfalda anche il fronte “trentino” rappresentato da Massimo Tononi e Giorgio Franceschini, membri dell’Istituto Atesino di Sviluppo, una società d’investimenti.
L’aspirazione bazoliana a mettere sempre d’accordo il diavolo e l’acqua santa, tratto caratteristico di vecchia scuola democristiana, pare ormai ridimensionata, se non dissolta. La spaccatura in Mittel, ancora da decifrare nei dettagli, porta con sé altre linee di frattura che si aprono nell’alta società bresciana che si era amalgamata, finora con armonia, nel calderone della holding bazoliana.
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