La guerra al “Blob”

Paola Peduzzi

Tirate giù quel muro, ha detto Michael Gove, ministro dell’Istruzione britannico, in un discorso lunedì alla London Academy of Excellence. Il “Berlin wall” in questione è quello che divide la scuola pubblica da quella privata, la prima così scarsa e la seconda così eccellente, ed è il simbolo della battaglia che da anni Gove combatte sfrontato, nonostante i continui scioperi e ostacoli che i sindacati – soprattutto quelli degli insegnanti – gli mettono in mezzo.

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    Tirate giù quel muro, ha detto Michael Gove, ministro dell’Istruzione britannico, in un discorso lunedì alla London Academy of Excellence. Il “Berlin wall” in questione è quello che divide la scuola pubblica da quella privata, la prima così scarsa e la seconda così eccellente, ed è il simbolo della battaglia che da anni Gove combatte sfrontato, nonostante i continui scioperi e ostacoli che i sindacati – soprattutto quelli degli insegnanti – gli mettono in mezzo. Il problema dell’istruzione, in Gran Bretagna, è sintetizzato da un numero – il 7 per cento – che occupa l’ultima copertina del magazine di sinistra New Statesman a dimostrazione che il muro non è un guaio del governo conservatore, ma un guaio del paese. L’eccellenza scolastica inglese è data dalle scuole private, che attraggono studenti stranieri in grandi quantità, ma che formano soltanto il 7 per cento dei ragazzi inglesi, che è poi la minoranza che governa tutto il paese. “Non si tratta di una semplice questione di talento o di personalità – scrivono David e George Kynaston sul New Statesman – E’ un processo sistematico che fornisce migliori opportunità di istruzione, e quindi di formazione professionale, a chi già viene dagli ambiti familiari e sociali migliori”. E’ il motivo per cui, tanto per fare un esempio, la leadership al governo ora in Inghilterra è per la maggior parte ricca e ha studiato a Eton (Gove, che è stato adottato quando aveva quattro mesi ed è cresciuto in una famiglia laburista ad Aberdeen, in Scozia, ha iniziato in una scuola statale, poi è passato al college privato della città e a Oxford). Il ministro dell’Istruzione vuole rimediare a questo dato socialmente drammatico alzando gli standard della scuola pubblica, cioè portando eccellenza laddove oggi ancora non c’è. Ci lavora dal 2010, punta ad avere risultati come quelli che si registrano a Hong Kong, che detiene un primato educativo riconosciuto a livello globale, soprattutto vuole che nelle scuole pubbliche i ragazzi studino, e gli insegnanti insegnino. Per questo ha introdotto test obbligatori quasi ossessivi (e difficili) e ha alzato gli standard di formazione professionale degli insegnanti: o per dirla con quei toni insolenti che fanno imbestialire la sinstra, Gove ha dichiarato guerra a “The blob”, l’espressione horror che lui e i suoi alleati usano per indicare l’establishment dell’istruzione (di sinistra).

    Michael Gove è convinto che la battaglia andrebbe combattuta tutti assieme, ne va dell’eccellenza del paese, non del futuro di questo o quel partito, ma complici i toni volutamente corrosivi (che a volte fanno saltare sulla sedia anche il premier, e suo amico, David Cameron) non trova grandi sponde nel Partito laburista. Ora che non ha rinnovato il mandato alla blairiana baronessa Morgan alla guida di Ofsted (l’autorità che controlla gli standard scolastici) avrà ancora più difficoltà a trovare simpatizzanti, ma non pare preoccuparsene granché: quella è una nomina basata sul merito, ha fatto sapere il ministero, e bisogna guadagnarsela. La baronessa non l’ha presa bene, ma l’esercito di chi s’oppone ai modi e alle idee di Gove era già ben schierato anche senza di lei. Però le crepe ci sono e si vedono. Il Guardian, commentando il discorso di Gove, ha scritto che il modello di competitività ossessiva del ministro va combattuto, così come altre sue metodologie, ma ha ammesso che il problema esiste (il 7 per cento!) e che ancora più problematica è la rinuncia della sinistra a occuparsi di scuole pubbliche: ha lasciato ai conservatori anche la parte della denuncia sulla crisi della mobilità sociale. E’ lo stesso tema affrontato dal New Statesman: com’è che la sinistra si rifiuta di parlare di scuole pubbliche? Forse perché alternative alla via di Gove non ci sono e, al netto degli insegnanti indignati e dei bambini stressati, qualcosa si sta muovendo, come sottolinea, sorridendo, il ministro: “Quando Channel Four fa documentari sui comprensori accademici in Essex e Yorkshire, quando Bbc 3 tratta come eroi i giovani insegnanti dai modi duri, quando persino Tatler pubblica una guida alle migliori scuole pubbliche del paese, sai che le placche tettoniche hanno iniziato a muoversi”. Che è come dire: la scuola pubblica sta diventando cool.

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    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi