Il buono e il cattivo

Il Genoa del rinato Antonelli e il Milan senza né capo né coda di Seedorf

Sandro Bocchio

Di questi tempi avrebbe dovuto essere un giocatore del Napoli. Ma Benitez, si sa, cambia in fretta opinione sui giocatori. Come avvenuto per Antonelli che, dall'oggi al domani, si è scoperto tagliato fuori dai progetti napoletani. Un rifiuto quanto mai gradito dal tecnico Gasperini, che si è ritrovato con un rinforzo inaspettato, e che aveva già in casa. Un rifiuto che, alla fine, rischia di costruire le fortune di Antonelli. Silvio Berlusconi è un altro che, a suo dire, capisce di calcio come pochi. Fatti e risultati gli danno ragione ma, in alcune circostanze, occorre dire che il gioco non gli è completamente riuscito. Il problema è di una temperatura corporea che rischia pericolosamente di aumentare seguendo il Milan di Clarence Seedorf e, soprattutto, ascoltando il nuovo tecnico parlare.

    Di questi tempi avrebbe dovuto essere un giocatore del Napoli. Anzi, a fine 2013 tutti a Genova – fronte rossoblù – parlavano di lui come di uno che non c'era già più. Uno destinato a salutare al mercato di gennaio, al punto che Luca Antonelli aveva trovato casa nella nuova realtà, pronto a offrire le proprie qualità a Rafa Benitez. Ma lo spagnolo, si sa, cambia in fretta opinione sui giocatori (oppure non la cambia del tutto: chiedere a Paolo Cannavaro). O, magari, ci ricama sopra ragionamenti tutti suoi come quando, in estate, bloccò il trasferimento di Astori dal Cagliari perché non voleva troppi difensori centrali mancini. Come avvenuto per Antonelli che, dall'oggi al domani, si è scoperto tagliato fuori dai progetti napoletani. Un rifiuto su cui ha avuto qualche rimpianto il presidente Preziosi, che si è visto privato dell'ingresso di qualche milione in cassa. Un rifiuto quanto mai gradito dal tecnico Gasperini, che si è ritrovato con un rinforzo inaspettato, e che aveva già in casa. Un rifiuto che, alla fine, rischia di costruire le fortune di Antonelli, in quel gioco nel gioco del calcio rappresentato alla voce sliding doors, un particolare dal peso specifico sempre decisivo. Questo perché Gasperini ha pochi rivali quando si deve masticare materia pallonara. Lui è un tecnico che va oltre le apparenze, che sa disegnare scenari nuovi al singolo, a patto che quest'ultimo ascolti. Come ha fatto Antonelli che, da terzino che era, si sta scoprendo uomo d'attacco rossoblù, complice un semplice spostamento: la corsia è sempre la stessa (quella mancina), ma passando dalla linea di difesa a quello di centrocampo, spesso e volentieri a ridosso dell'attacco. Una rivelazione positiva per lui, una sorpresa sgradita per gli altri. Perché Antonelli ci ha preso gusto, in quanto diventa più facile appoggiare la fase offensiva – come aveva sempre fatto – senza dover sottoporsi a faticosi rientri fin nella propria area. Ne ha tratto beneficio lui, ne ha tratto giovamento il Genoa. Due reti nel 2014, come mai aveva fatto Antonelli in carriera, e sei punti per i rossoblù: in casa contro l'Inter e ieri a Livorno. Ennesima dimostrazione di come una situazione potenzialmente negativa possa essere tramutata in opportunità. Come ha saputo fare chi, fino all'altro giorno, era considerato un buon figlio d'arte e nulla più. E che ora, grazie al Napoli e a Gasperini, potrebbe giocarsi una carta importante in ottica Mondiale.

    Silvio Berlusconi è un altro che, a suo dire, capisce di calcio come pochi. Fatti e risultati gli danno ragione ma, in alcune circostanze, occorre dire che il gioco non gli è completamente riuscito. I tifosi rossoneri stanno ancora masticando amaro sullo stop che – un anno fa – avrebbe dovuto mettere Pato sulla via per Parigi, consentendo un più che adeguato ritorno economico, e con Tevez praticamente già rossonero. Il sangue poi ribolle vedendo come sta svaporando il brasiliano a casa sua e come sta rendendo l'argentino nella Juventus. Il problema è di una temperatura corporea che rischia pericolosamente di aumentare seguendo il Milan di Clarence Seedorf e, soprattutto, ascoltando il nuovo tecnico parlare. Più di uno aspettava l'olandese al varco della prima sconfitta in campionato, conoscendo l'altissima considerazione che nutre di se stesso. Attese che non sono andate deluse, dopo una prova a Napoli talmente povera da far piangere addirittura un bad boy quale Balotelli è. Così – a detta dell'allenatore – le domande a fine gara erano tendenziose, così le scelte tattiche erano state fatte in funzione della Champions League, così era colpa di chi l'aveva preceduto se la squadra non ha condizione atletica. Il campionario consunto di un vecchio mestierante del calcio e non di chi si è presentato come l'uomo nuovo ri-calatosi in Italia per rendere luminoso il destino del Milan. Seedorf, a Berlusconi, è sempre andato a genio perché scorgeva in lui una mentalità imprenditoriale oltre il semplice cliché del calciatore. Per questo l'ha fortemente voluto al posto del mai amato Allegri. Potrà andar bene a chi, come la nuova dirigenza rossonera, ama parlare di clienti e non di tifosi. Ma chi pensa ancora che il calcio sia uno sport (o un gioco), questo vuole vedere, non progetti di marketing o cortine dialettiche dietro cui mimetizzarsi. E di questo vuole parlare, come ha sentenziato Zvone Boban dopo Napoli: "Il Milan è una squadra senza né capo né coda". Osservazione cui Seedorf non ha saputo – o voluto – controbattere.