Il grande bellezza

Claudio Cerasa

Lo incontri per caso. Lo incontri a Roma. Lo incontri a Largo Argentina. Lo incontri di fronte a un vecchio palazzone a due passi da Campo de’ Fiori. Lo vedi sgusciare dentro l’androne del palazzo. Lo vedi salire al primo piano. Lo segui. Sali le scale. Arrivi di fronte a una porta a vetri. Cominci a intravedere i cuori, quelli della sua campagna elettorale, quelli famosi del “Roma Ti Amo”, e allora ti affacci sul pianerottolo, ti presenti, e chiedi alla segretaria se quel signore che sembrava Alfio Marchini era proprio Alfio Marchini. Sì.

    “Mi chiamo Arfio, mi candido a sindaco perché ognuno deve fare la sua parte. Vorrei più spazi per il polo e per il golf. Sogno una città e una regata di vela sul Tevere. Per i poveri ho in mente delle giornate della ricchezza”.
    Dalla pagina di Arfio Marchini, imitatore su Facebook del più famoso Alfio


    Lo incontri per caso. Lo incontri a Roma. Lo incontri a Largo Argentina. Lo incontri di fronte a un vecchio palazzone a due passi da Campo de’ Fiori. Lo vedi sgusciare dentro l’androne del palazzo. Lo vedi salire al primo piano. Lo segui. Sali le scale. Arrivi di fronte a una porta a vetri. Cominci a intravedere i cuori, quelli della sua campagna elettorale, quelli famosi del “Roma Ti Amo”, e allora ti affacci sul pianerottolo, ti presenti, e chiedi alla segretaria se quel signore che sembrava Alfio Marchini era proprio Alfio Marchini. Sì. La segretaria ti guarda con occhio sospettoso, alza la cornetta senza dirti una parola, ti mostra il palmo della mano destra come a volerti dire aspetta un istante, poi, in fondo allo stanzone, si apre una vecchia porta di legno e arriva lui, vestito come se fosse l’imitatore di Alfio Marchini: gessato aderente con muscolazzo in evidenza, polo nera che spunta sotto il collo sopra un maglioncino nero, capelli molto fonati, leggere onde brizzolate sulle tempie e il sorriso delle migliori occasioni. So’ Alfio. Prego, accomodati. Sono le undici e trenta, è martedì 11 gennaio, siamo a Roma e Alfio Marchini – lui, proprio Alfio, quell’Alfio che a Roma viene chiamato da tutti “Arfio”, con la “r”, con lo stesso tono e la stessa cadenza con cui nelle migliori bettole della capitale il cameriere viene richiamato all’ordine al grido di “Maschiooo” – anche se preso un po’ alla sprovvista ci ospita nel suo comitato elettorale. Gentile. Sorridente. Disponibile. Negli ultimi mesi Alfio ha parlato con la voce e con i tweet, ma ha parlato spesso anche attraverso il suo alter ego nato su Facebook. Si chiama Arfio (con la “R”). Ama tutto di Roma (“16 ore per 12 uscite di Gra. Quasi record. Traffico ti asfalto. Roma ti amo”; “A Roma le buche sono talmente tante che finalmente possiamo candidarci ad ospitare gli U.S. Open di golf. Altro che Olimpiadi. Buca ti utilizzo. Golf ti promuovo. Roma ti amo”; “Roma non si è allagata, Roma si è commossa. Variante ti cerco. Roma ti amo”). Alfio il suo alter ego lo ama, ama tutto Alfio, e ama anche l’idea che ci possa essere un domani qualcosa di diverso dal governo Letta. Anche un governo Renzi? Sì, anche un governo Renzi.

    Così Alfio prende il ritmo e inizia a parlare a ruota libera. E ci racconta qualcosa di più sulla storia della possibile staffetta e anche qualcosa in più sul suo personale punto di vista sul futuro del centrodestra. Marchini, insomma, è vero? Non è vero? E’ falso? Esiste qualcosa? C’è un qualche contatto? Sei tu la carta segreta del Cav.? Marchini gioca con le parole, dice e non dice, allude e non allude, ammicca e non ammicca, dice che le notizie false non si smentiscono ma poi ci prende gusto, sta al gioco, e indossa i panni del candidato. Candidato a cosa non è chiaro, ovvio. Si sta sul generico. E allora lui, mostrando alcuni sondaggi, dice che punta soltanto a prendere il posto di Ignazio Marino, quando il compagno sindaco capirà che con una maggioranza del genere non può governare; e poi però, mentre descrive la situazione di Roma, dove effettivamente c’è un sindaco che con la maggioranza che lo sostiene ha lo stesso rapporto complicato (eufemismo) che a Palazzo Chigi ha il presidente del Consiglio con la sua maggioranza, si rende conto che Roma, anche oggi, è un po’ la metafora del paese e prima di parlare di sé, del suo rapporto con Berlusconi, della sua candidatura non candidatura, dei sondaggi, non male, di Alessandra Ghisleri, della sua prossima discesa in campo, del suo movimento, parla di quello che sta succedendo in questi giorni. E parla dunque di Enrico Letta, di Matteo Renzi e naturalmente di Giorgio Napolitano (lo conosce da una vita, dai tempi in cui il nonno di Alfio, partigiano comunista dei Gruppi di azione patriottica, ristrutturò senza parcella per il Partito comunista la sede di via delle Botteghe Oscure a Roma, a cinquanta metri dall’ufficio del compagno Arfio).

    A un certo punto Marchini fa accomodare il cronista nel suo studio ovale – dodici poltrone di pelle probabilmente umana che circondano un tavolo di legno di ciliegio che sembra uscito da “Mad Men” – e mentre si dondola sulla sua poltrona, circondato da una decina di prese bianche di iPhone 5 e iPhone 6, versa un goccio d’acqua nel suo bicchiere e inizia a parlare. Di Renzi. Di Letta. Di Berlusconi. E del suo amico Giorgio. Si parte.

    “Lo diciamo? Sì, via, diciamolo. Diciamo che questo governo non può andare avanti? Diciamo che il paese ha bisogno di fare un passo verso un orizzonte di speranza? Ecco. Io lo dico senza girarci attorno. Renzi non penso sia il messia, l’uomo sceso dal cielo che con il suo semplice tocco della mani rimetterà a posto il nostro paese, ma penso che in questo momento sia la persona giusta per prendere in mano il timone del governo e guidare il paese. Forse per lui non sarà la soluzione più facile, più comoda, più conveniente, ed è ovvio che c’è il rischio di bruciarsi, di farsi del male, di scottarsi con i fili del potere. Ma io sono dell’idea che oggi per combattere il populismo sia necessario portare al governo una forma di populismo democratico attraverso il quale dare al paese le risposte che il nostro paese attende da troppo tempo. E allora basta, su: Renzi prenda il coraggio di presentare una sua proposta concreta per fare un nuovo governo, si presenti subito in Parlamento con una squadra innovativa, sfrutti il contesto economico globale per ora favorevole, coinvolga nella sua attività sia i cinque stelle sia i berlusconiani, rivendichi senza vergogna di sentirsi vicino anche al popolo del Cavaliere, senza false ipocrisie, senza aver paura della reazione della sua base, e convinca Napolitano che è lui la persona giusta per guidare il governo da qui al 2018. All’inizio, ovvio, incontrerà qualche resistenza, qualche sopracciglio alzato, qualche problema di ingranaggio ma credo che Renzi non abbia scelta: un governo guidato da lui serve al sindaco ma serve anche al paese. Ogni giorno perso in questa odiosa crisi – dice Marchini mentre con entrambe le mani si tira dietro le orecchie i boccoli brizzolati – uccide imprese, annienta nuclei familiari e l’identità di una generazione di ex giovani ormai afflitti dalla sindrome della panchina ai giardinetti. Il senso è semplice: il paese deve alzarsi e correre. E per correre serve uno che sappia correre, come Renzi. E se Renzi mostrerà coraggio e una squadra competente per un progetto convincente non vedo chi potrebbe arrivare e dirgli no, Matteo, sorry, you can’t”.

    Marchini si ferma, osserva il suo interlocutore, chiede un “feedback” – me lo dai un feedback, che dici? – cerca un riscontro alle sue parole, poi torna a ragionare sul tema del giorno, governo Renzi sì o no, e piazza di seguito quattro frasi alla Marchini, piene di cuoricini colorati. “La gente vuole risposte che incidano rapidamente nel proprio angosciato quotidiano… Renzi forse perderà dei pezzi in questo suo viaggio, ma sempre meglio che perdere se stesso… La sua identità è quella e solo se rimane nella sua pelle, nel suo vestito, sarà vincente… La politica è una risposta a un problema teologico e se non mostri amore verso il paese il paese non farà a meno di far mancare l’amore verso di te…”. Alfio ti guarda ancora con lo sguardo di chi cerca un riscontro alle sue parole, e a tutti i suoi cuori, e allora tu rispondi e gli fai la contro obiezione: ma non si brucia, Renzi? E soprattutto: il Pd, mandandolo al governo, non rischia di bruciare l’unico leader con cui un domani potrebbe combattere i populismi alla Grillo? Alfio ci pensa un attimo, stringe pensieroso la mandibola, si tira indietro sullo schienale con l’occhio socchiuso alla Don Draper e dice che no, la scelta non c’è, Matteo deve sfiduciare Letta e prendersi il governo, e insomma fare come se fosse, da sinistra, la nuova Merkel.
    “E’ una stupidaggine dire che andare al governo e governare anche con gli avversari in questo contesto storico e in assenza di una nuova legge elettorale sia un modo per bruciare un leader. Certo devi avere grande forza e Renzi sembra avere la giusta energia e determinazione. Ma non può restare a metà del percorso. Sono convinto che se riuscisse a governare bene tra quattro anni alla fine della legislatura potrebbe trovarsi in una posizione simile a quella in cui si è trovata la signora Merkel nel 2009 al termine della sua prima grande coalizione: porsi sulla scena come il grande riformatore e dimostrare che il paese lo si cambia non chiedendo l’impeachment ma chiedendo, proponendo e ottenendo le riforme”.

    Ok. E il Cavaliere? La sua storia, le voci, i pettegolezzi, la possibilità di una sua candidatura? Marchini sorride ancora e la prende alla larga. Dice di non essere affatto stupito dei sondaggi, clamorosi, che danno Berlusconi ancora in alto, e che lo danno quasi vincente. Dice di non essere affatto stupito del fatto che Berlusconi abbia questo suo rapporto con il suo popolo – “è amore, amore, è tutta questione di amore”. E dice che non sarebbe affatto stupito che di fronte a una tornata elettorale, cosa che ovviamente oggi non si può escludere, il Cavaliere possa permettere alla sua coalizione di essere competitiva con il centrosinistra. Possibile? Davvero possibile? Possibile che il “popolo” nonostante gli ultimi vent’anni non proprio gravidi di successi sia ancora intenzionato a gettare il voto oltre l’ostacolo e a baciare il Cav.? Marchini fa un ragionamento lineare e mette dentro un po’ di tutto: renzismo, grillismo, berlusconismo e se vogliamo un po’ di marchinismo.

    “Guarda non mi stupisce. La politica di oggi si costruisce con i contenuti, certo, ma si costruisce con un particolare ingrediente che si chiama empatia. Se hai chimica con il tuo popolo, il tuo popolo ti segue. Se non hai chimica con il tuo popolo, il popolo prima o poi ti molla. Ecco. Berlusconi ha una sintonia ricambiata con il suo popolo e il popolo di Berlusconi ha una sintonia ricambiata con il suo leader. E’ una questione che va al di là dei risultati ottenuti al governo. Che va persino al di là delle campagne elettorali. E in questo senso mi sento di dire che il Cavaliere e Grillo si trovano in due condizioni simili, che forse Renzi invidia. Berlusconi è, voce del verbo essere, il suo popolo. Grillo è, voce del verbo essere, il suo popolo. Renzi invece non è il suo popolo, non lo è ancora, è solo una parte di questo. E’ una questione di pelle, di chimica appunto, e si vede perfettamente che Renzi, nonostante sia il segretario del Pd, è consapevole che ci sarà sempre un pezzo non trascurabile del suo elettorato che non lo accetterà mai, che lo vedrà sempre come un intruso, un corpo estraneo, e che non riuscirà mai a comprendere – la dico così – come si possa essere di sinistra e andare la sera da Maria De Filippi con il chiodo alla Fonzie. O a pranzo con Briatore. O a farsi una risata con Verdini. Per questo dico che Renzi non può perdere tempo e deve utilizzare anche armi non convenzionali per conquistare i suoi elettori. E per farlo ha una sola strada: portarli fuori dal pantano. Anche se, per quanto il segretario del Pd possa sembrare forte, ancora non ho ben capito il tipo di società e di progetto che ha in mente. Lui dice di ispirarsi al Lingotto, al progetto di Veltroni, ma oggi ispirarsi al quel degnissimo progetto fa sorridere. Cioè. Ci rendiamo conto che il Lingotto di Veltroni ha coinciso sì con il massimo dei voti ottenuti dal centrosinistra ma anche con il massimo dei voti di scarto rifilati dal centrodestra e dal centrosinistra? E con la presenza di Grillo oggi sarebbe ancora più minoritario. E dunque, chissà, magari andare a Palazzo Chigi, per Renzi, è proprio un modo per trovare un’alternativa valida a quel tipo di percorso. Renzi deve dire con forza che l’egoismo è un lusso che non possiamo più permetterci. Deve trasformare in un progetto politico parola come sussidiarietà. E soprattutto occorre rivendicare senza ambiguità il ruolo vitale delle imprese. Di chi ha fatto grande l’Italia. Delle nostre radici comuni. Senza questo dove si va?”.

    Dicono: ma non c’è il rischio che diventi come D’Alema, e che una volta salito a Palazzo Chigi senza passare dalle elezioni non gli spuntino i baffetti sotto il naso? “Mi pare – continua Marchini, vecchio amico di D’Alema, storico finanziatore della fondazione ItalianiEuropei e amico intimo del segretario generale della fondazione, Andrea Peruzy, che è stato testimone di nozze di Marchini, e gran cerimoniere del famoso incontro nel 1998 tra D’Alema e Cuccia, che avvenne proprio a casa Marchini – che sia una vicenda diversa: perché Renzi oggi si trova nelle condizioni in cui si trova anche perché ha ricevuto la spinta di una legittimazione popolare che coincide con l’esperienza delle primarie. Ma soprattutto la vera differenza è che Prodi era stato scelto dagli elettori, a differenza di questo presidente del Consiglio”.

    E Marchini che fa? Dove va? Con chi va? A Roma, dice Alfio, i sondaggi dicono che se si votasse domani la sua lista – che un anno fa ottenne dal nulla quasi il 10 per cento, conquistando tre consiglieri comunali – se la giocherebbe alla pari con il Pd e forse potrebbe pure vincere le elezioni. Alessandra Ghisleri, sondaggista di fiducia di Marchini, e incidentalmente sondaggista di fiducia anche di Silvio Berlusconi, dice che a Roma la lista vale intorno al 20 per cento e dice che nel giro di pochi mesi i voti che un tempo erano di Grillo sono stati conquistati proprio da lui. Da Alfio. Ghisleri ha detto più volte a Marchini che nel futuro della politica il candidato vincente dovrà essere un mix tra Grillo, Renzi e Berlusconi e quando il cronista chiede al costruttore-imprenditore-politico-ex-campione-di-polo se si sente davvero un mix tra Grillo, Renzi e Berlusconi Alfio sorride ancora, e la mette così. Dice che i sondaggi dicono questo. Che a Roma i voti di Grillo li ha conquistati lui. E quando lui diventerà più famoso nel resto d’Italia molti voti a cinque stelle potrebbero diventare voti a cinque Alfio.

    Il futuro, già. Roma, serve dirlo?, è nel cuore di Marchini ma Alfio è ambizioso e alle prossime politiche, quando saranno, lui dice che ci sarà. Con la sua lista sta costruendo un movimento che avrà un suo circolo in ogni grande città italiana. La lista verrà presentata nelle prossime settimane – qui, in basso, trovate il logo – e non correrà alle europee ma avrà come orizzonte temporale quello delle prossime elezioni. A maggio? A ottobre? Nel 2015? Nel 2018? Non importa: Alfio ci sarà. E ci sarà da solo o con Berlusconi? Vediamo.

    “Io – continua Alfio senza rispondere alla nostra domanda, anche se alla fine in qualche modo risponderà – dico che in politica conta solo una cosa”. Cuoricino. “Conta questo: conta essere sinceri e per questo dico che Renzi oggi deve essere sincero e non prendere in giro i suoi elettori e dimostrare di aver voglia non solo di prendere in mano il potere ma anche di prendere in mano i problemi del paese. Perché, vedete, gli italiani sono un popolo straordinario. In cui in pochi sanno disegnare un Picasso ma in cui tutti sanno però riconoscere quando un Picasso è vero e quando un Picasso è falso”.

    E Alfio, invece, che quadro è? Marchini sorride, si alza dalla sedia, passa sotto uno schermo al plasma appeso nel suo studio ovale accanto a un cartello nero con inciso in bianco sei parole definitive (“I’m totally agree with myself”), poi ci accompagna all’uscita e solo alla fine ci parla di Berlusconi. E lo vedi che Alfio si sente il candidato perfetto. Che si sente un mix tra Renzi (piacione come lui), Berlusconi (imprenditore come lui) e Grillo (de popolo come lui). E allora glielo chiediamo: Alfio, insomma, sei tu la carta segreta di Berlusconi? Marchini ammette che con Berlusconi ha un vecchio rapporto d’amicizia ma non dice di più. Insistiamo. Dicci almeno quando vi siete sentiti? Recentemente? Alfio passa sotto il cuore, quello del Roma Ti Amo, guarda il cronista, e dice: “Fai così, guarda, di’ che non mi ricordo quando ci siamo sentiti l’ultima volta. Di’ che ho un improvviso e sfortunatissimo vuoto di memoria… E comunque, via, il tema non si pone. Berlusconi lo capisco, vuole far vedere al mondo che il suo popolo lo ama ancora, e non ci si ama mai per delega, quindi…”. Alfio saluta. Scambio di numeri. Il cronista scende le scale. Seguono una raffica di sms. E una raffica di mail. Nell’ultima Alfio manda alcune sue foto – metti queste, se puoi. Arriva anche il simbolo del suo partito. Della sua lista. C’è un’Italia scontornata. Bianca. Un’Italia dentro una figura più grande, ovviamente a forma di cuore. Un’Italia che oggi sta dalla parte di Renzi. E che un domani, chissà, che non sposti il suo cuoricino dalla parte del Cav.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.