Giallo Gagosian, anche i mercanti miliardari hanno paura del pol. corr.
La paura ideologica allaga con il pregiudizio cuori e menti. Una giovanissima fanciulla fa da modella, mezza nuda e mezza vestita, in pose sognanti o “lascive”, come dicevano i portinai mainstream e gli avvocaticchi degli anni Cinquanta. C’è del morboso in Danimarca, naturalmente. Ma c’è del marcio?
Giallo Gagosian. La realtà dilegua. La paura ideologica allaga con il pregiudizio cuori e menti. Settembre 2013. New York. Entro nella galleria Gagosian, celebre, di Madison Avenue. Avevo visitato la mostra del grandissimo pittore Balthus al Metropolitan Museum, e sapevo di una collaterale. Sono esposte delle polaroid, molte. Furono scattate, come racconta magicamente Marianna Rizzini in prima, dal vecchio maestro nel suo studio a Rossinière, negli ultimi anni di vita. Una giovanissima fanciulla fa da modella. Si chiama Anna Wahli. Come tutte le modelle, è fotografata mezza nuda e mezza vestita, in pose sognanti o “lascive”, come dicevano i portinai mainstream e gli avvocaticchi degli anni Cinquanta. C’è del morboso in Danimarca, naturalmente. Il vecchio occhio e il giovanissimo corpo possono impressionare, come idea. Ma c’è del marcio?
Mi imbatto in uno scritto, appeso al muro a coronamento dell’esposizione. Sono due cartelline di Anna Wahli. Un testo mirabile per precisione, equilibrio, sincerità di tratto. La bambina era lei, dagli otto anni ai sedici anni, con autorizzazione familiare naturalmente. Tre giorni alla settimana si recava dal maestro che per un paio d’ore, con forze progressivamente declinanti (per questo passò dal disegno alla polaroid, novità tecnologica allora), studiava il suo soggetto, dopo avere dipinto il mistero dell’adolescenza e del carattere per una vita intera, con risultati tecnicamente e pittoricamente eccezionali a giudizio del mondo intero. Anna racconta tutto, i pranzi con la famiglia e il pittore e sua moglie, l’atmosfera, il modo che ebbero di dissipare ogni imbarazzo. Un talento spirituale vero, nella memoria di ragazzina di quella donna, che ora fa la psicologa a Losanna.
Colpito dai quadri, dalle foto e dalla lettura, al ritorno a Roma scrivo un pezzo per il Foglio sul tema dell’innocenza e della seduzione dei piccoli, e del rapporto con loro del mondo adulto: parlo della mostra, di Anna, di Lolita, che è altra storia, di un documentario su J. D. Salinger, grande scrittore dell’adolescenza, innamorato quando lei aveva sedici anni della bellissima figlia del commediografo irlandese O’Neill, Oona, che poi sposerà a diciannove anni Chaplin. Rilevo che il mondo aveva perso quel capitolo della sua intelligenza delle cose, il rapporto con l’infanzia, e l’aveva trasformato in un’orgiastica e voyeuristica campagna antipedofila, priva di verità nella sua essenza (criminalità a parte). Non sapevo di aver toccato un punto vivo del tempo.
A Essen in Germania hanno vietato la mostra. Gagosian, come un Guido Barilla qualsiasi, ha abbozzato. Fino al punto che per fare un nostro pezzo abbiamo chiesto alla galleria il testo di Anna. Sono scomparsi nel nulla, e non era maleducazione. Il testo ci è stato nascosto. A fronte del ricatto del politicamente corretto, tutti scappano e rinnegano la loro stessa innocente realtà, anche i galleristi e i mercanti miliardari. Viva la censura.
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