La sinistra tosta e frou frou
Arriva la rivoluzione di Matteo, devo indossare Tsipras o Schulz?
Avercela, ora, “La strada giusta” davanti, per dirla con il titolo del documento di apertura dell’ultimo congresso di Sel dove, un mese fa, Nichi Vendola aveva per la prima volta guardato in faccia il dubbio con la D maiuscola: Alexis Tsipras o Martin Schulz per la presidenza della Commissione Ue? Tornare indietro all’essenza pura della sinistra di lotta, anche se straniera, o salire sul carro di quella di governo, seppure europeo?
Leggi anche Buttafuoco Tra Renzi e Letta non mordo l’uno né mastico l’altro, ma #smettoquandovoglio - Di Michele Ingoiare il Bullo
Avercela, ora, “La strada giusta” davanti, per dirla con il titolo del documento di apertura dell’ultimo congresso di Sel dove, un mese fa, Nichi Vendola aveva per la prima volta guardato in faccia il dubbio con la D maiuscola: Alexis Tsipras o Martin Schulz per la presidenza della Commissione Ue? Tornare indietro all’essenza pura della sinistra di lotta, anche se straniera, o salire sul carro di quella di governo, seppure europeo? E aveva deciso, anche forzato da un 65 per cento di voti congressuali pro Tsipras, di travestirsi da Amleto risolto: “Con Tsipras, ma non contro Schulz” (dunque lista goscista, ma adesione al Pse). E pensando all’Italia aveva criticato Matteo Renzi per “aver dato a Berlusconi l’agio di tornare in cattedra” ma non aveva escluso – anzi – l’alleanza col Pd. “Mai con Angelino Alfano, mai con Carlo Giovanardi”, ha detto invece Nichi due giorni fa. Poi però i renziani parlano, e anche i vendoliani, e il miraggio di un Renzi rafforzato a sinistra vagola nell’aria, assieme alle parole possibiliste di alcuni parlamentari di Sel, per esempio Claudio Fava, Dario Stefàno e Gennaro Migliore. E Migliore, capogruppo di Sel alla Camera, ieri ribadiva al Foglio la necessità di “andare a vedere le carte”, per capire se “l’impianto” resti o no lo stesso del governo Letta e per fare luce “sul programma” di Renzi, “ma approfondendo la discussione in Parlamento”. (E però dentro Sel c’è chi, a priori, dà un giudizio di impraticabilità).
Larghe intese, sì, ma tra Pd e Sel, questo era il grande sogno di Nichi, solo che oggi non sono più tempi di rassicurante alleanza con Pier Luigi Bersani. In confronto a oggi era nulla il tormento del 2012, quando, alla vigilia delle primarie del centrosinistra, il padre nobile Fausto Bertinotti aveva avvertito: salire sul treno, mah. Sinistra di governo, ecco cosa siamo, si erano detti per rincuorarsi i compagni di Sel, certi quanto meno dell’esito delle elezioni 2013 (invece manco quello). E ora che l’incubo dell’opposizione “responsabile” (per differenziarsi dai grillini senza darla troppo vinta alle larghe intese) sta per tramutarsi in psicodramma (che fare, se Renzi ci tenta?), la strada giusta pare sempre più imprendibile. Infatti lui, Nichi, se ne sta come il viandante davanti all’indovinello della Sfinge – Renzi o non Renzi? – senza trovare risposte magiche.
Si resta appesi al sabato 15, giorno di assemblea di Sel, e di grandi domande e friabili certezze: “Questa è solo una contesa di potere… un’azione che rischia di allargare l’area del disincanto… e se proponi un ministero a Laura Boldrini lei ti dirà marameo”, diceva Vendola ieri mattina, ma dietro le quinte cresceva l’attesa per la direzione del Pd, e le aspettative si affastellavano veloci come neanche nelle “cavalcate wagneriane” che Vendola imputa ai suoi nemici. Coinvolgersi con Renzi in vari gradi, fosse anche solo l’appoggio esterno, era il quesito, e magari perdersi nell’“idrolitina” (così Nichi ha definito a “Ballarò” il segretario del Pd), oppure cercare di rifondare la sinistra-sinistra come una parte della base chiede, ma forse ora chiederà meno se le “carte” di Renzi apriranno la strada alla collaborazione? “Ma qualcuno dovrà ben rifondarla, la sinistra”, dice sornione al Foglio, da Rifondazione comunista, il “nemico-compagno” Paolo Ferrero, convinto che Sel si trovi nel mezzo di una “crisi strategica”. Ma come?, è il concetto dei gemelli diversi di Rifondazione, avete fatto la scissione “non solo per allearvi con il Pd ma anche per lanciare un’opa sul Pd”, e invece “vi ritrovate a dover seguire un Pd che va più a destra, senza neanche poterlo spostare a sinistra?”. Così Ferrero fa la sirena: “Auspico che Sel se ne renda conto e che si lavori insieme a costruire la sinistra sia qui che in Europa”. Ed ecco che un secondo dilemma si presenta, nell’animo squassato di Sel, mentre il renzismo avanza: ma davvero ci conviene presentarci, seppure su scala internazionale, con tutti quelli che hanno fallito un anno fa sotto le insegne del carrozzone-Ingroia, e con Barbara Spinelli, Gustavo Zagrebelsky e Paolo Flores d’Arcais delusi da Beppe Grillo e con tutti i bene-comunisti di area “Rodotà-tà-tà” che ora s’affollano al Teatro Valle come in cerca d’aria, luce e spazio, guarda caso in parte liberato dall’eventuale Sel “renziana”?
Ma anche fare soltanto i signori no è al momento un rischio, e Sel lo sa, tanto più che arrivare a superare lo sbarramento con la possibile futura legge elettorale non è una certezza e avere la compattezza a oltranza dei propri senatori, in caso di governo Renzi, è una speranza non granitica (“ma figuriamoci, voglio proprio vederli”, diceva però ieri un esponente di Sel di area “vecchia guardia”, con la sicurezza dei momenti in cui non si capisce nulla). Non bastano le frasi dette da Vendola a tenere buona la fetta di partito che scalpita (“nessuno pensi di giocare in casa d’altri, di reclutare qualche malpancista, perché configurerebbe un’attività corruttiva che determinerebbe conseguenze molto gravi in termini di alleanze”). Chi guarda Sel da fuori, come Alfonso Gianni, ex compagno (poi fuoriuscito) da Sel ed ex sottosegretario allo Sviluppo economico nel secondo governo Prodi, dice che Sel si trova di fronte “a un busillis”: “Renzi non può governare davvero in un’ottica di larghe intese, perché ha fatto una campagna per le primarie tutta giocata in senso contrario, e allora, molto presto, le circostanze metteranno Sel di fronte a un aut-aut. D’altronde Sel ha già deciso di sostenere la lista Tsipras, che va in direzione opposta, nei contenuti, a quelli del futuro governo Renzi”. E Ritanna Armeni dice: “Vendola, più che a un partito, pensava a Sel come a un movimento verso qualcosa. Ma ora bisogna chiedersi: per che cosa, e verso quale obiettivo, seguire il vitalismo di Renzi? E poi per esperienza dico: quando si cominciano a contare i voti in Senato può finire malissimo”.
Ma nessun angosciante conteggio di senatori può eguagliare l’inquietudine dei vendoliani davanti alla vendoliana mutevolezza di espressione di fronte al nemico (amico?): Renzi idrolitina, ma anche Renzi “speranza”, come ha detto il leader di Sel l’altra sera, sempre a “Ballarò”, aggiungendoci comunque una nota a piè di pagina (“ha fatto un patto con Berlusconi che assomiglia all’inciucio di cui accusò D’Alema”), osservazione che sembra cozzare con le parole più “renziane” dette ieri al Giorno dal capogruppo Migliore: “Mah, Berlusconi esiste perché una parte della società italiana sta con lui e lo vota, non certo perché Renzi lo accoglie al Nazareno. Per me Berlusconi va battuto politicamente”. Alle primarie 2012 Vendola aveva combattuto il sindaco di Firenze descrivendolo come una lunga propaggine di quel diavolo del neoliberismo. Poi era tutto passato e i due, nell’ultimo periodo, si vedevano spesso e cordialmente, e vai a pensare che l’accelerazione renziana avrebbe portato a dover frettolosamente buttare un panno nell’arena per spegnere solo apparentemente il fuoco dell’amicizia (sennò la base si agita), continuando però con l’altra mano a lanciare rametti nel camino.
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