Cilecca a Tripoli
Cronaca di un golpe libico visto soltanto in video
Ieri dopo pranzo il primo ministro libico, Ali Zeidan, ha dismesso ogni voce su un golpe militare a Tripoli. “Il governo è sicuro, la sicurezza è sotto controllo, il Congresso nazionale sta continuando i suoi lavori e l’esercito è nelle sue caserme. Nessun reparto militare si è mosso contro le istituzioni”. Per le strade della capitale era tutto tranquillo. In mattinata un generale libico, Khalifa Haftar, aveva fatto circolare un suo messaggio video in uniforme in cui chiedeva alle Forze armate di “salvare” il paese e dichiarava la sospensione del Parlamento e del governo.
Ieri dopo pranzo il primo ministro libico, Ali Zeidan, ha dismesso ogni voce su un golpe militare a Tripoli. “Il governo è sicuro, la sicurezza è sotto controllo, il Congresso nazionale sta continuando i suoi lavori e l’esercito è nelle sue caserme. Nessun reparto militare si è mosso contro le istituzioni”. Per le strade della capitale era tutto tranquillo. In mattinata un generale libico, Khalifa Haftar, aveva fatto circolare un suo messaggio video in uniforme in cui chiedeva alle Forze armate di “salvare” il paese e dichiarava la sospensione del Parlamento e del governo. L’ambasciatrice americana a Tripoli, Deborah Safira, a mezzogiorno aveva tuittato: “Tutte le informazioni disponibili suggeriscono che la dichiarazione del colonnello Haftar non ha sostanza”. Un video, senza però il putsch.
Haftar da tempo pencola sull’orlo dell’iniziativa personale. Nel 1983 era il comandante delle truppe di terra libiche quando Muammar Gheddafi ordinò l’invasione del confinante Ciad, poi disertò e andò a vivere in America (Virginia), per tornare in Libia quando scoppiò la rivoluzione contro Gheddafi nel 2011 a cercare un ruolo di primo piano. Nel luglio dell’anno scorso il generale della rivoluzione contro Gheddafi (secondo lui) oppure ora semplice colonnello (secondo altre fonti) ha fatto circolare un piano in dieci punti per tirare fuori il paese dallo stallo politico (il messaggio di ieri però descriveva una road map in cinque punti). Due punti importanti: uno è il congelamento del Congresso nazionale e l’instaurazione di un governo provvisorio, pronto a dichiarare lo stato d’emergenza per – è l’altro punto – combattere contro le milizie e sbarazzarsi finalmente di loro. Il proposito di combattere contro le milizie ribelli che a più di due anni dalla morte di Gheddafi non si sono ancora rassegnate al dopoguerra, non si fanno domare e rendono la Libia uno stato spezzettato in tante signorie guardate da jeep con mitragliatrici è l’unico punto che consegna a Haftar tanti consensi fra i libici, stanchi dell’instabilità. Ieri Haftar ha fatto una figura da generale da commedia, ma è ovvio che il paese è in cerca di un uomo forte e lui si vede in quel ruolo. Tanto che il 22 gennaio scorso il capo di stato maggiore, Abdulsalam Al Obaidi, il capo dell’esercito, Mansour Abu Hajar e il capo della marina, Hassan Bushnak, si sono incontrati per capire come bloccare il ritorno al potere di Haftar.
Il generale sfrutta la pessima prova offerta a gennaio dalle truppe libiche nei combattimenti giù nel profondo sud, nella regione del Fezzan, come esempio chiaro che c’è bisogno di un leader mandato dalla provvidenza. A fine gennaio è andato a Misurata, città forte delle milizie, per fare campagna a suo favore. In questo momento i vertici militari si sentono molto esposti. Il putsch però è nato solo in video.
La cilecca di Haftar non rende migliore una situazione estremamente fragile. A ottobre il primo minsitro Ali Zeidan ha subìto un sequestro temporaneo, nell’est del paese un signore della guerra vuole separarsi e vendere petrolio in autonomia, nel sud, nella regione del Fezzan, ci sono stati pesanti combattimenti – e ci sono ancora. Il nemico dell’esercito libico laggiù è un non meglio specificato agglomerato di armati che ruota attorno alla tribù dei Tubu e comprende lealisti gheddafiani della vecchia guardia. Sono così abili nei combattimenti che un generale francese si è chiesto se per caso non sarà necessario di nuovo un intervento di Parigi – riflessione finita sulle agenzie e smentita, come possibilità, dal governo francese il 29 gennaio. I soldati libici sono ancora lo spettro di un vero esercito – una parte è attualmente addestrata in Italia, ma ci vorrà tempo (se tutto va bene).
Il Congresso lacerato
A Tripoli il mandato del Congresso nazionale formato nel 2012 è scaduto il 7 febbraio ed è stato prolungato per permettere la formazione di uno speciale comitato che dovrebbe redigere la bozza della Costituzione. Fuori dal Congresso alcune fazioni sono favorevoli all’estensione del mandato, altre vogliono subito elezioni. Dentro, l’assemblea (assai invisa ai libici) è spaccata da una rivalità tra i nazionalisti e gli islamisti (legati ai Fratelli musulmani) così dura da far sembrare come un rumore di fondo il timido tentativo di colpo di stato da parte di un generale che credeva di parlare a nome di tutto l’esercito.
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