Preparatevi di nuovo alla catastrofe climatica. Anche se non arriverà

Piero Vietti

Piogge e alluvioni degli scorsi giorni in Inghilterra hanno permesso di riproporre a climatologi e sedicenti esperti il solito ritornello che si ascolta quando in cielo non splende un mite sole e l’aria è rinfrescata da una brezza primaverile: il riscaldamento globale sta facendo cambiare e impazzire il clima. La colpa è nostra e se non facciamo subito qualcosa per ridurre le emissioni moriremo tutti. Gli inglesi, confusi nel bene e nel male, si stanno giustamente preoccupando e sono pronti a tutto. Anche a prendere sul serio una guida pubblicata dal Guardian di martedì nella quale si danno i consigli per sopravvivere allo “Scenario Noè”.

    Piogge e alluvioni degli scorsi giorni in Inghilterra hanno permesso di riproporre a climatologi e sedicenti esperti il solito ritornello che si ascolta quando in cielo non splende un mite sole e l’aria è rinfrescata da una brezza primaverile: il riscaldamento globale sta facendo cambiare e impazzire il clima. La colpa è nostra e se non facciamo subito qualcosa per ridurre le emissioni moriremo tutti. Come spesso succede in questi casi, le cose non stanno proprio così. Innanzitutto, come faceva notare due giorni fa il Financial Times, pensare che le politiche più o meno verdi di un paese lo mettano al riparo da alluvioni ed eventi climatici estremi è a tratti surreale: se da domani l’Inghilterra tagliasse tutte le sue emissioni di CO2 – colpevole secondo i già citati esperti di causare l’innalzamento delle temperature globali – questo non significherebbe che piogge e vento smetterebbero di cadere e soffiare su Londra. Ma il punto è: davvero queste precipitazioni eccezionali (ma non senza precedenti) sono causate dalle emissioni prodotte dall’uomo? Difficile da dimostrare, anche per il rigoroso Met Office britannico, che ha cercato di farlo in un documento pubblicato qualche giorno fa. In estrema sintesi, il servizio meteorologico di Sua Maestà cita dinamiche che in realtà con la CO2 c’entrano poco, visto che si ripetono da qualche milione di anni.

    Gli inglesi, confusi nel bene e nel male, si stanno giustamente preoccupando e sono pronti a tutto. Anche a prendere sul serio una guida pubblicata dal Guardian di martedì nella quale si danno i consigli per sopravvivere allo “Scenario Noè”. L’autore dell’articolo ammette che i cambiamenti climatici hanno conseguenze che si notano nel lungo periodo, ma comprende l’agitazione di chi vive vicino al Tamigi. Il consiglio per chi non dorme più la notte pensando al global warming è quello di unirsi ai “preppers”, le persone cioè che segretamente stanno pensando di abbandonare la vita agiata che conduciamo oggi quando l’apocalisse, in qualunque forma si presenti, arriverà. Zaini pieni, scorta di cibo e vestiti adatti alla vita all’aperto e occhio vigile: quando l’esercito marcia nella strada davanti a casa vostra ormai è tardi. Meglio scappare di notte, quando nessuno può seguirvi. Fondamentale imparare a cacciare selvaggina di piccola taglia, e saper scuoiare un coniglio. Chiaramente, il posto migliore in cui fuggire sono le colline più esposte al vento: là si può creare energia verde grazie alle pale eoliche e difficilmente si verrà sommersi dai mari che si innalzano e i fiumi che straripano. Meglio soli, a meno che non ci si organizzi e si suddividano lavoro e conoscenze. Fondamentale, in questo caso, decidere segretamente chi mangiarsi per primo tra i compagni di viaggio in caso di necessità.

    Meglio prenderla sul ridere, anche perché restare seri è difficile in certi casi: ieri il columnist del Wall Street Journal Bret Stephens notava come sia di moda tra i sostenitori della lotta dura senza paura al riscaldamento globale comportarsi esattamente come il clima, cambiando idea anche più volte sull’argomento. Il segretario di stato americano John Kerry lo scorso weekend ha parlato in Indonesia di come il global warming sia un rischio paragonabile al terrorismo e che si debba quindi agire subito. Sorvolando sul fatto che Kerry nel 1997 fosse tra quelli che al Congresso votarono contro l’applicazione del Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas serra, Stephens notava questa curiosa citazione nel discorso del segretario: “Ogni piccola prova che vedo mi convince del fatto che siamo su una strada che conduce alla tragedia”. Parole pronunciate a Rio nel 1992 durante l’Earth Summit dell’Onu da Maurice Strong, all’epoca segretario organizzatore della conferenza. Attaccando i “negazionisti climatici”, paragonati a chi crede che la Terra sia piatta, Kerry ha lasciato intendere che chi nega gli effetti dannosi dell’uomo sul clima sono coloro che traggono profitti economici dalla mancata lotta al global warming (petrolieri e sporchi lobbisti vari, ovviamente di destra). Qualcuno poteva ricordargli, prima del discorso, che forse quella di Maurice Strong non era la miglior citazione da fare: l’imprenditore canadese ha infatti alternato l’impegno ambientalista nelle Nazioni Unite a ruoli di punta in aziende petrolifere, passando senza soluzione di continuità dal ruolo di vicedirettore del Chicago Climate Exchange a quello di direttore della China Carbon Corporation. Da profeta a profittatore del clima il passo è breve, notava cinicamente il Wall Street Journal.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.