Putin se ne infischia, Cia è peggio

Paola Peduzzi

La versione russa dei fatti che stanno accadendo nel mondo, in Ucraina come in Siria, cioè in luoghi in cui le manovre russe cambiano i destini dei popoli che lì abitano, trova sempre più ascoltatori. Ci sono trucchi di propaganda facilmente smascherabili che a volte vengono denunciati, ma molte altre volte no – e anche se denunciati, resistono. Nella crisi ucraina abbiamo assistito sì a grossolane falsificazioni da parte dei russi, ma all’origine di questa crisi potrebbe esserci un colossale errore di valutazione da parte degli americani.

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    La versione russa dei fatti che stanno accadendo nel mondo, in Ucraina come in Siria, cioè in luoghi in cui le manovre russe cambiano i destini dei popoli che lì abitano, trova sempre più ascoltatori. Ci sono trucchi di propaganda facilmente smascherabili che a volte vengono denunciati, ma molte altre volte no – e anche se denunciati, resistono. Nella crisi ucraina abbiamo assistito sì a grossolane falsificazioni da parte dei russi, ma all’origine di questa crisi potrebbe esserci un colossale errore di valutazione da parte degli americani. Eli Lake da giorni racconta sul Daily Beast come la comunità d’intelligence americana si sia fatta abbindolare dai russi al punto da dire alla Casa Bianca che l’escalation militare di Mosca sui confini ucraini era un bluff di Vladimir Putin. Il presidente della commissione Intelligence del Congresso americano ora vuole delle spiegazioni, insiste che vuole capire se c’è stata una “failure” dell’intelligence, anche se la comunità dei servizi risponde compatta che sono state fornite “informazioni puntuali e precise” e che “ogni sospetto su un errore dell’intelligence riguardo alla situazione in Ucraina è frutto di disinformazione ed è fuorviante”. Di certo la comprensione della situazione in Ucraina, se ora c’è, ed è ancora da vedere, è comunque arrivata in ritardo, e non soltanto perché l’occidente è ormai dominato dalla cautela di Barack Obama rispetto a qualsivoglia scenario di crisi. La capacità di Mosca, della sua leadership, dei suoi servizi, di imporre la propria visione e la propria strategia ha portato a numerosi risultati. A ben vedere, nella Crimea che si appresta a un referendum sul suo status, la Russia ha ottenuto quel che voleva, in Siria ancor di più.

    Gli attacchi chimici in Siria, che causarono 1.400 morti, sono la dimostrazione che la propaganda russa, con i suoi uomini e con il suo addestramento, a volte funziona. Quando furono fornite agli Stati Uniti le prove degli attacchi, quando Obama disse che quelle immagini lo avevano devastato al punto da rendere inammissibile la presenza a Damasco di Bashar el Assad, quando Washington sembrava ormai pronta al blitz contro il regime siriano (i francesi erano più che pronti), iniziò la campagna di disinformazione della Russia. Fin da subito Mosca chiese di vedere le prove e le accolse con scetticismo, per usare un eufemismo. “Ci hanno mostrato alcuni materiali che non contengono nulla di concreto e che non ci convincono. Non ci sono né mappe geografiche né nomi. Inoltre ci sono molte incongruenze, restano moltissimi dubbi”, disse il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.

    L’ambasciatore russo all’Onu, Vitaly Churkin, disse davanti al Consiglio di sicurezza che gli attacchi del 21 agosto erano stati “fabbricati” e che erano “una provocazione su larga scala” e una “manipolazione dell’opinione pubblica”. Il 6 settembre del 2013, quando già lo slancio obamiano si stava affievolendo, la tv Rt diede grande spazio a Madre Agnes, una suora di un convento di Qara, in Siria, che diceva di avere le prove della “frode degli attacchi”, prove che avrebbe presentato alle Nazioni Unite. Madre Agnes disse che non coincidevano gli orari del caricamento dei video su YouTube, ignorando banali questioni di fuso orario, disse che era strano che si vedessero solo bambini (“dove sono i genitori?”), disse che piuttosto che badare a questi morticini era meglio parlare della strage fatta dai ribelli a Latakia. Dopo quell’intervista Madre Agnes è diventata una star della propaganda assadista, e lo stesso Sergei Lavrov ha fatto un appello alla comunità internazionale perché ascoltasse la suora. L’America ha poi deciso di non punire Assad per l’utilizzo delle armi chimiche: ha vinto Putin che addirittura è tra i candidati al Nobel per la Pace, e ha vinto la propaganda russa, che a volte è grottesca, a volte è rozza, ma nel silenzio dell’occidente risuona come la più potente.

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    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi