"Squilibri macroeconomici eccessivi", ecco perché Bruxelles declassa Roma. Il governo accetta le critiche (per ora) e rilancia
Su riforme e debito l'Europa non grazia l'Italia di Renzi
La Commissione europea ieri ha declassato l’Italia al livello di Slovenia e Croazia, annunciando che i tre paesi presentano “squilibri macro-economici eccessivi” e che saranno sottoposti a un “monitoraggio specifico” per verificare l’adozione di riforme strutturali e il proseguimento del consolidamento di bilancio. Presentando i risultati dell’analisi approfondita sui possibili squilibri di diciassette paesi, il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, è sembrato ritirare la fiducia che aveva concesso all’Italia ai tempi di Mario Monti e Enrico Letta.
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La Commissione europea ieri ha declassato l’Italia al livello di Slovenia e Croazia, annunciando che i tre paesi presentano “squilibri macro-economici eccessivi” e che saranno sottoposti a un “monitoraggio specifico” per verificare l’adozione di riforme strutturali e il proseguimento del consolidamento di bilancio. Presentando i risultati dell’analisi approfondita sui possibili squilibri di diciassette paesi, il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, è sembrato ritirare la fiducia che aveva concesso all’Italia ai tempi di Mario Monti e Enrico Letta. “Più cambiano i governi, più dobbiamo essere cattivi”, ha detto al Foglio una fonte comunitaria. “Incoraggiamo il nuovo governo a un’azione rapida e decisa”, ha dichiarato più diplomaticamente Rehn. A Roma arriverà una missione della Commissione, incaricata di produrre 2-3 rapporti sulla situazione economica e finanziaria da discutere all’Ecofin. Per il governo di Matteo Renzi la prima scadenza sarà la presentazione a Bruxelles del Programma nazionale di riforma e del Documento di economia e finanza a metà aprile. Se le misure saranno ritenute insufficienti, in giugno la Commissione potrebbe aprire formalmente la procedura per “squilibri eccessivi”, con il rischio di una sanzione finanziaria pari allo 0,1 per cento del pil.
Tra i grandi paesi dell’euro, l’Italia appare come il grande malato. “I numeri Ue sull’Italia sono molto duri. Spero che sia chiaro perché noi dobbiamo cambiare verso”, ha ammesso Renzi in un tweet. Alla Germania è stato riservato un buffetto, riconoscendo che esiste uno squilibrio – ma non eccessivo – per il surplus delle partite correnti. Alla Spagna sono stati riconosciuti i progressi compiuti negli ultimi 12 mesi. Per la Francia è stato lanciato un avvertimento sul deficit ed è stato previsto un “monitoraggio specifico”, ma senza declassamento. L’analisi della Commissione sull’Italia è senza appello. I rilievi sono simili a quelli degli anni passati. L’immagine è di un paese che promette molto ma che non mantiene la parola data. E poiché l’Italia non riesce a riformarsi, i moniti della Commissione sono stati induriti. Il debito costituisce un “pesante fardello sull’economia”. L’Italia deve realizzare “avanzi primari molto alti – al di sopra della media storica”. Nel 2014 c’è “un rischio che l’aggiustamento di bilancio strutturale sia insufficiente”. L’elenco dei fattori che hanno provocato un crollo della competitività è lungo: salari non allineati alla produttività, cuneo fiscale troppo alto, una struttura produttiva sfavorevole all’export, troppe piccole imprese. “Le rigidità nella contrattazione ostacolano una differenziazione salariale in linea con gli sviluppi della produttività e con le condizioni locali del mercato del lavoro”. Tra gli elementi che ostacolano l’implementazione delle riforme ci sono “Pubblica amministrazione e sistema giudiziario”. Secondo una nota del Tesoro, le dichiarazioni di Rehn sono coerenti con “l’ambizioso piano di riforme” dell’esecutivo. Ma la questione del debito non si risolve con l’austerità, perché il problema è il “denominatore”: serve “un’azione decisa in termini di sostegno immediato alla crescita e di una forte azione di riforme strutturali”. Sul deficit “lo sforzo per correggere l’andamento dei conti pubblici è stato significativo negli ultimi due anni”, con un aggiustamento strutturale del 3 per cento. Ora, invece, “è giunto il momento di porre al centro dell’azione del governo la crescita economica e l’occupazione”, ha annunciato il Tesoro. Messo sotto sorveglianza, anziché battere i pugni sul tavolo, il governo Renzi rischia di avere le mani legate. Ma a Bruxelles c’è chi concede il beneficio del dubbio: se le riforme “saranno presentate in termini ambiziosi come sembra – dice una fonte dell’Eurogruppo – ci sarà un sostegno molto forte dell’Eurogruppo, della Commissione e della Bce”.
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